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Il Brasile si unirà all’OPEC+: a gennaio l’inizio dei lavori

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Il cartello OPEC+ potrebbe presto vedere l’entrata di un nuovo membro: si tratta del Brasile, che a gennaio inizierà i lavori per unirsi al cartello degli esportatori. La notizia è stata annunciata da Alexandre Silveira de Oliveira, Ministro delle Miniere e dell’Energia brasiliano. Si tratta di un annuncio che può cambiare molto l’equilibrio del mercato, soprattutto considerando che il Brasile è stato insieme agli Stati Uniti uno dei due grandi moderatori del mercato in questi anni. Tutte le volte che l’OPEC+ ha ridotto l’offerta di petrolio per fare aumentare i prezzi, il Brasile e gli USA l’hanno aumentata per approfittare dei margini più alti e calmierare il trend rialzista.

La decisione arriva in un momento particolarmente delicato per due motivi: da una parte il fatto che stia iniziando il COP 28, un evento interamente dedicato alla transizione climatica e al graduale addio ai combustibili fossili; il secondo, e forse il principale, è che proprio nella giornata di ieri il cartello OPEC+ abbia deciso di ridurre ulteriormente i livelli di produzione di petrolio. In questo modo il Brasile sembra passare dalla parte di chi vorrebbe effettivamente tenere bassa l’offerta e mantenere artificialmente alti i prezzi del petrolio.

presentazione della notizia su interesse del Brasile a entrare nel cartello OPEC

La candidatura arriva a sorpresa

Il Brasile non sembrava interessato a far parte del cartello OPEC+, per cui l’annuncio di voler iniziare i lavori è arrivato a sorpresa. La grande nazione sudamericana è il nono produttore di petrolio al mondo ed è il più grande in America Latina. Attualmente produce circa 3,6 milioni di barili al giorno, una cifra considerevole che vale circa $30 miliardi all’anno per l’export del paese. Il cartello dei paesi esportatori ha confermato la dichiarazione del Ministro brasiliano, e già da gennaio dovrebbero iniziare gli incontri ufficiali per discutere i dettagli della candidatura.

Per il momento non è ancora chiaro che titolo voglia ricoprire il Brasile all’interno dell’organizzazione. Se Brasilia decidesse di candidarsi come membro a pieno titolo, la candidatura dovrebbe essere votata per maggioranza da tutti gli altri paesi membri; se invece si limitasse al ruolo di nazione associata, il processo sarebbe più rapido. La grande differenza per il mercato internazionale è che, nel caso diventasse un membro a pieno titoli, il Brasile riceverebbe una quota di produzione da rispettare ogni anno. Per i soli associati, che partecipano alle riunioni senza votarle, non sono previsti dei vincoli stringenti sui livelli di output.

foto di un pozzo di petrolio davanti alla bandiera dell'OPEC

Brasile sempre più vicino all’Arabia Saudita

Inacio Lula da Silva, attuale presidente del Brasile, sta da tempo continuando ad avvicinare la propria economia a quella dell’Arabia Saudita. Già nei mesi scorsi era stato firmato un memorandum per aumentare la collaborazione in termini di energia rinnovabile, petrolio e gas naturale. Mercoledì è arrivato un altro accordo per collaborare maggiormente anche sul fronte dell’agricoltura. Infine, il Segretario Generale dell’OPEC, Haitham Al Ghais, ha ricevuto l’Ordine della Gran Croce -la più alta onorificenza presidenziale brasiliana- a ottobre.

Il tutto sembra proprio essere stato pensato per agevolare l’approvazione della candidatura brasiliana. Il cartello OPEC non ammette nuovi membri dal 2018, quando la Repubblica del Congo entrò a far parte del blocco; dopo l’abbandono del Qatar nel 2019, ora sono 13 le nazioni che fanno parte dell’organizzazione. La Guyana, recentemente diventata un grande esportatore di petrolio, ha già deciso di non farne parte. Per il Brasile, invece, sembra che ci sia interesse a poter agire in modo coordinato con i grandi esportatori mondiali.

Laureato in Economia Aziendale all'Università degli Studi di Torino, digital nomad e investitore esclusivamente in azioni. Gestore e chief-analyst del portafoglio azionario di TradingOnline.com. "Anche se difficile da ricordare a volte, un'azione in realtà non è un biglietto della lotteria...è la proprietà parziale di un'azienda" - Peter Lynch

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Walt Disney punta sull’intelligenza artificiale e costituisce un gruppo ad hoc

Per crescere è necessario puntare all’intelligenza artificiale. Per questo Walt Disney ha deciso di creare una divisione apposita per sfruttarla al massimo.

