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Dati pessimi dalla Cina. Il rimbalzo per Pechino ancora lontano
I dati sul manifatturiero cinese non sono stati dei migliori. I dati riportati martedì 31 ottobre dal Bureau Nazionale di Statistica della Repubblica Popolare Cinese indicano una flessione inaspettata da parte degli analisti e delle loro proiezioni, che mettono ora a rischio la narrativa di un possibile rimbalzo per l’economia di Pechino. L’indice PMI è sceso a 49,5, perdendo 0,7 punti rispetto al dato che era stato registrato in settembre. Il dato è – per chi non avesse seguito le previsioni che erano state diffuse negli scorsi giorni – più basso della peggiore previsione in circolazione, che era quella di Standard Chartered che si aspettava un 49,9.
Segnali pessimi dunque dall’economia di Pechino, che nonostante gli stimoli all’economia e gli interventi – per quanto spot e non organici – delle autorità che non riescono a sortire gli effetti sperati. Tutto da imputare a una domanda globale fiacca? Questa sembrerebbe essere la lettura più semplice, quella immediatamente disponibile per chi non vuole scavare a fondo nei molti problemi dell’economia cinese. Economia che è stata la locomotiva della crescita globale per due decenni.
Pronto? Qui Pechino, abbiamo un problema
La crisi dell’economia cinese non è un mistero per nessuno, o quantomeno per i lettori di TradingOnline.com. I segnali di cedimento si susseguono da tempo, tanto da aver spinto tanto la banca centrale quanto il governo a intervenire a più riprese, per quanto ancora con il bisturi anche per evitare di innescare panico sui mercati. Gli interventi, fino a oggi, sembrerebbero però aver fallito nel riportare la Cina sul binario della crescita. I dati che arrivano dall’indice PMI sono pessimi – e sono peggiori anche di quanto avevano preventivato i più scettici.
Il tentativo di rianimazione dell’economia è per ora fallito. Pesano certamente la domanda globale tutto fuorché vivace, ma anche problemi interni di difficile soluzione, a partire dalla pessima situazione dei developer immobiliari, e per finire con una guerra commerciale con UE e USA che avrà pure le sue ripercussioni sul tessuto produttivo di Pechino. Le sfide, anche per il 2024, saranno molte. In molti fanno finta di non aver mai fatto affari in Cina o comunicano comunque di non essere più disposti a farne. La fuga di tanti produttori del blocco occidentale è ormai un dato statisticamente rilevante e il nuovo intendimento con la Russia per il traffico di materie prime non sembra aver giovato granché, almeno per ora.
Giù anche gli altri comparti
Non è un problema legato soltanto alla produzione in senso stretto. I dati hanno infatti sottolineato difficoltà importanti anche per il settore delle costruzioni – dato forse scontato – così come per il non-manufacturing PMI, che raccoglie i dati sui servizi. Tutti giù, segno che ci sono problemi anche sul lato della domanda interna, in un circolo vizioso molto difficile da interrompere.
C’è chi punta sul bottom, almeno per la domanda globale, cosa che dovrebbe dare una mano in futuro in termini di export all’economia cinese. C’è però anche chi, forse più saldamente piantato sul pianeta Terra, crede che sia irragionevole aspettarsi dei miracoli nel breve periodo.
I problemi della Cina sono profondi, certamente in parte ingigantiti dalle prime pagine dei giornali, ma comunque consistenti al punto tale da non far sperare nulla di buono per Pechino, per le sue aziende e anche per la sua posizione globale.
Da qui a ritenere che siamo ai titoli di coda per una delle economie più vivaci del pianeta negli ultimi 20 anni c’è una distanza siderale. Ma meglio non scommettere sul bottom e, possibilmente, evitare di prendere quei coltelli che cadono che i trader più esperti consigliano, sempre, di non afferrare.