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Europa: le voci di recessione si fanno sempre più insistenti
Forse non stupirà molti dei nostri lettori, ma le discussioni su una possibile recessione nell’area euro cominciano a farsi insistenti. Se ne parla anche su Bloomberg, così come in altre pubblicazioni specialistiche. E verrebbe da dire che non potrebbe essere altrimenti. Gli ultimi dati tedeschi, per quanto da previsioni, sono poco incoraggianti, e quando Berlino piange non ci si può aspettare di meglio sulle altre piazze europee.
Scrive Bloomberg, come abbiamo detto poco sopra, che una recessione in area euro sembra essere sempre più probabile. Il rallentamento dell’economia persiste – come hanno confermato i dati del terzo trimestre – cosa che è confermata anche dalle aspettative per il futuro da parte degli attori privati, come quelle raccolte da S&P Global Purchasing Manager Index. Altri dati sembrerebbero invece essere discordanti, almeno fuori dall’area euro ma comunque con riflessi sul continente, cosa che ha spinto i mercati a reagire in modo confuso nel corso di una settimana durante la quale tutti gli occhi erano appunto puntati sull’Europa, data la settimana della Festa del Ringraziamento negli USA.
Ancora in alto mare con l’inflazione, e con gli effetti del ciclo di politiche monetarie restrittive
C’è un altro fattore di cui si parla poco. O meglio, che viene confinato alle dichiarazioni dei membri di BCE. Il relativamente importante ciclo di economia monetaria restrittiva non ha ancora prodotto la totalità dei suoi effetti sull’economia. Questo vuol dire che il pessimo momento dell’economia tedesca, e quello poco brillante delle altre, è tale anche senza che i tassi elevati abbiano prodotto tutti i loro effetti.
A questo si aggiunge una domanda globale fiacca, in particolare in quei paesi che negli anni precedenti avevano garantito un flusso di acquisti importante per i brand al top dell’economia europea, a partire da quelli del lusso, che ormai da tempo sono l’unico fiore all’occhiello di un’economia continentale con evidenti problemi.
Per quanto ci siano tutti i segnali che imporrebbero di guardare il bicchiere quasi vuoto, c’è chi, soprattutto da certi pulpiti politici, si ostina a ritenerlo mezzo pieno.
Senza la locomotiva tedesca difficile pensare che il treno non deragli
Per quanto ci si potrebbe tacciare di pessimismo, ci sono i dati parlare chiaro. Economia tedesca rivista ancora al ribasso, insieme a quella italiana, recentemente anche dal Fondo Monetario Internazionale. Problemi per le economie naturale sbocco per merci e servizi europei, con una sofferenza che sembra difficile invertire sul breve periodo.
Altrettanto difficile immaginarsi che possano esserci interventi a sostegno della domanda da parte delle principali economie del continente, con gli interessi che cominciano a farsi importanti e con la mole di debito accumulata durante la fase pandemica che è lungi non solo dall’essere smaltita, ma dall’essere smaltibile almeno sul breve periodo.
Un quadro piuttosto fosco: se Washington non è ancora certa della possibilità di un soft landing, sembrerebbe un esercizio eccessivamente ottimista pensare che lo possa fare Francoforte, con economie certamente meno dinamiche di quelle statunitensi, una peggiore composizione demografica (anche rispetto agli USA) e problemi strutturali che anche la Germania si porta avanti da troppo tempo.
Non sarà forse una recessione di grandi proporzioni, ma i mercati stanno iniziando a prezzare la possibilità che non tutto andrà per il meglio per i prossimi mesi, per quanto le performance delle borse rimangano più che invitanti.
Un momento duro per tutti, con una maggiore difficoltà per l’Europa rispetto a altre realtà, fatta forse eccezione per quanto riguarda le economie emergenti, con le quali però sarebbe il caso di non fare, almeno per il breve e medio periodo, paragoni. Sulla possibilità che ci sia spazio politico per serie riforme delle principali economia dell’area, si continua però a nutrire più di qualche fondato dubbio.