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Secondo la IEA, l’OPEC presto non avrà più il controllo dei prezzi globali del petrolio

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Secondo l’International Energy Agency (IEA), il potere dei paesi OPEC+ di influenzare il prezzo globale del petrolio sta diminuendo e potrebbe diventare poco significativo già entro la fine di questo decennio. Questo è l’effetto combinato di due elementi: da una parte il calo della domanda da parte delle economie avanzate, che ormai hanno già passato il picco nel consumo di questo e di altri combustibili fossili; dall’altra parte la forte crescita della produzione di petrolio nei paesi non-OPEC, che continuano a vedere grandi investimenti nelle infrastrutture per l’estrazione. L’IEA è tendenzialmente ottimista nelle sue stime, quindi i dati sono da prendere con cautela, ma indubbiamente i numeri su cui si basa l’analisi sono fondati.

L’IEA si è spinta così tanto in là da dire che, quando arriverà il 2030, il surplus di offerta di petrolio sarà talmente grande in un periodo normale da essere secondo soltanto a quello che si è registrato durante la pandemia Covid-19. In quell’occasione, qualcuno ricorderà come il calo del prezzo del greggio fu talmente drastico da portare a prezzi negativi nelle ultime ore di scambio di alcuni contratti futures. Se la previsione dovesse essere corretta, significherebbe che anche l’equlibrio geopolitico mondiale basato sull’importanza del petrolio nell’economia andrebbe incontro a un ripristino.

I paesi non-OPEC sono quelli da cui ci si aspetta il maggiore aumento dell’offerta tra qui e il 2030

Pochi anni rimasti per il dominio dell’OPEC, dice la IEA

In questo momento il prezzo del petrolio è mantenuto artificialmente alto dalla decisione dei paesi OPEC di ridurre i livelli di estrazione al di sotto della capacità produttiva del gruppo, ma presto nemmeno questo potrebbe essere sufficiente per fermare il calo dei prezzi. La IEA prevede che, entro il 2030, la produzione mondiale di petrolio sia superiore alla domanda di 8 milioni di barili al giorno. Nel frattempo la domanda dovrebbe continuare a calare anche in seguito, soprattutto grazie al fatto che i mercati emergenti stanno abbracciando velocemente le innovazioni portate dai veicoli elettrici e dall’energia rinnovabile. A quel punto, la IEA ritiene che anche i paesi OPEC sarebbero costretti ad abbandonare la strategia di tagli alla produzione perché non sarebbe sufficiente a influenzare i prezzi in modo significativo.

I tagli alla produzione che l’OPEC+ ha approvato a fine 2023, e che sono stati protratti fino al 2025 secondo le decisioni dell’ultimo incontro dell’organizzazione, valgono circa il 5,7% della domanda mondiale di petrolio. Anche se questo non è stato sufficiente a garantire che il prezzo del barile rimanesse stabilmente sopra gli 80$, come inizialmente auspicato dall’Arabia Saudita e dalla Russia, non c’è dubbio sul fatto che la decisione abbia contribuito a non causare un affossamento peggiore dei prezzi. Detto ciò, i paesi non-OPEC che producono petrolio sono sempre di più e l’organizzazione sta anche faticando a mantenere i membri al suo interno.

Le variabili che peseranno di più sulla domanda nei prossimi anni sono le vendite di auto elettriche in Cina e la domanda di trasporto aereo in India

L’avvento dei paesi non-OPEC

Stati Uniti, Messico e Canada rimangono i tre principali paesi non-OPEC che contribuiscono all’offerta mondiale di petrolio e a mitigare le decisioni prese dal cartello. Anche il Brasile sta diventando un produttore sempre più importante: malgrado sia diventato un membro osservatore, non è parte dell’OPEC a tutti gli effetti. Ci sono grandi speranze per la Guyana, dove le imprese americane hanno scoperto grandi riserve di petrolio e hanno ottenuto le licenze per trasformare il paese in uno dei player più importanti al mondo nel settore. Con le liberalizzazioni in Argentina ci si aspetta che anche le imprese energetiche locali comincino a essere più importanti sullo scenario globale, mentre la possibile fine dell’era di Maduro in Venezuela potrebbe accelerare l’aumento della produzione mondiale di greggio.

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