News
Egitto: prima il voto, poi la svalutazione
In Egitto è il momento delle elezioni che aspettavano anche coloro i quali operano sui mercati internazionali. Al centro infatti una diatriba importante tra Al-Sisi e IMF, diatriba che con ogni probabilità si scioglierà con qualunque tipo di esito elettorale. Il cambio andrà rivisto e il pound egiziano di nuovo svalutato, mossa che è stata rimandata proprio in vista di un turno elettorale che avrebbe potuto mettere a repentaglio la rielezione del presidente in carica.
La popolazione intanto è già in forte sofferenza per le due precedenti, e importanti in termini quantitativi, svalutazioni. I cambi fissi, è un fatto purtroppo per gli egiziani inevitabile, hanno dei costi che prima o poi banche centrali e governi non possono sostenere. E mentre al cambio nero i tassi continuano a fluttuare, diventa sempre più difficile sostenere il valore di valute che invece dai mercati sono apprezzate decisamente meno. Una volta arrivati i risultati elettorali da Il Cairo però, si comincerà certamente o quasi a discutere di un ulteriore svalutazione.
Sì, ci sarà un’altra svalutazione del pound egiziano
La realtà si può ignorare soltanto fino a un certo punto, anche quando a creare la magia sono gli importanti capitali delle banche centrali. La storia di oggi arriva dall’Egitto, paese che è impegnato in elezioni piuttosto significative e che sono stato il motivo per il quale il cambio amministrato del pound egiziano è rimasto su livelli innaturalmente alti. Un’ulteriore svalutazione infatti sarà purtroppo necessaria, dopo che precedenti due, già importanti per quantità, hanno creato non pochi problemi alla popolazione.
Al centro c’è uno scontro in realtà di facciata tra Fondo Monetario Internazionale e governo attuale: uno scontro che punta alla necessità di operare altre svalutazioni perché per l’appunto non si tratta di cambi sostenibili senza spese enormi da parte delle casse pubbliche. E con spese improduttive di questo tipo è impossibile pensare di rassettare dei conti pubblici che sono in enorme difficoltà da tempo, tanto appunto da richiedere un pronto intervento del Fondo.
Al centro ci sono 3 miliardi di aiuti che potrebbero diventare 5, dei quali l’Egitto ha bisogno come il pane e come l’acqua e che senza però una svalutazione ulteriore del pound non saranno attivati.
Perché non è stato fatto fino a oggi? Perché si aspettavano appunto le elezioni prima di poter prendere una misura che sarà certamente impopolare.
Un mismatch tra breve e lungo periodo
La scelta di un’ulteriore svalutazione sarebbe, almeno sulla carta dei libri, corretta. Favorirebbe l’arrivo di investimenti stranieri e un ritorno verso tassi più vicini a quelli liberi del mercato nero, che sono certamente più in grado di individuare il prezzo corretto.
L’Egitto punterà inoltre a rimettere in cassa importanti quantità di valuta pregiata straniera anche per il ruolo che si è già ritagliato nel conflitto israelo-palestinese, per quanto la capacità di sfruttare effettivamente questa possibilità sia per il momento ancora remota e comunque insufficiente rispetto a quanto richiesto in termini di aiuti.
Oltre al Fondo Monetario Internazionale, anche l’Unione Europea si è detta pronta ad intervenire con aiuti finanziari, senza che almeno ufficialmente ci sia appesa la contro-condizione di una svalutazione ulteriore del pound.
Qualunque sia l’alternativa che uscirà oggi dalle urne, sembra ormai però impossibile riuscire a rinviare un’ulteriore svalutazione del pound egiziano.
Un fatto che ricorda che è difficile andare contro-corrente e contro i mercati e sostenere per decreto il valore di una divisa nazionale. Lo stiamo vedendo ovunque, anche in altri paesi africani che hanno cercato di sostenere così le valute utilizzate localmente. Non ha mai funzionato, mai probabilmente funzionerà e, con altrettanta probabilità questo ennesimo bagno di realtà non servirà però ai governanti di domani.