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L’eco di Jerome Powell affonda le borse | USA in profondo rosso
Jerome Powell non cambia linea. Borse USA sotto pressione dopo che il presidente di Federal Reserve ha reiterato quanto detto pochi giorni fa a margine del FOMC: i mercati non dovrebbero aspettarsi dei tagli ai tassi già a partire da marzo, dato che Fed vuole essere certa o quasi del fatto che si potrà tornare, all’attuale livello di restrizioni di politica monetaria, verso il 2% di inflazione. Niente di nuovo, ma i mercati sono comunque nervosi a sufficienza da reagire a notizie e annunci che non lo erano.
Un Jerome Powell molto duro, per i suoi standard, che lancia anche frecciate al governo USA: l’attuale situazione è insostenibile, con un debito pubblico che cresce molto più rapidamente dell’economia, ripetendo al tempo stesso che Federal Reserve non ha alcuna intenzione di farsi influenzare dalle elezioni presidenziali previste per il 2024. Anche qui niente di nuovo, per quanto qualcuno ci creda poco: ed ecco che il profondo rosso è servito: SPX500 male, gli altri malissimo, in particolare Russel 2000, che raccoglie anche società quotate con cap ridotto e che sono, evidentemente, più sensibili ai venti hawkish che spirano da Washington.
Jerome Powell veste i panni del duro
Il riflessivo Jerome Powell sembra aver cambiato ritmo, almeno nelle dichiarazioni. I mercati dovranno abituarsi all’idea che non ci saranno tagli a marzo, a meno di dati straordinari in termini di inflazione e di mercato del lavoro. Qualcosa che appunto era stato già pronunciato in occasione del FOMC del 31 gennaio e che ora, a una settimana di distanza, viene ripetuto in mondovisione. Mentre la Cina arranca e mentre l’Europa tiene grazie a pochi ma eroici titoli, le borse americane fanno registrare, già a metà sessione, una performance da incubo.
Che si tratti di mercati troppo reattivi a qualunque tipo di notizia, in una fase di estremo nervosismo, o di mercati che avevano già dimenticato quanto affermato poco fa, cambia in realtà poco: sono bastate parole pronunciate a mercati chiusi per scatenare una sorta di panico che ha portato a vendite importanti.
Tutto questo mentre rimane una parte comunque considerevoli di tori che non ritengono che il progetto di medio periodo sia invalidato dall’eventuale assenza di tagli già in marzo.
Con un piccolo cambio di paradigma: il 31 gennaio stesso Jerome Powell aveva ricordato che l’inflazione che torna verso il 2% potrebbe bastare da sola a invitare Fed a tagliare i tassi. Ovvero… le buone notizie torneranno a essere buone notizie, senza che un peggioramento del mercato del lavoro debba essere necessariamente auspicabile. Questa è la base per chi continua con il caso bullish per borse che hanno recentemente toccato i loro massimi storici.
La frecciata al governo
Sarà anno di elezioni, il 2024, e anche un personaggio che ha cercato sempre di proporsi come equidistante come Jerome Powell non può che evitare di dire la sua. Gli strali più recenti riguardano il percorso di insostenibilità delle politiche fiscali: gli USA stanno spendendo troppo e accumulando troppo debito affinché questo possa essere considerato come sostenibile. Una questione aritmetica che è sotto gli occhi di tutti ma che quando viene pronunciata da Jerome Powell assume tutta un’altra prospettiva.
Con un promemoria per Washington e per chi cercherà di spodestare Joe Biden: non ci sarà verso di influenzare, con lo spauracchio delle elezioni incombenti, il percorso di Federal Reserve, che continuerà a farsi guidare dai dati e non da quanto avviene a livello elettorale. Qualcosa a cui pochi credono, tenendo conto del fatto che il più importante candidato repubblicano non sembra avere grande simpatia proprio per Jerome Powell, che nel caso di avvicendamento alla Casa Bianca certamente non verrà riconfermato.