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Auto USA: il sindacato vuole tutto
Torniamo a parlare di UAW, il sindacato che negli USA raccoglie i lavoratori dei tre grandi produttori di auto del paese, Stellantis, General Motors e Ford. E torniamo a parlarne perché in realtà la guerra del napoleonico leader del sindacato, Shawn Fain, non è ancora finita. Cosa prevedibile, dato che è stata annunciata a chiare lettere dal capo di un sindacato che – almeno stando agli ultimi risultati ottenuti – tende a mantenere quanto promette.
Forte del successo con GM, Ford e Stellantis, il capo del sindacato UAW punta ora in direzione delle case automobilistiche che non sono ancora sindacalizzate e, cosa più importante, anche alle fabbriche di batterie per veicoli elettrici, che con ogni probabilità ingloberanno almeno una parte della forza del lavoro del settore. Che sia o meno questa la guerra che fu la Russia di Napoleone lo potranno dire soltanto i posteri. Sta di fatto che l’autunno negli USA è caldo, anzi caldissimo. E che tutto il settore auto potrebbe uscirne profondamente ridisegnato.
Il limite è il cielo
Quando Shawn Fain si è presentato in pubblico con le sue importanti richieste per il top del settore auto USA, in molti hanno preso molto poco sul serio le capacità negoziali del capo di UAW. A poche settimane di distanza possiamo dichiarare la sua vittoria su quasi tutta la linea: gli stipendi sono stati aumentati (e continueranno a aumentare), è stato accordato il diritto di sciopero per la chiusura eventuale di impianti e anche un piano per l’occupazione futura, più che necessario dato che il settore EV impiega meno addetti per questioni di carattere squisitamente tecnologico.
Dopo aver conseguito queste importanti vittorie, c’è chi comincia a essere terrorizzato dalle sue prossime mosse: ha promesso che cercherà la sindacalizzazione delle società straniere che producono negli USA (Toyota, Hyundai, Nissan e Honda) e anche di quelle che producono veicoli elettrici, come Tesla. Le società di cui sopra hanno fiutato il pericolo e hanno risposto, almeno in parte, con aumenti dei salari, che lo stesso Fain ha ritenuto essere uno stratagemma per rendere l’ingresso del sindacato meno desiderabile per gli addetti.
Shawn Fain però, che sembra essere uno di quelli che la sa lunga, ha confermato di non essere stato ingannato da tali manovre e di essere certo di esborsi economici importanti da parte delle grandi marche del settore auto, per scongiurare appunto che il fantasma del sindacato turbi sonni che, comunque, sono già molto poco tranquilli.
Autunno caldo o meno: in ballo c’è il futuro dell’auto negli USA
Che si possa parlare o meno di autunno caldo è qualcosa che lasceremo agli analisti politici. Quel che è certo è che dalla stagione dell’inflazione si uscirà con un settore industriale USA che sarà profondamente ridisegnato. Oltre alla complicità della Casa Bianca, che si è sempre schierata a favore delle richieste degli addetti del settore auto, anche la forza di un sindacalista che, proprio come un tempo Napoleone, sembra essere imbattibile.
Sindacalizzare le produzioni di brand stranieri sarebbe un colpo da annali dell’economia e dell’industria, per quanto appunto, seguendo il paragone con Napoleone, il rischio è che il tentativo si trasformi in una disfatta come la campagna russa del generale corso.
Per ora però, proprio come nel caso dell’Ancien Régime, i nobili dell’auto si arroccano e sperano che non tocchi proprio a loro, o almeno che prima Fain Bonaparte arrivi in altri lidi. E, in un altro parallelo con il Bonaparte, Shawn Fain ha invitato i subordinati delle grandi marche dell’auto a non farsi trattare da scemi. Per un generale in carica da solo 8 mesi i risultati sono, certamente, impressionanti e degni di attenzione anche da parte dei grandi dell’auto, che pur hanno sempre vantato rapporti privilegiati con i governi dei paesi in cui operano.