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Walt Disney punta sull'intelligenza artificiale e costituisce un gruppo ad hoc

Walt Disney scommette sull’intelligenza artificiale. L’azienda sta formando un nuovo gruppo per coordinare l’uso delle tecnologie emergenti – tra le quali rientrano l’AI e la realtà mista -, in modo da poter esplorare il loro uso all’interno delle divisioni di cinema, televisione e parchi a tema. 

A guidare il nuovo Office of Technology Enablement sarà Jamie Voris, che in passato, in qualità di chief technology officer di Walt Disney, ha lavorato allo sviluppo dell’app Disney per il dispositivo di realtà mista Apple Vision Pro.  A prendere il posto di Voris come CTO ci sarà Eddie Drake

Alan Bergman, copresidente della Disney Entertainment, ha spiegato che il ritmo e la portata dei progressi nell’IA e della realtà estesa (XR) sono profondi e continueranno ad avere un impatto sulle esperienze dei consumatori, sugli sforzi creativi e sulle attività per gli anni a venire, rendendo fondamentale che Disney esplori le entusiasmanti opportunità e affronti i potenziali rischi. Bergman sottolinea come la creazione di questo gruppo sottolinei la volontà di farlo.

Walt Disney, un gruppo per l’intelligenza artificiale

La nuova unità che verrà istituita all’interno di Walt Disney si concentrerà su alcune aree tecnologiche in rapida evoluzione, come l’intelligenza artificiale e la realtà mista, che fonde i mondi fisico e digitale. Il compito della nuova divisione non si focalizzerà unicamente su singoli lavori, ma cercherà di fare in modo che i progetti di tutta l’azienda si adattino alla sua strategia più ampia.

L’Office of Technology Enablement, che viene lanciato con un team di leadership principale, dovrebbe crescere fino a circa 100 dipendenti.

Varie divisioni all’interno della Disney stanno esplorando applicazioni per la realtà aumentata, che colloca elementi digitali nel mondo reale; la realtà virtuale, che immerge l’utente in un ambiente simulato; e la realtà mista, che combina entrambi. Disney ha costruito competenze in tutta l’organizzazione per capitalizzare la tecnologia emergente.

Ad esempio, Kyle Laughlin, un veterano dell’azienda con un background in realtà aumentata e virtuale e intelligenza artificiale, è tornato in azienda a marzo come vicepresidente senior di ricerca e sviluppo per Walt Disney Imagineering, la forza creativa dietro le attrazioni del parco a tema del gruppo.

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Warren Buffett cede 100 milioni di azioni Apple

Warren Buffett ha ceduto qualcosa come 100 milioni di azioni Apple. Al momento Berkshire Hathaway ha una liquidità record di 325,2 miliardi di dollari.

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Warren Buffett cede 100 milioni di azioni Apple

Warren Buffett continua con il piano delle dismissioni delle partecipazioni detenute da Berkshire Hathaway. La holding, infatti, ha ridotto la partecipazione in Apple e ha aumentato ulteriormente la propria liquidità, che adesso è arrivata al livello record di 325,2 miliardi di dollari.

Da segnalare, ad ogni modo, che Berkshire Hathaway ha registrato un calo del 6% dell’utile operativo, dovuto in gran parte all’aumento delle passività assicurative, tra cui quelle per l’uragano Helene, e alle perdite valutarie dovute al rafforzamento del dollaro statunitense. I numeri sono stati negativi nonostante la migliore redditività della compagnia assicurativa per auto Geico, dove le richieste di risarcimento sono diminuite e le spese determinate dagli incidenti sono risultate essere in calo. Buone notizie anche dal fronte della ferrovia BNSF, i cui profitti sono aumentati e da Berkshire Hathaway Energy, dove le spese operative sono diminuite.

La società guidata da Warren Buffett ha comunicato di aver ceduto 100 milioni di azioni Apple, pari al 25% dei titoli che aveva in portafoglio durante l’estate. In questo momento in portafoglio la holding ha 300 milioni di titoli. Complessivamente Buffett ha ceduto 600 milioni di azioni della società che produce gli iPhone: continua, ad ogni modo, ad essere la più grande partecipazione azionaria di Berkshire Hathaway.

Le altre cessioni effettuate da Warren Buffet

Tra le cessioni che Warren Buffett ha effettuato era compresa anche un’ampia partecipazione in Bank of America.

Nel corso del mese di maggio Buffett aveva spiegato che si aspettava che Apple potesse rimanere il più importante investimento di Berkshire Hathaway: la vendita ha una motivazione fiscale. L’aliquota fiscale del 21% sui guadagni, con ogni probabilità, è destinata ad aumentare.

