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Il curioso caso di ZiG: la valuta dello Zimbabwe basata sull’oro

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Per i cosiddetti gold bug, quella nicchia di investitori e risparmiatori in fissa con l’oro, quanto sta accadendo in Zimbabwe sarà musica anche per le orecchie meno disposte ad ascoltare. È da aprile che lo Zimbabwe emette il cosiddetto Zimbabwe Gold – codice ZWG, per gli amici ZiG – una valuta in verità assai peculiare, soprattutto nel mondo ormai dominato dalle valute fiat, le valute che non hanno alcun tipo di collaterale. Per contrastare il rapido deprezzamento della vecchia valuta nazionale – e anche per tornare ad una parvenza di sovranità monetaria – lo Zimbabwe la emette garantendone il valore da valute straniere, da oro e altri metalli preziosi.

Una sorta di ritorno alle origini, che dovrebbe contribuire anche alla stabilizzazione dei prezzi e togliere dalle mani della politica il potere di stampare per accrescere e concentrare il potere di cui sopra. Un esperimento che sta piacendo così tanto alle banche locali da averle portate a spingere per un’adozione totale prima della data – fissata dalla Reserve Bank dello Zimbabwe – del 2030.

Ritorno alle origini che piace a tanti, quasi a tutti

I problemi del vecchio dollaro dello Zimbabwe dovrebbero essere familiari anche per chi non segue troppo da vicino le evoluzioni del mondo del Forex e più in generale delle valute esotiche. Dal 2009 lo Zimbabwe, proprio per la totale inaffidabilità della sua vecchia valuta, vive in un curioso regime dove ad avere corso legale sono diverse valute straniere. Il dollaro, ad oggi, vale l’80% delle transazioni ed è di fatto la valuta ufficiale e ufficiosa del paese.

Al fine di recuperare una sorta di sovranità monetaria – castrata però dalla promessa di avere metalli preziosi e valuta straniera a fare da collaterale – da aprile scorso lo Reserve Bank dello Zimbabwe emette anche ZiG/ZWG, ovvero il Zimbabwe Gold, una valuta che appunto non può essere emessa per valori superiori alle effettive riserve del paese.

A luglio suddette riserve sono arrivate a 370 milioni di dollari, con una crescita importante rispetto ai 285 milioni fatti registrare per il trimestre precedente come media. Segno che la valuta piace e che si potrebbe effettivamente arrivare al 2030 con il paese africano che la adotterà come unica valuta avente corso legale. 2030 che però appare agli intermediari finanziari e economici del paese come data troppo lontana, nonostante le comprensibili reticenze della popolazione ad utilizzare una valuta sì basata su riserve di asset che valgono, ma che al tempo stesso è pur sempre basata sulla promessa di una banca centrale che – per motivi storici – ha una credibilità vicina allo zero.

Dentro c’è un po’ di tutto

Non solo oro, ma anche diamanti, litio e altri materiali preziosi che vengono regolarmente acquistati utilizzando principalmente le royalty legate alle attività estrattive di oro. Royalty che le società titolari di concessioni devono versare, per metà, in natura.

Per un paese che è proprietario di enormi riserve anche di platino, litio, carbone e nickel potrebbe essere un’idea che funziona, a patto che il corso obbligato futuro riesca a superare le tante resistenze di una popolazione che ottimi motivi per fidarsi poco di una banca centrale che è stata responsabile di enormi sconquassi in passato. Per quanto la nuova Banca Centrale abbia sia persone chiave sia intenzioni che sembrano radicalmente opposte a quanto avvenuto negli ultimi decenni nel paese. Vedremo se questo esperimento funzionerà – e se potrà contribuire a rendere lo Zimbabwe di nuovo un paese con valuta propria, per quanto appunto limitata in termini di sovranità dalla necessità di accompagnare le emissioni all’accumulo di riserve.

Come altrove anche in Zimbabwe si accumula oro, anche se per motivi e ambizioni radicalmente lontani da quelli degli altri paesi.

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