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Cina si prepara a difesa yuan. Liquidazioni importanti su asset USD
Difendere la valuta nazionale costa. E nel caso cinese è costata l’ennesimo record di vendite di asset denominati in dollari USA, principalmente azioni e bond. Il mese di agosto, secondo i dati diffusi più di recente, è stato il peggiore in questo senso da quattro anni a questa parte. I dati sono stati diffusi dal Tesoro USA e parlano di 15 miliardi di dollari su 22 di vendite che sono imputabili ai bond del governo federale, titoli che non solo non stanno avendo una grande performance (e che per molti sarebbe il caso di portare a scadenza), ma che sono anche un metro indiretto dello stato di salute di un’economia.
L’idea di fondo – che è condivisa dalla maggioranza dagli analisti – è che tali vendite siano tese ad avere maggiore disponibilità di valuta pregiata al fine di difendere lo yuan sui mercati, tentativi di salvataggio ricorrenti e che presto potrebbero avere bisogno di una maggiore potenza di fuoco, dato che le condizioni che indicano un outlook negativo per CNY sulle piazze internazionali non sono affatto cambiate.
È ancora lo yuan il grande malato del Forex
Per quanto le situazioni preoccupanti siano diverse – a partire da quella dello yen giapponese – è comunque lo yuan a destare la maggiore preoccupazione. Nel corso dell’anno il cambio contro il dollaro USA ha perso quasi il 6%, per una delle peggiori performance su scala globale. In aggiunta, a preoccupare è il fatto che il differenziale tra i tassi e più in generale l’andamento dell’economia cinese finiscano per imprimere ulteriori trend ribassisti sulla divisa nazionale di Pechino.
A poco sono serviti, è il caso di ricordarlo per i più fantasiosi degli astanti, i maggiori scambi in yuan per le materie prime russe, che hanno trovato nella via per Pechino uno sbocco necessario dopo il semi-embargo da parte del blocco occidentale. E a poco sono servite anche altre fantasiose ricostruzioni di una crescita dello yuan come valuta nel cosiddetto sud del mondo. Vuoi per i differenziali nei tassi, vuoi invece perché l’outlook* dell’economia USA è certamente migliore, il gap tra le due valute potrebbe continuare a allargarsi.
È in virtù di queste previsioni che a Pechino ci si sta preparando per ulteriori interventi: lo stop parziale al trading per gli operatori cinesi è servito a poco, così come è servito a poco l’effetto annuncio di ulteriori misure a contenimento del trend negativo. Nel complesso serve potenza di fuoco, questa potenza di fuoco ha come carburante il caro vecchio greenback e per accumularlo si liquidano titoli USA. Tutto lineare, per quanto manchino conferme dal Partito, che è noto però per avere bocche cucite come politica interna e esterna.
La stabilità del cambio è diventata una delle priorità di Pechino
L’altra questione interessante è il cambio di priorità per Pechino, che da agosto sembra aver iniziato a prendere sul serio la stabilità del cambio della sua divisa nazionale. Il cambio di priorità non sarà a costo zero: date le condizioni dell’economia di Pechino, che soffre la crisi del settore immobiliare (che da solo vale(va) 1/5 del PIL), una domanda globale certamente non entusiasmante e problemi strutturali difficili da risolvere sul breve e medio periodo.
Servirà denaro, tanto – e servirà denaro che i mercati internazionali apprezzano, cosa che in questa fase storica si incarna quasi univocamente nel dollaro USA. E questa rimane la più ragionevole delle spiegazioni per le mosse di Pechino in termini di bond USA, riserva che – nonostante i tempi turbolenti – rimane la migliore.
La situazione, in particolare per chi investe sul Forex, rimarrà degna di grande attenzione, sia sul breve che sul lungo periodo.