L’utile operativo delle aziende che fanno capo alla holfing guidata da Buffett è sceso a 10,09 miliardi di dollari, o circa 7.019 dollari per azione di classe A, dai 10,76 miliardi di dollari dell’anno precedente.

L’utile della sottoscrizione assicurativa è diminuito del 69%, ammaccato dall’aumento dei reclami, dai 565 milioni di dollari di perdite da parte di Helene e da un accordo giudiziario fallimentare relativo all’ormai chiuso fornitore di talco Whittaker Clark & Daniels.

Questo ha più che compensato un quasi raddoppio del profitto di sottoscrizione a Geico.

Berkshire ha anche proiettato da 1,3 miliardi di dollari a 1,5 miliardi di dollari di perdite al lordo delle imposte nel quarto trimestre a causa dell’uragano Milton, che ha colpito la Florida in ottobre.

L’utile netto è stato di 26,25 miliardi di dollari, o 18.272 dollari per azione di classe A, rispetto a una perdita di 12,77 miliardi di dollari, o 8.824 dollari per azione, di un anno prima, quando il calo dei prezzi delle azioni ha ridotto il valore degli investimenti di Berkshire.

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PepsiCo, a New York rigettata la causa sull’inquinamento dell’ambiente

A New York è stata rigettata la causa contro PepsiCo, accusata di inquinare l’ambiente con le sue bottiglie di plastica.

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PepsiCo, a New York rigettata la causa sull'inquinamento dell'ambiente

PepsiCo vince a New York. È stata, infatti, rigettata la causa che vedeva imputata l’azienda di un’accusa particolarmente pesante: inquinare l’ambiente con degli imballaggi in plastica monouso. Il giudice ha aspramente criticato Letitia James, procuratore generale dello Stato, per aver portato avanti il caso.

Emilio Colaiacovo, giudice della Corte Suprema dello Stato di Buffalo, ha preso una posizione ben precisa, sostenendo che Letitia James non è riuscita a dimostrare che PepsiCo abbia creato un disturbo pubblico e che avrebbe dovuto avvertire i consumatori sui rischi per la salute e l’ambiente della plastica dei suoi brand.

Nel corso del mese di novembre 2023, James ha fatto causa alla PepsiCo e alla sua divisione Frito-Lay cercando di dimostrare che il colosso delle bibite avrebbe messo a repentaglio l’approvvigionamento idrico di Buffalo producendo il 17% dei rifiuti di plastica che erano stati trovati nel fiume Buffalo.

Secondo James, PepsiCo avrebbe ingannato il pubblico sui loro sforzi per combattere l’inquinamento da plastica.

PepsiCo, la causa è stata rigettata

Il giudice, però, non è stato dello stesso parere del procuratore generale, ritenendo che sarebbe stato contrario ad ogni norma di giurisprudenza consolidata punire PepsiCo. Sono, infatti, le persone che consumano la bevanda ad ignorare le leggi che proibiscono di gettare dei rifiuti.

Tra l’altro James ha ignorato il rifiuto di una corte d’appello del 2023 di ritenere Sturm Ruger responsabile quando i criminali usano le sue pistole. Il predecessore di James, Eliot Spitzer, aveva portato avanti quel caso.

La causa di James è una delle tante portate avanti dai governi statali e locali e dei gruppi ambientalisti contro le aziende che utilizzano la plastica. La contea di Los Angeles ha intentato una causa simile contro PepsiCo e Coca-Cola sul loro imballaggio in plastica monouso.

Ricordiamo che i marchi di PepsiCo includono Cheetos, Cracker Jack, Doritos, Fritos, Gatorade, Lay’s, Lipton, Mountain Dew, Ocean Spray, Pepsi, Quaker, Ruffles e Tostitos.

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Trimestrali Amazon: ricavi a 158,9 miliardi, sopra aspettative. Apple tiene.

Apple e Amazon presentano le trimestrali. Per il gruppo fondato da Jeff Bezos è un ottimo risultato. Cupertino tiepida.

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APPLE AMAZON TRIMESTRALI

Trimestrali di fuoco per Amazon, con il titolo $AMZN che in after hours recupera il 5% dopo una giornata terribile per quasi tutto il comparto azionario tech negli Stati Uniti. Il gruppo ha fatto registrare una revenue di 158,9 miliardi contro il 157,29 del consenso degli analisti. EPS a 1,43$ contro un ben più modesto 1,16$ delle aspettative. Sono tra le migliori trimestrali di questo ciclo, che trovano inoltre una prateria davanti per il rialzo del titolo, dopo che Amazon aveva chiuso a quasi -4% durante i normali orari di scambio.

