News
Javier Milei: dollarizzazione non negoziabile. Ma il 10 dicembre non…
Un assunto non negoziabile. È questo il modo in cui uno dei primi comunicati di Javier Milei da presidente dell’Argentina definisce la questione della banca centrale Argentina, o meglio, della sua abolizione. Sarà però, questo è quanto emerge dai sottintesi e dai meno sottintesi comunicati alle banche del paese, di un obiettivo di medio periodo. E in aggiunta, il 10 dicembre prossimo, quando Milei diventerà ufficialmente presidente dell’Argentina, rimarranno comunque in vigore le importanti limitazioni alla circolazione dei capitali da e per l’estero e – cosa più importante – in valuta pregiata.
È già fallimento per il vulcanico neo-presidente argentino? È un bagno di realtà? Oppure è il normale svolgersi delle cose, l’unico che possono aspettarsi anche i più radicali sostenitori di Milei, tanto in patria quanto all’estero? Anche i mercati sembrerebbero avere qualche indecisione a riguardo. Guardiamo cosa dicono, in particolare sul lato del Forex.
Quanto sarà dura la cura Milei?
Il paziente è moribondo e c’è sicuramente il rischio di ammazzarlo. Quel paziente è il barcollante stato delle casse pubbliche argentine, per le quale forse più di Javier Milei servirebbe un intervento, almeno per chi crede, del divino. C’è tanto che Javier Milei ha promesso, innescando il solito circolo di scettici che credono poco – e ne avrebbero ben donde – ai politici in generale, figurarsi di quelli a capo di uno stato fallito più e più volte come l’Argentina.
Il commento economico è però anche l’arte del capire il possibile, incrociando le volontà di chi comanda con gli spazi effettivi affinché tali volontà si compiano. Sul tavolo c’è l’abolizione della banca centrale argentina, o come ha scritto lo stesso ufficio di Javier Milei, el cierre, la chiusura.
Milei l’ha definita un assunto non negoziabile, cercando di contenere il chiacchiericcio che riterrebbe uno dei cardini della sua campagna elettorale poco più di uno specchietto per le allodole. Tra il dire e il fare, per quanto perentorie appaiano certe dichiarazioni, c’è sempre il mare. E per capire quanto sia profondo, non si può che guardare ai mercati.
Quanto vale un peso oggi?
Difficile, anzi impossibile saperlo dal cambio ufficiale, che rimarrà in piedi anche oltre il 10 dicembre e dunque per almeno una parte dell’era Milei. Possiamo guardare però al mercato USDT (Tether, la più importante delle stablecoin ancorate al dollaro) sulle piazze crypto sufficientemente liquide.
Dopo il picco di 1.120 mentre gli argentini si recavano a votare, rimaniamo ben al di sotto della soglia simbolica dei 1.000 peso per singolo dollaro, e precisamente in quota 950 circa. È il segnale che non solo la fiducia verso Milei è alta – lo testimonia anche l’andamento dei bond così come quello delle borse argentine – ma anche che i mercati siano più che disposti a dargli il tempo di cui ha bisogno. A patto però che si vada avanti.
Il peso, a meno di una ferma opposizione da parte di chi occupa ora – in maggioranza – il congresso argentino, dovrebbe davvero andare in pensione. E chi pensa di far pesare i propri voti, deve fare i conti con un paese che ha votato per più della metà per chi non ha fatto mai mistero di voler prendere questa strada.
Sarà una partita complicatissima sul piano politico e anche su quello economico, per il quale Milei – almeno a guardarla con occhiali il meno ideologici possibile – si sta preparando anche mettendo a freno l’irruenza con la quale ha condito tutta la sua campagna elettorale.
Qualcuno si sentirà tradito, ma i cavalli si giudicano sempre o quasi all’arrivo, e mai o quasi mai alla partenza. Pena il trasformare uno dei più grandi upset della storia elettorale del mondo nell’ennesima questione di tifo che poco guarda ai problemi concreti.