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EGP: aria di svalutazione manda l’azionario alle stelle

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Il duro conflitto in Israele e nella Striscia di Gaza non sembra preoccupare il comparto azionario dell’Egitto, che nonostante l’incertezza dovuta alla guerra in corso ha fatto registrare nuovi massimi nel corso di questa settimana. Non è però una notizia che dovrebbe interessare gli investitori in azioni, ma chi segue da vicino le evoluzioni del mercato del Forex, in particolare riguardo a quanto potrebbe accadere alle valute delle economie cosiddette emergenti. La scommessa degli investitori sulla borsa egiziana è infatti legata alla possibile ulteriore svalutazione del pound egiziano già nel corso di questo anno.

Una mossa che oltre a essere ritenuta necessaria – le riserve di valuta estera sono quasi esaurite – è stata consigliata con grande insistenza da parte del Fondo Monetario Internazionale, che a questa decisione potrebbe legare l’attivazione di un nuovo piano di aiuti. Il pound egiziano è stato già oggetto di tre svalutazioni dal 2022 a oggi e continua a rappresentare, secondo gli analisti e secondo le principali istituzioni, un valore fisso che sarebbe completamente disancorato dalla realtà.

Gli investitori egiziani corrono verso l’azionario

Una situazione difficile da gestire

Per quanto l’ennesimo rally della borsa egiziana possa far gongolare gli investitori in questo esotico mercato, la situazione a Il Cairo non è delle migliori. Le maggiori preoccupazioni riguardano proprio la divisa nazionale, il pound egiziano, il cui cambio è stato già svalutato per tre volte nel corso degli ultimi 2 anni e che al tempo stesso continua a avere, dati in mano, un valore disancorato dalla realtà. Tanto che per mantenere tale cambio l’Egitto continua a dover ricorrere all’utilizzo di riserve di valuta estera che sono già parecchio scarse e che si avvicinano pericolosamente all’esaurimento. La situazione si fa ancora più complicata perché un’ulteriore svalutazione del pound egiziano finirebbe per aggravare le possibilità di acquisto di una popolazione già ridotta allo stremo dall’inflazione globale.

Soluzione che, anche politicamente, appare pressoché impossibile da seguire, almeno per il momento. A breve si voterà ed è difficile che Al-Sisi e il suo cerchio magico decidano per una mossa tanto impopolare. Dall’altro lato però la coperta si conferma come estremamente corta: sarà impossibile sostenere il cambio attuale ancora a lungo e la gestione della divisa nazionale e del suo rapporto con il dollaro e con le altre divise pregiate è motivo di preoccupazione anche per il Fondo Monetario Internazionale, che ha in ballo prestiti ponte e interventi per complessivi 5 miliardi di dollari. Somma che rimarrebbe congelata nel caso in cui non dovesse risolversi la situazione sul fronte valutario a breve.

FMI continua a spingere per la svalutazione

I mercati scommettono sulla svalutazione

Il ripetuto rally delle azioni egiziane – nonostante la situazione geopolitica sia compromessa – conferma che i mercati ritengono che sarà il governo egiziano a cedere, tanto perché l’aritmetica non può essere oggetto di decreti, quanto per ottenere quanto promesso da FMI, seppur dietro condizioni politicamente inaccettabili.

La situazione dovrà per forza di cose risolversi il prima possibile – con le riserve di valuta estera che non permettono ulteriori tentennamenti. Nel frattempo gli investitori egiziani sono in modalità FOMO – la paura di perdersi un treno che sarà alimentato con un’ulteriore svalutazione e riversano i loro denari su un mercato azionario che vede, per circa l’85% – la partecipazione di investitori locali.

La situazione, ceteris paribus, ricorda quella del Pakistan, dove i problemi valutari sono stati però almeno temporaneamente risolti con la repressione del fenomeno del cambio di valute non ufficiale, che esercitava pressioni ribassiste importanti sulla divisa nazionale. Soluzione che però non potrà essere replicata in Egitto, dove i problemi sono differenti e dove l’emorragia di riserve in valuta estera non potrà essere arrestata se non stabilendo un cambio più congruo. L’unica incognita rimane, a questo punto, il quando: prima o dopo le elezioni che si terranno nel prossimo dicembre?

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