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Forex: il 2023 è ottimo per le emergenti. Con qualche eccezione
L’anno debole del dollaro – che ha chiuso un 2023 pessimo con perdite che non si vedevano dal 2020 – è stato un toccasana per buona parte delle valute dei cosiddetti paesi emergenti, anche se chiaramente non tutti. Ottime le performance del peso colombiano e anche di quello messicano, così come sono state più che buoni i risultati dello zloty polacco e del fiorino ungherese. Meno bene invece le valute di paesi che o hanno problemi strutturali, oppure che hanno avviato da poco manovre per investire trend estremamente negativi delle proprie divise nazionali, come Argentina e Turchia.
È stato un ritorno di fiamma, nel complesso, per diverse delle valute emergenti – fatta salva qualche eccezione – e tenendo anche conto del fatto che il ritorno di fiamma di queste valute ha escluso però il renminbi cinese, anche questo affaccendato in questioni che riguardano problemi strutturali della Cina, tra domanda interna fiacca, produzione non entusiasmante e una complicata situazione politica.
Dollaro debole? In molti capitalizzano le attese sui tagli a Washington
Al mondo dei paesi emergenti piace il dollaro debole, o meglio, piace il fatto che tutti, FOMC compreso, si aspettino per il 2024 dei tagli decisi ai tassi di interesse a Washington. Performance da incorniciare e che con ogni probabilità passeranno alla storia per il peso colombiano e anche per quello messicano. E oltre alle valute che abbiamo citato in apertura, ci sono state delle ottime performance anche per quanto riguarda il sol peruviano, il leu rumeno e anche il lev bulgaro. A perdere sono poi invece valute per così dire emergenti che pagano problemi politici e strutturali dei paesi che rappresentano.
Un 2023 da dimenticare per il rublo russo, che paga la situazione geopolitica molto complessa per Mosca. Così come sono state in posizione di debolezza assoluta Buenos Aires e Ankara. Situazioni simili sulla carta ma profondamente diverse nei possibili sviluppi di qui in avanti.
A Buenos Aires tra qualche mese potrebbero partire le manovre per mandare in pensione, una volta per tutte, il peso argentino. Ad Ankara invece si è tornati all’ortodossia monetaria, con i gain della Lira che sono però utilizzati come contropartita per aumentare le riserve di valuta estera, consumate nel corso degli ultimi mesi per sostenere politiche monetarie dissennate e che hanno portato l’inflazione turca a essere la seconda più alta al mondo.
Dopo le elezioni di maggio, e con alla guida del dicastero dell’economia e della banca centrale di due ortodossi che più ortodossi non si può, potrebbero svilupparsi sorprese interessanti per TRY e più in generale per tutta l’economia turca.
Tutto però dipende, ancora una volta, da Washington
È però Washington a tenere in mano le redini del futuro di breve periodo e anche quelle del futuro di medio periodo. Tutti o quasi i movimenti che si sono verificati nel corso del 2023, compresi quelli sulle valute principali, sono stati dettati dalle decisioni o dalle aspettative sulle decisioni di Washington. Forse chi si aspettava una dedollarizzazione dovrà aspettare, anche questa volta, la prossima.
Per quanto si siano registrati movimenti interessanti per quanto riguarda gli scambi, lontani da Washington, in valute che non sono il dollaro, un anno confuso come il 2023 ha confermato che quando si sviluppano crisi e quando aumenta l’incertezza, il dollaro è e rimane il punto di riferimento.
Il 2024 potrebbe continuare sul trend che è stato fatto registrare nel corso degli ultimi mesi sui mercati del Forex, per quanto comunque dipenderà da come finirà per muoversi Fed/FOMC. Arriveranno davvero tagli ai tassi consistenti? E quando inizieranno? Sono queste le domande che attanagliano gli investitori durante questa breve pausa di fine anno.