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Egitto: scontro tra FMI e Al-Sisi sulla svalutazione

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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La situazione dell’Egitto – o meglio, delle casse pubbliche del paese – non è la migliore. E sul fronte valutario le preoccupazioni non sono secondarie. Preoccupazioni che sembrerebbero essere condivise anche dal Fondo Monetario Internazionale, con il prossimo programma di salvataggio che potrebbe arrivare a 5 miliardi di dollari. Somma importante, che aumenta considerevolmente rispetto ai 3 miliardi di dollari che facevano parte dell’accordo siglato lo scorso anno. Una situazione complessa, con ogni probabilità peggiorata anche dal peggioramento della situazione geopolitica nell’area.

L’economia dell’Egitto, a prescindere da quanto avviene sulle piazze monetarie (interessanti per motivi che vedremo più avanti), si trova davanti alla peggiore crisi da diversi decenni a questa parte, con il paese che è diventato il secondo paese di intervento, in termini quantitativi, per i piani di salvataggio del Fondo Monetario Internazionale, dopo l’Argentina.

In Egitto serve un do ut des

Il nuovo accordo con il FMI in ritardo a causa della mancata riforma delle politiche monetarie

Il nuovo accordo sarebbe a buon punto, secondo quanto viene riportato da Bloomberg, con la questione valutaria che rimane il maggior ostacolo sia per il raggiungimento dell’accordo, sia per il completamento di processi di revisione che avrebbero dovuto avere luogo a marzo scorso e settembre. Nonostante movimenti relativamente piatti nel corso delle ultime settimane, negli ultimi 12 mesi la sterlina egiziana rimane una delle peggiori performer su scala mondiale. Le voci di un accordo con FMI per una somma quasi doppia rispetto a quanto contenuto nell’accordo precedente, ha contribuito a sostenere il prezzo di EGP sulle piazze internazionali, sebbene l’outlook rimanga negativo principalmente a causa degli enormi problemi economici che Il Cairo sta affrontando e dovrà continuare a affrontare.

La sterlina egiziana è stato svalutata per oltre la metà verso il dollaro USA a partire dal 2022, un crollo verticale che indica chiaramente la necessità di una riforma in mancanza della quale FMI non accorderà ulteriori aiuti. La riforma dovrà includere il passaggio a un regime di cambi sufficientemente flessibile, regime che in realtà è stato promesso da tempo dalla Banca Centrale ma che fino a oggi ha fallito nell’offrire – con il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, che si è detta preoccupata per l’ulteriore pressione sulle riserve di valuta estera nel caso in cui non si proceda con un’ulteriore svalutazione.

Al centro dello “scontro” le politiche monetarie de Il Cairo

Contano le elezioni, ma l’Egitto ha bisogno di capitali – e di un regime monetario più elastico

Al centro della discussione c’è anche tanto altro che prescinde dall’economia in senso stretto. Presto si voterà per confermare Al-Sisi alla guida del paese fino al 2030, periodo che consiglia ai politici di evitare svalutazioni – che tra le altre cose sono fortemente sgradite all’attuale presidente. Una situazione che dall’altro lato vede le pressioni del Fondo Monetario Internazionale, che invece è di avviso opposto e ritiene il passaggio verso un regime più bilanciato – in termini di valore effettivo della valuta locale, come necessario affinché il paese recuperi maggiore equilibrio in economia.

A queste discussioni sarà legata una mole di denaro importante e – cosa più importante in questo momento per l’Egitto – anche la possibilità di vedere tornare investitori stranieri con capitali importanti, e mai come ora fondamentali per l’economia nazionale.

L’economia egiziana ha sofferto già il conflitto in Ucraina e rischia di soffrire anche per ciò che si sta sviluppando in Israele: una situazione potenzialmente esplosiva non solo sul fronte politico ma anche su quello economico, con la coperta che è certamente (e proverbialmente troppo corta) e le volontà politiche che non sembrano essere di stesso avviso di FMI. Passate le elezioni, con ogni probabilità si potrà tornare a più miti consigli – e a una ulteriore svalutazione della valuta locale: per quanto a pagare sarà ancora la popolazione più povera, le valute di riserva straniera non potranno durare in eterno.

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