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E se Federal Reserve avesse torto? Arrivano le critiche

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Fed si sbaglia. È questo il parere più forte che sta circolando in queste ore nelle analisi degli specialisti, che da un lato ritengono l’atteggiamento hawkish di Federal Reserve eccessivo rispetto le effettive condizioni dell’economia – tanto in termini di forza quanto di inflazione – e dall’altro ritengono eccessiva la reazione dei mercati. Venerdì, dopo un breve e effimero rimbalzo, i mercati azionari statunitensi e i più importanti indici che li rappresentano hanno chiuso in russo, proseguendo in un trend ormai persistente da inizio settembre.

Di ragioni per ritenere eccessivo tanto l’atteggiamento di Fed quanto quello dei mercati ce ne sono in realtà diverse – e hanno trovato spazio anche sui principali giornali che si occupano di analisi finanziaria. Apertura a futuro ammorbidimento che per l’opinione pubblica, salvando così capra e cavoli, oppure lamentele che arrivano da analisti troppo vicini al portafoglio dei mercati?

Arrivano le prime critiche

Federal Reserve? Sta prendendo una cantonata, almeno secondo Campbell Harvey

Campbell Harvey gode di certa stima tra gli analisti. A lui si deve l’indicatore che, in caso di inversione dei rendimenti dei bond tra breve e lungo periodo, segnala inflazione. Un indicatore del quale ormai si parla da diverse settimane anche tra i non addetti ai lavori e ai quali viene attribuita un’importante capacità predittiva. Harvey ha dato sfogo ai suoi pensieri sulle colonne di Market Watch, indicando come errate le percezioni e le analisi di Federal Reserve sull’inflazione.

Secondo il popolare professore infatti, i costi di abitazione (affitti o acquisti) hanno un peso specifico enorme sugli indici dell’inflazione – e se fossero eliminati o ridotti l’indice dell’inflazione segnalerebbe una situazione più vicina alla realtà. Quale realtà? Quella secondo la quale – dice Harvey – l’inflazione è già tornata molto vicina al target – e per qualche categoria di beni e servizi è in realtà già al di sotto. La ricetta? Chiamare il picco per i tassi e possibilmente chiudere con qualunque tipo di politica economica restrittiva.

Le preoccupazioni di Fed sono ancora per l’inflazione

Non è l’unico, in realtà

In realtà ci sono tante altre voci che si raccolgono intorno all’idea che Federal Reserve stia sbagliando per eccesso. E che dunque – questo è un messaggio anche per chi investe in bond – questo sia il momento giusto per metterne un po’ in portafoglio.

In primo luogo Federal Reserve sarebbe al massimo dell’atteggiamento hawkish che può permettersi. Eravamo sugli stessi livelli in giugno, salvo poi vedere i mercati dichiarare, a chiare lettere e votando con il proprio denaro, di non credere a una sola parola di quanto affermato da Jerome Powell.

In secondo luogo c’è poca fiducia sul fatto che i consumi rimarranno sui livelli fatti registrare nelle ultime settimane. Siamo, dicono i più preoccupati, all’ultimo respiro – con i consumi che sono andati avanti quasi incessantemente grazie a risparmi e anche grazie a spese a debito tramite carte di credito (con i dati che confermano quest’ultima tesi).

E in ultimo luogo Federal Reserve non ha soltanto i tassi come strumento di politica monetaria. Il quantitative tightening sta proseguendo sui ritmi prefissati e – per sua natura – continuerà a svolgere un compito sì ingrato, ma anche meno visibile sul breve.

Se sarà questa o meno l’idea che si farà strada sui mercati, sarà qualcosa che andrà valutato con massima attenzione lunedì, alla riapertura delle principali piazze di scambio. Un accenno di questa risposta i mercati hanno infatti provato a darla venerdì, senza però essere granché convincenti.

Il punto da valutare sarà quanto l’ultimo movimento ribassista sia stato una reazione temporanea o l’inizio di una inversione del trend di breve periodo. Certo è che vedere i mercati così allineati con i diktat di Jerome Powell è una sorpresa assoluta di questo 2023.

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