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Germania può recuperare. Parla il CEO di Deutsche Bank

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La Germania non è (ancora) il grande malato d’Europa. A parlare è il CEO di Deutsche Bank, Christian Sewing, che però coglie l’occasione per rinforzare il suo parere ancora positivo con una chiamata, metaforica, alle armi. Sì, perché afferma che se non si cambierà e non si inizieranno a affrontare problemi strutturali e sistemici dell’economia tedesca, allora le possibilità che la Germania diventi il vero malato d’Europa saranno molto alte. Una chiamata alle armi che arriva da uno dei più importanti CEO dell’economia europea e che dunque meriterà attenzione da parte degli specialisti e dell’opinione pubblica.

La questione rimane quella però delle tempistiche: ammesso che la Germania riesca a raccogliere unità politica intorno alla necessità di riforme, non è chiaro in quanto tempo riusciranno a produrre degli effetti concreti. Una situazione che deve fare i conti anche con una congiuntura macro che per la Germania è tra le peggiori possibili, date anche le difficoltà per uno dei più importanti partner, la Cina.

Parla il CEO di Deutsche Bank

Non ancora il grande malato d’Europa

Ci sarà da vedere in quanti saranno d’accordo con la lettura offerta da Christian Sewing, CEO di Deutsche Bank. Ma data l’importanza del pulpito e del predicatore, siamo certi che quanto dichiarato contribuirà ad una discussione pubblica accesa. La Germania non sarebbe ancora il grande malato d’Europa, ma rischierebbe di diventarlo in assenza di riforme strutturali. Riforme strutturali che però non è chiaro come dovrebbero prendersi cura dei problemi che sono stati individuati dal CEO di Deutsche Bank: principalmente interessi e assenza di buon risk management tra le banche e tra le istituzioni – e ritardi ormai evidenti nei confronti delle principali economie del mondo.

C’è poi il problema energetico, anche questo al di fuori di ogni tentativo di riforma, a meno che non si creda che la Germania possa completare una transizione verso le fonti rinnovabili che, almeno per il momento, si è rivelata essere un buco nell’acqua e non ha ancora prodotto effetti significativi né sui costi dell’energia, né sull’indipendenza di Berlino. C’è qualcosa comunque sul quale si può lavorare: internet lento, rete ferroviaria ormai obsoleta, digitalizzazione assente, mancanza di lavoratori istruiti, burocrazia eccessiva e procedure di approvazione molto lunghe (e, stupirà i nostri lettori, sensibilmente più lunghe di quelle italiane).

Preoccupazioni per l’economia tedesca

Un pacchetto chiamato a gran voce da tutti: aspettarsi effetti a breve è però…

Il pacchetto di riforme – o meglio i punti sui quali sarebbe necessario lavorare – sono ormai opinione comune per qualunque tipo di discussione pubblica sull’effettivo stato dell’economia tedesca. Ne ha parlato qualche giorno fa Financial Times e hanno fatto eco all’importante giornale analisti politici e economici. Ci sono però almeno due ordini di problemi: il primo è che il governo tedesco sembrerebbe essere estremamente in ritardo in termini di risposte ad una crisi che ha rivelato problemi non solo congiunturali, ma anche strutturali.

Il secondo è che con la crisi che morde – e con la pressione esercitata da costi energetici e inflazione generale – sarà sempre più difficile far digerire riforme sia al settore pubblico, sia ai lavoratori. In diversi hanno segnalato l’abbandono di una certa austerity per far ripartire un piano di investimenti pubblici come panacea di tutti i mali, ma anche questa soluzione appare semplicistica rispetto a problemi che arrivano da lontano e che potrebbero andare lontano.

Il CEO di Deutsche Bank è apparso, nella sua analisi, se non ottimista quantomeno possibilista. Tra la possibilità e la realtà però c’è un mare di preoccupazioni e di difficoltà. Preoccupazioni che coinvolgono anche il resto d’Europa, che ha perso la sua locomotiva e che ne cerca un’altra – che però sarà difficile da trovare. Almeno per ora.

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