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Instacart potrebbe presto quotarsi in Borsa

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Instacart, la celebre piattaforma di consegna di generi alimentari, si prepara a fare il grande passo: la quotazione in Borsa. Dopo un anno tumultuoso, con valutazioni aziendali che hanno oscillato come un pendolo, la società sembra pronta a presentare la sua richiesta di IPO alla SEC entro la prossima settimana. Insieme alla IPO di Arm, questa potrebbe essere la più chiacchierata operazione di quotazione di fine 2023.

Con quasi $3 miliardi raccolti in 19 round di finanziamenti, Instacart ha alle spalle colossi come Andreessen Horowitz, Sequoia Capital e T. Rowe Price Associates. La liquidità raccolta in questi round di finanziamento le ha permesso di acquisire sette diversi concorrenti nel suo percorso di espansione, con l’acquisizione più recente, Rosie, avvenuta a settembre 2022.

Collaborando con oltre 1.100 aziende al dettaglio e di generi alimentari, Instacart ha dovuto affrontare una feroce concorrenza da parte di giganti come Amazon Fresh, Uber Technologies e DoorDash. Nata nel 2012 a San Francisco, Instacart ha goduto di un’ascesa rapida, diventando un servizio essenziale durante i lockdown dovuti alla pandemia COVID-19. Ma con la fine delle restrizioni e la riapertura dei supermercati, la crescita ha iniziato a rallentare. Anche il mercato dei capitali, soprattutto nel ramo del private equity, ha rallentato in vista dei rialzi dei tassi di interesse. Per questo motivo, la quotazione in Borsa appare come una scelta necessaria per raccogliere liquidità e poter finanziare i piani di espansione di Instacart.

Nei primi sei mesi del 2023, i ricavi di Instacart sono aumentati del 30% su base annua arrivando a toccare gli $1.4 miliardi di dollari

Rimane il nodo della valutazione iniziale

L’ultimo anno è stato decisamente agitato per Instacart in termini di valutazione. Dopo avere posticipato i suoi piani IPO nel 2022 a causa di mercati “estremamente tumultuosi”, la società ha subito diversi tagli nella sua valutazione interna, passando da $39 miliardi nel 2021 a una stima attuale di $10 miliardi. Ciò la pone ancora al di sopra di altri attori del mercato come Sprouts Farmers Market e Weis Markets, ma al di sotto di colossi come DoorDash e Kroger.

Nonostante le sfide poste dalla concorrenza, Instacart continua a beneficiare di tendenze favorevoli nel settore. Grandi partner come Walmart e Target hanno segnalato una forte domanda di cibo e bevande nei loro report finanziari. Aldi, un altro partner chiave, sta rafforzando la sua presenza negli Stati Uniti. Le vendite di alimenti destinati al consumo domestico continuano a superare le vendite al dettaglio totali nel 2023, sebbene molto di questo sia attribuibile all’inflazione. Proprio l’inflazione gioca un ruolo chiave nei margini di Instacart, dal momento che la maggior parte dei ricavi aziendali provengono da provvigioni in percentuale sul carrello dei clienti.

La società può anche vantare un modello molto diversificato rispetto ai concorrenti che si limitano alla sola consegna della spesa. Ha lanciato una piattaforma di servizi destinata ai supermercati e ha dato vita a un business pubblicitario ad alto margine, in cui i brand che vogliono apparire più visibili all’interno dell’applicazione possono pagare per avere i loro annunci in rilievo. Grandi brand come Chobani e Launchables stanno puntando molto proprio su questo tipo di pubblicità.

Alla fine del 2022, erano 150 milioni gli americani che facevano la spesa regolarmente o saltuariamente su app come Instacart e Amazon Fresh

Ripercorrendo la storia di Instacart

Instacart fu fondata nel 2012 da Apoorva Mehta, un ex dipendente di Amazon. Mehta, insieme ai co-fondatori Brandon Leonardo e Max Mullen, ha lanciato il servizio a San Francisco, e da lì ha visto una crescita esplosiva. La loro idea era semplice ma rivoluzionaria: permettere agli utenti di fare la spesa online da vari supermercati locali e riceverla direttamente a casa entro un paio d’ore. Instacart opera principalmente come intermediario tra i clienti e i negozi di alimentari. Gli utenti si registrano sull’app, selezionano il proprio negozio preferito, e poi compilano il carrello con i prodotti che desiderano. Una volta effettuato l’ordine, gli shopper di Instacart che lavorano come freelance raccolgono gli articoli e li consegnano ai clienti.

Il modello di business si basa su un mix di ricavi provenienti dagli utenti che ordinano la loro spesa a domicilio e brand che pagano per essere più visibili sulla piattaforma. Normalmente i clienti pagano due volte il servizio: in parte con la tariffa di consegna e in parte con il markup applicato su molti prodotti, che presentano prezzi più alti rispetto a quelli effettivamente praticati nel supermercato. Inoltre esiste la possibilità di sottoscrivere l’abbonamento Express, che offre consegne gratuite in cambio di un prezzo fisso annuale.

Il mercato americano, però, è molto difficile da navigare in questo momento. La concorrenza principale proviene da Amazon Fresh, il servizio di Amazon che permette di fare e ricevere la spesa a domicilio in tempi estremamente brevi -talvolta meno di un’ora-. Dal momento che Amazon ha già milioni di clienti affezionati con l’app installata sui propri device, oltre che una forte reputazione, per Instacart si sta rivelando difficile vincere la lotta per la leadership del mercato.

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