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FMI rivede al ribasso previsioni Germania, Italia. La Francia domina l’area Euro

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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Il Fondo Monetario Internazionale rivede al ribasso le già poco entusiasmanti previsioni sulla crescita dell’economia tedesca. Per il 2023 non ci sarà crescita – e la recessione avrà una durata maggiore rispetto al preventivato, almeno secondo le analisi diffuse dal Fondo Monetario. La Germania, se fossero confermate tale previsioni, sarebbe l’unica economia del G7 a non crescere, per quanto modestamente, nel corso del 2023. Una situazione che non sarà una novità per nessuno, per quanto in realtà anche i più pessimisti ritenevano superabile il rallentamento importante della locomotiva dell’economia dell’Unione.

Si partiva da dati diffusi in luglio che parlavano di una contrazione complessiva dell’economia tedesca dello 0,3%, con le ultime previsioni che invece parlano di un -0,5% per il 2023. Le difficoltà tedesche inoltre si rifletteranno anche sull’Italia: anche per il nostro Paese le proiezioni di FMI sono peggiorate: da una crescita prevista dello 0,7% si passa a proiezioni che parlano di un modesto +0,4%.

Riviste ancora al ribasso proiezioni crescita Germania

Per la Germania è crisi aperta. E se Atena piange, Sparta non ride

Ci sono almeno due notizie che si possono ricavare dalle proiezioni del Fondo Monetario Internazionale diffuse martedì 10 ottobre: la prima è che la situazione dell’economia tedesca è peggiore di quanto si pensasse. La seconda è che- come prevedibile – tale debolezza finirà per riflettersi anche sul resto dell’Unione e in particolare sulle economie che scambiano di più con quella tedesca. Rispetto alla situazione descritta dalle previsioni di luglio 2023, l’unica a uscirne meglio è la Francia, per la quale il Fondo prevede una crescita dell’1%, rispetto alle precedenti previsioni dello 0,8%.

La Germania paga una forte interdipendenza con un altro grande malato dell’economia globale, quella Cina le cui condizioni sono ancora oggetto di speculazione e che sta affrontando una crisi del settore immobiliare certamente peggiore del preventivato, con Evergrande che potrebbe arrivare alla conclusione del suo complicato percorso verso il salvataggio nel peggior modo possibile, ovvero con una liquidazione.

Germania crisi
La Germania è il grande malato europeo

Tutti pronti a accusare il modello tedesco

Va però ricordato qualcosa. Il miracoloso modello tedesco, fatto di alta spesa pubblica per il welfare e di alta tassazione sembrerebbe non piacere più agli stessi che lo ritenevano la panacea di tutti i possibili mali. Un modello che è stato descritto come l’unico percorribile in Europa e che ora, a fronte delle difficoltà cinesi e a prezzi stratosferici rispetto al passato per l’energia non sembra essere più così allettante.

Da qualche settimana si parla con sempre maggiore insistenza della necessità di riforme strutturali in un paese dove la burocrazia è un ostacolo maggiore che altrove e dove di digitalizzazione si parla ancora come trenta anni fa, ovvero come se non si trattasse di qualcosa che in tanti altri hanno già abbracciato, ma soltanto di una delle possibilità per lo sviluppo futuro del paese.

Nel frattempo i tempi in cui SAP e Volkswagen dominavano il cap delle borse europee sembrano lontani – e altre industrie emergenti come quella del fotovoltaico sembrano soffrire la concorrenza cinese. Sofferenza per la concorrenza che è stata apertamente dichiarata ai mercati anche tramite richieste di interventi protezionistici che non è chiaro quanto possano incontrare il favore degli altri paesi membri.

Le difficoltà permangono e sembrano essere di difficile soluzione – anche a causa del fatto che uno dei fattori in gioco, il costo dell’energia, difficilmente tornerà sui livelli che avevano permesso il grande boom tedesco. L’Unione dovrà trovare alla svelta un’altra locomotiva, con Parigi che sembra essersi candidata già in modo concreto a ricoprire questo ruolo. L’Italia intanto resta alla porta – e soffre le difficoltà di Berlino certamente di più di quanto le soffra Parigi – una situazione prevedibile che però Roma non sembra avere potere di condizionare.

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