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DXY a picco. Dollaro USA paga fine del ciclo secondo i mercati

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I dati sull’inflazione negli Stati Uniti hanno inferto un duro colpo al dollaro. Mentre si scrive questa notizia il DXY fa registrare un calo importante ,superiore all’1,10%, segno che per quanto modesto, il calo dell’inflazione ha messo la parola fine, almeno per i mercati, sul ciclo rialzista sui tassi da parte di Federal Reserve. I dati che sono stati diffusi dagli Stati Uniti sono in modo modesto migliori delle aspettative, ma tanto è bastato per vedere buoni volumi di vendita del dollaro contro le principali valute mondiali.

Una situazione che era forse ampiamente prevedibile e che potrebbe essere il punto di svolta per il trend rialzista del dollaro USA, che in diversi ritengono ormai prossimo all’esaurimento. Rimane però il fatto che le condizioni entro le quali si muoveranno i mercati del Forex dovranno fare i conti con i dati sull’inflazione che arriveranno dalle altre economie, a partire da quella di Londra.

Dollaro in difficoltà

DXY a picco: i mercati credono in una Fed al capolinea

Potrebbe essere il grande capolavoro di Jerome Powell, che è arrivato al termine del ciclo con tassi più alti del resto delle economie sviluppate, pur senza aver ancora scassato nulla. Questo però non è l’approfondimento giusto per parlare di andamento generale dell’economia. A tenere banco infatti è l’indice DXY, quello che sintetizza l’andamento del dollaro USA nei confronti delle principali valute mondiali. Perdita superiore al punto percentuale, per quanto si stia tentando un timido rimbalzo.

Il caso è di quelli di scuola: dato che l’inflazione continua a scendere, per quanto a ritmo modesto, non vi è più ragione per credere in una possibile ulteriore spinta rialzista ai tassi degli USA. E dato che il grosso dei mercati valutari si muovono anche sul differenziale tra tassi, si sarebbe finalmente alla fine della corsa.

In altre parole, siamo davanti alla fine della corsa anche per l’ultima banca centrale sulla quale si continuavano ad avere dei dubbi. Le aquile saranno messe a tacere, almeno sic stantibus rebus. Le condizioni però non è detto che rimangano queste: più e più volte Federal Reserve ha ripetuto di voler attendere i dati, che pure sono arrivati oggi, per decidere volta per volta e meeting del FOMC per meeting del FOMC.

I mercati, almeno secondo i movimenti delle ultime ore, sembrano però già aver emesso la loro sentenza: senza alcuna possibilità di appello i 525-550 attuali saranno i tassi massimi di questo ciclo. E hanno anche iniziato a prezzare dei tagli già a partire dal maggio 2024, con la quasi certezza dei tagli entro giugno 2024.

Il dollaro affonda, ma quanto può durare?

Tutto troppo lineare per essere vero?

Staremo a vedere: arriveranno dati anche dal Regno Unito (domani) e anche dall’Europa, che ci aiuteranno a capire quale sarà la posizione delle altre economie avanzate sul tema inflazione e dunque sui dati. In aggiunta sempre a breve ci saranno dati che aiuteranno a fare una fotografia più precisa dell’economia USA, a partire dall’atteggiamento e dal comportamento dei consumatori.

L’idea di fondo, quella ancora immutata, è che in realtà l’economia USA sia ancora di gran lunga migliore rispetto al resto delle economie mondiali e che dunque ci si dovrà aspettare una forza relativa anche da parte del dollaro.

Non è però la notizia di oggi: nelle prossime ore si continuerà a parlare di una debacle importante del dollaro, all’interno di un anno che potrebbe chiudersi anche flat rispetto alle quotazioni da inizio anno. Ci sarà poi da valutare la complicata posizione dello Yen, con Tokyo che dovrà far fronte a variabili ormai completamente fuori dal suo controllo. Di persone però disposte a andare long sul dollaro ce ne sono sempre meno.

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