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Dollaro in leggera salita dopo dati inflazione USA

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Inflazione USA esattamente secondo quanto si aspettavano le principali banche d’affari e i più importanti analisti. Tutto secondo consenso: +3,1% anno su anno per l’inflazione classica, +4,0% per la cosiddetta Core, che rimane pertanto stabile sui valori che sono stati registrati nel corso della precedente lettura. Con dati così non ci si poteva aspettare granché in termini di movimento del dollaro, che rimane fondamentalmente stabile all’uscita del dato nei confronti dell’euro, con una breve spinta rialzista per l’euro che è stata rapidamente riassorbita dai mercati, mentre permane, su proporzioni comunque ridotta, verso le altre valute.

Chi si aspettava novità importanti dal primo dei due dati che arriveranno questa settimana da Washington è rimasto a bocca asciutta. E al netto di quanto dirà Jerome Powell domani, mercoledì 13 dicembre, dopo che il FOMC comunicherà la sua – altrettanto scontata – decisione sui tassi, non sembra che ci saranno grandi sorprese. Eppure è da questi dati che con ogni probabilità seguiranno le prossime mosse di mercato, in un contesto che andrà analizzato per capire cosa ci aspetta da qui alla fine dell’anno sul mercato valutario.

Dollaro in leggerissima crescita dopo il “non dato” che arriva dall’inflazione

Precisione chirurgica quella delle previsioni, che avevano indicato, con un consenso pressoché unanime, esattamente quanto è stato comunicato pochi minuti fa. Inflazione classica a +3,1%, in leggerissima discesa rispetto al dato del mese precedente. Inflazione Core invece stabile al 4,0%, per quello che sarà il dato che continuerà a turbare i sonni di Jerome Powell e dei vertici di Federal Reserve. Questo perché almeno in parte il miglioramento dell’inflazione è dovuto anche al rientro dei prezzi dell’energia, che sono appunto esclusi dall’inflazione Core.

In altre parole, per quanto ci sia stato un altro passo in avanti, siamo ancora piuttosto lontani dall’inflazione al target del 2% desiderato da Federal Reserve così come da altre banche centrali. E quindi Jerome Powell domani non potrà che – e sarà positivo per il dollaro – invitare tutti alla calma, dichiarare che la guerra contro l’inflazione non è ancora finita e che è ancora molto prematuro parlare di taglio dei tassi.

Niente che i mercati non si aspettino, per quanto si siano dimostrati – forse eccessivamente – ottimisti su un ritorno a quella che è la nuova normalità, ovvero tassi bassi, capitale quasi gratuito e scarsa preoccupazione per le conseguenze che questo avrebbe sull’economia interna e globale.

Da Washington dipende molto di più del dollaro USA

DXY in leggero rialzo, ma comunque in linea con l’andamento di giornata

DXY, l’indice che segue il valore del dollaro contro le principali valute internazionali, dopo una leggera volatilità in prossimità del dato è rimasto fondamentalmente in linea con l’apertura delle borse europee, segno che in realtà, come spesso accade, i dati vicini alle aspettative non riescono granché a muovere i mercati, anche quando sono buoni, se così vogliamo chiamarli, come quelli che sono stati diffusi oggi.

Per il resto sarà un altro mese di attesa di dati più significativi, non solo per il dollaro USA, ma anche per quanto riguarda altre valute che dipendono ormai dalle decisioni di Washington. Su tutte lo yen, con Bank of Japan che però a breve dovrà smettere di tentennare verso il ritorno a politiche più ortodosse.

Per il resto l’appuntamento è per domani, alle 20:30 ora italiana, quando Jerome Powell parlerà al pubblico e spiegherà come le decisioni – di ulteriore stop ai tassi – siano maturate all’interno del FOMC. Anche qui ci si aspettano però poche sorprese: ci saranno dei richiami alla necessità di essere ancora attendisti, al fatto che è ancora troppo presto per parlare di tagli ai tassi e che non è detto che si sia ancora al termine del ciclo.

Vedremo come decideranno di reagire i mercati ai toni di voce di Jerome Powell.

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