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Cina riapre all’oro. Rimosse limitazioni per privati

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La Cina torna indietro e rimuove le limitazioni all’import di oro che aveva colpito diversi player della finanza di Pechino, mossa che era stata implementata al fine di proteggere un renminbi mai così debole da 16 anni a questa parte. La decisione ha ridotto immediatamente l’importante spread tra i prezzi della materia prima a Pechino e quelli praticati a Londra, in quello che sembrerebbe essere almeno in queste prime ore un ritorno, seppur lento, alla normalità.

Pechino continua con misure spot a tutela dello yuan, che si trova a affrontare una situazione di forte debolezza innescata sia dal differenziale con i tassi praticati in area euro e negli Stati Uniti, sia da preoccupazioni per la tenuta dell’economia cinese, ritenuta da analisti, investitori e gestori l’anello debole di un’economica globale che non se la sta passando comunque granché bene. Non è chiaro se le limitazioni di cui sopra potrebbero tornare operative in caso di ulteriore calo del valore di CNY sulle piazze internazionali.

Pechino rimuove le limitazioni

Ritorno all’aurea normalità per Pechino

Una delle mosse più importanti a tutela dello yuan non è più tra noi. Pechino ha annunciato nella giornata di lunedì il ritorno ad un regime di quote identico a quello pre-intervento per i player dell’economia cinese che vogliono acquistare oro. Una mossa organica a decisioni tese a tutelare il valore di CNY, che durante il mese di agosto ha toccato minimi che non si registravano sui mercati da 16 anni.

La decisione di Pechino ha contribuito al ritorno di uno spread tra Cina e Regno Unito sotto gli 80$ per il prezzo dell’oro per singola oncia, dopo che tale spread aveva superato anche quota 120$ nel corso della scorsa settimana.

La decisione non dovrebbe comunque avere impatto significativo sul prezzo dell’oro, nonostante le quote importate in Cina potranno rapidamente tornare ai livelli pre-misure contenitive. La rimozione delle limitazioni è stata comunicata agli interessati già venerdì scorso.

Continua il gioco di pesi e contrappesi nella Repubblica Popolare

Un sistema fortemente centralizzato

Il controllo dei capitali a Pechino prende la forma anche del controllo della quantità di oro che può essere importato nel paese. È vigente un sistema di quote che vede assegnare a ciascuna delle banche commerciali un massimo di acquisti per un certo periodo di tempo.

È soltanto uno degli strumenti che la Repubblica Popolare utilizza al fine di controllare l’economia e indirizzare investimenti e risparmio ove ritenuti più necessari dal Partito che controlla un’economia ancora fortemente centralizzata.

Dubbi su aumento domanda a livello globale

La riapertura della Cina potrebbe però non essere sufficiente ad imprimere cambi significativi alla domanda globale di oro, in dubbio a causa della riduzione di domanda da parte del settore dei gioielli e dei preziosi, nonché in seguito ad una riduzione degli acquisti da parte delle banche centrali, pressoché urbi et orbi.

Il prezzo – almeno in queste condizioni, dovrebbe continuare a navigare poco sopra i 1.900$ per oncia, con il livello dei 2.000$ che appare come un miraggio anche per i più ottimisti. E tra gli analisti comincia a farsi strada la possibilità che anche il livello dei 1.900$ sia difficile da conservare durante i prossimi mesi.

Peseranno anche gli esiti dell’atterraggio di Washington, che Jerome Powell indicherà come soft mercoledì 20 settembre, nella consueta conferenza stampa post FOMC (il Federal Open Market Committee che decide sui tassi). Atterraggio morbido che i mercati hanno parzialmente già prezzato ma che è meno scontato di quanto potrebbe apparire.

Per quanto riguarda la questione cinese, ci sarà da valutare eventuali nuove strette da parte di Pechino nel caso in cui la situazione per CNY dovesse farsi più complicata e si dovesse tornare di nuovo su livelli vicini ai minimi degli ultimi 16 anni.

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