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Dollaro USA: cambia l’outlook | Ora sono tutti bullish

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L’euforia sui mercati azionari e più in generale l’ottimismo per un buon esito della conclusione delle politiche monetarie restrittive sono il carburante che sta alimentando il dollaro USA. Mentre il 2023 si era chiuso con tutti o quasi gli analisti con outlook negativo, ora sembrano essere tutti o quasi pronti a invertire la rotta, riconsiderando l’andamento del greenback anche alla luce delle difficoltà delle altre banche centrali e delle relative economie. Con il 2024 che sarà un anno di elezioni, non sembra ci sia outcome possibilmente negativo per il dollaro USA, mentre per la Casa Bianca si sfideranno due candidati entrambi orientati verso una tutela dei mercati interni.

È un dollaro che potrebbe dunque non temere più un calo dovuto alla minore attrattiva esercitata dal bond del Tesoro USA, che una volta che i rendimenti saranno rientrati in territorio che possiamo ritenere come normale, termineranno anche di esercitare magnetismo che ha contribuito alla forza relativa del dollaro sui mercati internazionali. È questa l’opinione generale che si sta facendo strada tra i principali analisti e che ha trovato oggi ospitalità anche sulle colonne di Bloomberg, per mezzo di un lungo editoriale di John Auters.

Cambio di sentiment sul dollaro

Tutti i fattori dell’inversione dell’outlook per il dollaro USA

Fino a fine novembre era praticamente impossibile trovare qualcuno che fosse bullish sul dollaro. USD veniva da un calo pressoché continuo dai massimi toccati durante l’estate, calo stimolato anche dalle aspettative di tagli ai tassi di interesse che sarebbero arrivati prima che altrove, complici i primi segnali di debolezza per l’economia USA. Con le trimestrali di chiusura del 2023 che si sono confermate essere migliori delle aspettative per diverse aziende e con la tenuta del comparto AI, sul quale in molti puntano come traghetto effettivo di uscita dalla crisi, l’outlook è migliorato, di molto, anche in relazione a quanto invece avviene altrove.

La prima sensazione che si ha leggendo i dati sui mercati, compresi quelli sulle opzioni scambiate negli USA, è che in pochi credano alla BCE in grado di resistere ai tagli più a lungo di Federal Reserve. Nonostante si siano espressi in tal senso già Holzmann e altri, i mercati continuano ad aspettarsi tagli necessari – complici anche pressioni interne – dalle parti di Francoforte prima che questi avvengano negli USA.

  • La borsa americana fa da volano

A fare da volano è anche l’ottimo stato del settore azionario USA, che aumenta a livello globale la domanda di dollari e che sta avendo una stagione di forza assoluta, e contro diverse previsioni, che è complice del ritrovato ottimismo sulla performance del dollaro di breve e medio periodo.

  • Le difficoltà delle altre banche centrali

Da valutare anche le difficoltà delle altre banche centrali di prima fascia, partendo da Londra e finendo a Tokyo: nel primo caso la crisi economica sembra essere una certezza con la quale presto o tardi si dovranno fare i conti. Nel secondo caso, nonostante una mano data dalla buona performance complessiva del Nikkei, con gli indici che sono tornati sui massimi storici, pesano le incertezze di una banca centrale che avrà bisogno di altri segnali prima di procedere con rialzi ai tassi modesti.

Tanti i dati importanti della settimana

Tanti i dati durante la settimana

Per quanto si cerchi di fare analisi di respiro temporale più ampio, rimangono fondamentali i dati che arriveranno in settimana e che riguarderanno diversi aspetti importanti dell’economia americana, dal PIL al PCE, con quest’ultimo che permetterà di avere quantomeno una traiettoria sulla quale ragionare in merito all’inflazione futura.

Sarà una settimana che al netto delle analisi più dotte, dipenderà ancora dai dati. Dati che potranno, come hanno fatto negli ultimi mesi, costringere al cambiamento di atteggiamento anche il più solido dei convincimenti.

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