A scatenare l’entusiasmo dei trader tardivi anche le proiezioni per il prossimo trimestre, con un range dichiarato dall’azienda che va dai 181,5 miliardi di dollari fino ai 188,5 miliardi di dollari, anche questo superiore a quanto avevano previsto gli analisti. Buone anche le previsioni sull’operating income, con l’azienda che punta ai 20 miliardi.

Sono arrivate poco dopo anche le trimestrali di Apple, con il gruppo che come previsto soffre in Cina ma che recupera ampiamente in altri comparti e che fa registrare delle ottime performance per iPhone, prodotto di punta dell’azienda e che complessivamente era la maggiore fonte di preoccupazione per le performance del gruppo, che dovranno comunque essere confermate nel corso dei due prossimi trimestri, storicamente più importanti per questa tipologia di prodotti.

Tech respirano: Amazon è ok

Dopo il profondo rosso del mercato oggi a fronte di trimestrali tutto sommato ok anche per Google e Meta, arriva Amazon a offrire un buono spunto per il rimbalzo, che dovrà però essere confermato dalle performance del titolo domani, quando i mercati avranno avuto tutto il tempo di metabolizzare i dati arrivati pochi minuti fa.

Per l’azienda fondata da Jeff Bezos un trimestre da ricordare, date anche le condizioni generali del mercato, le preoccupazioni per una domanda dei consumatori che potrebbe sbattere contro la recessione e di un settore tech che dopo la grande corsa del 2024 ha oggi sul tavolo più dubbi che certezze.

Amazon è stata la terza per performance tra le magnifiche sette nel corso di un 2024 che ha visto delle ottime performance sia per Meta sia invece per Nvidia, con la seconda che anche oggi è in sofferenza dopo i dubbi degli investitori sulla possibilità per i grandi gruppi di continuare a foraggiare investimenti nel settore AI a fronte di ricavi che sono per ora molto lontani.

Apple ok, nonostante lo spauracchio Cina

Preoccupazioni per Apple che per il momento appaiono come esagerate, per quanto il gruppo abbia fatto registrare una performance di molti inferiore in Cina. 15,03 miliardi di dollari incassati nell’area Greater China, contro aspettative già relativamente limitate a 15,8 miliardi.

Bene comunque iPhone, che fa registrare ricavi per 46,22 miliardi di dollari, contro i 45,04 miliardi di dollari delle previsioni. Il titolo non ha mostrato però per il momento la forza di tornare quantomeno sui livelli di apertura della sessione odierna.

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Le azioni di Donald Trump perdono fino al 20%. Giornata folle a Wall Street. Male NASDAQ e S&P 500

Brutta giornata per le azioni di Donald Trump. Volatilità in aumento fino a elezioni?

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DJT CROLLO

Le azioni di Trump Media & Technology Group – $DJT – perdono quasi il 10%, dopo aver toccato ribassi superiori al 20% e dopo essere state sospese dalle contrattazioni più volte per eccesso di volatilità. Viene cancellata così una parte importante dei gain di un titolo che almeno fino alle elezioni sarà una sorta di opzione sul risultato della tornata elettorale del 5 novembre, durante la quale Donald Trump proverà a riconquistare la Casa Bianca. Una scommessa binaria costellata di enorme volatilità che potrebbe continuare, in una direzione però più precisa, una volta che i risultati elettorali saranno nella piena disponibilità di tutti.

Si tratta comunque di uno dei giorni peggiori di sempre per una compagnia che nel corso del 2024, seguendo le vicissitudini del candidato repubblicano, ha vissuto swing importanti di prezzo e adatti soltanto agli speculatori più incalliti, che possono fare a meno anche di indicazioni di carattere economico per prender posizione.

Potrebbe andare a zero?

Di discussioni, anche accese, sul futuro del gruppo almeno in termini di quotazione azionaria, se ne fanno diverse e c’è chi si è spinto fino a considerare come possibile l’azzeramento della capitalizzazione di mercato nel caso in cui Trump dovesse uscire sconfitto dalle urne.

Le perdite di oggi, per quanto in via di recupero, si sono verificate all’interno di una sessione negativa dopo le principali trimestrali del settore tech – arrivate con dati sì positivi, ma costellate di preoccupazioni per gli investimenti futuri. NASDAQ perde oltre il 2% nel suo indice più rappresentativo, S&P fa poco meglio in una giornata di profondo rosso, spinta anche da dati PCE non convincenti in termini di conclusione della lotta tra Federal Reserve e inflazione. La settimana di avvicinamento alle elezioni potrebbe essere più che volatile non solo per $DJT, ma per tutto il comparto azionario statunitense.

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