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Sciopero Detroit e shutdown USA giocano contro il dollaro

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Ci sono due problemi interni che potrebbero giocare contro il Dollaro USA e in interruzione a una corsa che per molti analisti sarà inarrestabile da qui a fine anno. A parlare è Neel Kashkari dell Fed di Minneapolis, che ha individuato nel possibile shutdown del governo USA e in un eventuale sciopero prolungato del settore automotive due motivi che potrebbero spingere Federal Reserve ad andarci piano con i tassi. O, in altre parole, a evitare quel rialzo aggiuntivo che ormai i mercati hanno prezzato.

È lo stesso rialzo, in aggiunta, che ha spinto il dollaro USA ai massimi annuali verso tutte quelle valute le cui banche centrali si sono invece dimostrate più attendiste, a partire dallo yen, passando per lo yuan e finendo su euro e sterlina. Ma basterà davvero così poco a far cambiare idea a Washington e alla banca centrale che, fino ad ora, è stata quella più ortodossa e con la schiena dritta?

Parla Neel Kashkari di Fed Minneapolis

A rotazione, i vertici delle diverse divisioni regionali di Federal Reserve aiutano i mercati a orientarsi, almeno rispetto all’outlook sulle decisioni di Federal Reserve. Sul piatto – dopo la hawkish pause di settembre – c’è ancora un altro rialzo, tanto ex dot plot quanto secondo le principali banche d’affari e i migliori analisti. Altro rialzo che è però ancora soltanto un’opzione, con lo stesso Jerome Powell che ha invitato i mercati a pazientare, perché le decisioni di Federal Reserve saranno prese dato per dato, riunione per riunione.

Oltre ai dati classici che è lecito ritenere rilevanti, come ad esempio l’inflazione, il mercato del lavoro e le vendite di immobili, ci saranno questioni spot che potranno condizionare le decisioni di Fed, almeno secondo Kashkari.

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Scioperi e shutdown: l’incertezza arriva dagli eventi

A portare incertezza – e possibili rallentamenti – all’interno dell’economia statunitense sono due questioni che stanno da tempo occupando le prime pagine dei giornali, tanto finanziari quanto generalisti. Abbiamo gli scioperi degli operai dell’automotive, ancora lontani da una solauzione e che hanno visto addirittura partecipare il Presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden. Situazione che coinvolge i tre produttori maggiormente sindacalizzati, Ford, Stellantis e GM e che riguarda tanto le richieste di aumento salariale, quanto le garanzie sulla futura occupazione una volta che l’EV sarà parte rilevante della produzione.

L’altra spada di Damocle che pende sulla testa dell’economia USA e dunque anche del dollaro USA è lo shutdown che è ormai all’orizzonte e che diventerà realtà nel caso di mancato accordo tra i due partiti che dominano la politica USA. Anche questo potrebbe causare, almeno secondo Kashkari, un rallentamento dell’economia USA – e anche qui, di conseguenza, una Fed più dovish di quanto si sia mostrata nel corso dell’ultima uscita pubblica di Jerome Powell.

Il 60/40

All’interno della lettera – rituale – di Kashkari c’è anche altro: un’analisi dei due scenari possibili da qui in avanti per quanto riguarda i tassi. Kashkari afferma che, al 60%, Fed potrà riportare l’inflazione al 2% senza causare grossi danni all’economia e senza, dunque, procedere con ulteriori rialzi significativi.

Al 40% c’è il peggiore dei casi: inflazione embedded, e quindi rialzi dei prezzi oltre il preventivato e la seria possibilità che siano necessari altri rialzi. Ipotesi, la seconda, che continua a tenere sulle spine i mercati e che limita ogni serio tentativo di ripresa e di rimbalzo.

Il dollaro – che tutti vedono con outlook bullish per i prossimi mesi – sarà uno dei termometri dell’andamento dell’economia globale: vederlo su livelli più alti potrebbe essere il segno di ulteriori difficoltà su scala mondiale. E chi spera in un soft landing a questo punto ha iniziato a sperare in una riduzione della vivacità di DXY.

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