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Nigeria tenta recupero di riserve estere. Il vecchio piano ha fallito
Buone nuove dalla Nigeria, dove dopo l’allentamento delle restrizioni all’acquisizione di dollari USA da parte dei soggetti privati le riserve stanno finalmente invertendo il trend. La Nigeria, anche a causa di ritorni decrescenti negli ultimi anni sul petrolio, ha visto le proprie riserve di pregiata valuta estera continuare a scendere fino a raggiungere livelli di guardia importanti. Negli ultimi 12 mesi tali riserve si sono assottigliate del 20%, segnale di una politica che avrebbe voluto ridirigere certe produzioni all’interno del paese, ma che si è rivelata essere piuttosto fallimentare.
Lo spread tra il valore della naira tra cambio ufficiale a cambio al mercato nero si è assottigliato, ma secondo le quotazioni più recenti comanda comunque un 27% di differenza. Premium che l’attuale governo vorrebbe assottigliare e del quale il recente programma di riapertura al mercato Forex anche per tanti soggetti privati potrebbe essere medicina forse definitiva.
Le restrizioni funzionano poco e male
Non è stato soltanto il caso della Nigeria, ma anche il caso della Cina e della Russia, dove nonostante differenze importanti in termini strutturali, le restrizioni alla circolazione di capitali e all’accesso al dollaro USA hanno funzionato poco e male. La situazione in Nigeria – complice anche un rigoglioso mercato nero dove è possibile acquistare dollari anche in grandi quantità – è però forse la peggiore di tutte. Lo spread tra cambio ufficiale e cambio ufficioso è arrivato in alcune fasi anche al 100%, segnalando così il fallimento delle politiche restrittive.
Politiche restrittive che erano state annunciate come più che ambiziose: le restrizioni all’accesso al dollaro USA anche per il pagamento di certi import fondamentali per il paese avrebbero dovuto, almeno secondo il governo, favorire lo spostamento di tali produzioni verso l’interno del paese. Spostamento che però non è mai avvenuto e che comunque mai sarebbe potuto avvenire in un arco così ristretto di tempo. La recente riapertura a un regime di semi-libertà, seppur condito da un sistema con cambio ufficiale che però è valido per pochi eletti. Lo spread tra cambio ufficiale e cambio al quale hanno accesso i comuni mortali rimane alto e superiore al 20%.
La gestione centralizzata dei cambi – come racconta la storia tanto lontana quanto recente – sembrerebbe essere quasi sempre destinata a fallire. Anche l’Egitto sta avendo problemi simili, complicati ulteriormente dalla presenza di elezioni a breve che rendono molto poco appetibile per il governo prendere decisioni fonte di sofferenza immediata per la popolazione, per quanto necessarie per stabilizzare la situazione anche sul lungo periodo.
Il dollaro al centro dei principali problemi dei paesi emergenti
La forza del dollaro è uno dei problemi più diffusi tra le economie emergenti, problema del quale però si è parlato poco a causa di preoccupazioni, almeno per il mondo più economicamente sviluppato , più pressanti. Sarà uno dei nodi da sciogliere e del quale ad esempio il Fondo Monetario Internazionale ha già cercato di occuparsi, anche con pressioni esercitate verso paesi che sono in attesa di fondi dall’istituto internazionale di cui sopra.
La situazione rimane turbolenta, con la crisi dei prezzi, la crisi alimentare e i conflitti in corso che gravano economie già barcollanti e che avevano subito la pandemia con minore resilienza rispetto a quelle cosiddette avanzate.
Sono situazioni da monitorare, anche per il mercato del Forex. L’outlook sul dollaro USA continua a essere positivo, per quanto per molti analisti siamo già alla soglia oltre la quale qualcosa potrebbe rompersi nei delicati equilibri commerciali e di debito delle economie emergenti. Anche in questa ottica BlackRock ha chiesto recentemente una riforma del modus operandi del Fondo Monetario e della Banca Mondiale, in ossequio a una situazione economica che non si era mai vista prima.