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Cina produce super-chip. Colpo alle sanzioni USA
Huawei Mate 60 Pro potrebbe essere lo smartphone che sposterà gli equilibri nella lotta commerciale tra Stati Uniti e Cina. L’ultimo smartphone prodotto dalla cinese Huawei è il primo ad incorporare chip da 7 nanometri prodotti da SMIC, che più che preoccupare le vendite di Apple e di altre società statunitensi, potrebbe essere il primo segnale di problemi per le strategie di guerra commerciale di Washington. Secondo diversi analisti finanziari e tecnologici, il chip è il primo segnale chiaro dei successi di Pechino nel costruire un’industria dei chip ad alte performance e contenuto tecnologico in casa.
Un risultato tecnologico – per quanto da valutare anche sul medio e lungo periodo – che potrebbe riequilibrare una lotta commerciale che, almeno con i vecchi dati e presupposti – avrebbe visto Pechino soccombere al controllo di componentistica cruciale da parte di Washington. E i mercati potrebbero reagire presto ad un segnale forte che arriva dal più importante dei mercati, quello tech.
Il gioiello prodotto da Pechino: arrivano i chip da 7nm di SMIC
È il primo risultato di uno sforzo nazionale cinese per ridurre al minimo le conseguenze delle sanzioni statunitensi e delle misure di guerra commerciale che Washington ha messo sul tavolo. A scompaginare i piani c’è Kirin 9000, la serie di chip disegnata e prodotta in Cina da Semiconductor Manifacturing International Corp. e che segnala lo sbarco dell’industria cinese nel settore dei chip a 7nm, conquista tecnologica che in pochi ritenevano possibile.
Preoccupazioni dunque per la capacità degli USA di tagliare fuori la Cina da certi mercati, quelli più importanti, per quanto le conseguenze di tali chip all’interno dell’ultimo sforzo di Huawei devono essere considerate anche su altri parametri.
La notizia è stata comunque accolta con enorme interesse da parte dei mercati, con rialzi per SMIC che hanno superato il 6% – all’interno di una giornata generalmente positiva per i mercati asiatici.
L’azienda, Huawei, è tra le altre una di quelle che sono state al centro di attriti importanti tra Cina e Stati Uniti, con accuse di spionaggio culminate poi nell’inserimento della società cinese nella lista nera per mano dell’amministrazione Trump. Posizione che, almeno fino ad oggi, non è stata mai riconsiderata.
Altre questioni da considerare
Si dovranno considerare anche i costi ai quali tali chip possono essere prodotti e le quantità che possono essere effettivamente consegnate sul mercato. Per il momento sembra difficile che lo sforzo possa andare oltre una produzione di quantità limitate, cosa che non migliorerebbe granché la posizione di Pechino, almeno sul breve periodo.
Questo mentre nella Repubblica Popolare Cinese stanno montando altri problemi, solo momentaneamente dimenticati dopo il rally dell’azionario in apertura di settimana. La questione, dal lato macro, continua ad essere molto complicata, per quanto a Pechino potranno certamente crogiolarsi sul raggiungimento di questo risultato.
Un campanello d’allarme per gli USA? Questo dovrà essere valutato con maggiore razionalità quando si avranno dati – diretti o indiretti – sulle capacità produttive di SMIC per questa categoria di chip, che comunque da soli non possono sopperire alla domanda di chip hi-tech da parte della Repubblica Popolare. Una partita che continuerà a svilupparsi e ad attraversare un terreno metaforicamente minato.