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UBS taglia il rating a 6 azioni di Big Tech: previsto forte calo del tasso di crescita

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UBS ritiene che per Big Tech il 2024 sarà un momento molto difficile in termini di crescita, e la banca svizzera taglia il rating a 6 aziende tra le più importanti del settore: Apple, Amazon, Alphabet, Meta, Microsoft e Nvidia. A dare il comunicato è un gruppo di analisti guidato da Jonathan Golub, secondo il quale ci sarà una grande differenza tra le aspettative di crescita dei profitti da parte del mercato e l’effettivo tasso di crescita che sarà riportato da Big Tech. In un momento in cui i grandi colossi tecnologici si apprestano a riportare i loro dati relativi al primo trimestre dell’anno, la notizia del downgrade ha rapidamente fatto il giro di Wall Street.

In ogni caso non sembra che la notizia abbia immediatamente avuto impatto sui mercati: al momento soltanto Meta ha aperto la giornata in ribasso tra i titoli menzionati da UBS, con Alphabet e Amazon che invece si trovano particolarmente in territorio positivo. La banca svizzera ha passato il rating di queste società da “overweight” a “neutral“, indicando che in ogni caso non ci si aspetta un calo significativo del prezzo dei titoli. Il momento è comunque significativo perché UBS è stata la prima grande banca a parlare in modo pessimista delle prospettive per i titoli tech nel 2024, il che porta a chiedersi se rimarrà un caso isolato o se preparerà il terreno ad altri interventi di questo genere.

Meta, Alphabet e Google riporteranno i loro dati trimestrali questa settimana

La spiegazione degli analisti di UBS

Come spiegato da Jonathan Golub, il motivo di questo downgrade non sarebbe legato a valutazioni esagerate o a dubbi sulla redditività degli investimenti in intelligenza artificiale. Sarebbe più che altro il risultato di forze cicliche del mercato, tra cui ad esempio il fatto che in questo momento non sembra essere in vista un taglio significativo dei tassi della Fed. Dopo gli ultimi dati sull’inflazione che hanno mostrato come la pressione sui prezzi negli Stati Uniti sia ancora molto alta, già diversi analisti hanno iniziato a rivedere le loro previsioni sull’andamento dei mercati. Attualmente il consensus dei mercati è che i profitti di Big Tech crescano di circa il 40% nel Q1 2024 rispetto al Q1 2023: una previsione molto ambiziosa, che potrebbe portare a rintracciamenti ribassisti importanti nel caso in cui non si avverasse.

Il team di analisti di UBS ha anche parlato in modo favorevole delle prospettive per le altre imprese tech, per le quali invece ci si aspetta un anno molto positivo. La banca evidenzia come queste aziende abbiano approfittato meno del cosiddetto “COVID-boom” che ha portato Big Tech ad anticipare la crescita prevista negli anni successivi, avendo dunque più margine per vedere aumentare ricavi e profitti nel 2024. Secondo UBS, la crescita degli utili per azione del settore tech -escludendo le sei aziende di Big Tech- sarà del 25,5% tra qui e il primo trimestre del 2025; per quanto riguarda le sei azioni di cui è appena stato abbassato il rating, invece, ci si aspetta una crescita del 15,5%.

UBS ritiene che gli utili di Big Tech si stiano normalizzando dopo un boom nella pandemia e un contraccolpo nel 2023

Grande attesa per i dati trimestrali

Questa settimana molte delle grandi aziende tech statunitensi pubblicheranno i loro dati trimestrali, un evento per cui c’è grande attesa da parte di tutti gli investitori al dettaglio e istituzionali. Attualmente soltanto Netflix ha già riportato i suoi risultati, che non hanno brillato. Ora gli occhi sono puntati soprattutto su Meta, Microsoft e Alphabet, che pubblicheranno tutte e tre i loro dati trimestrali nel corso di questa settimana. Stasera sarà invece il turno di Tesla, che è tecnicamente considerata una società tech ma che è legata all’andamento del mercato degli EVs e alle sue caratteristiche specifiche. Le attese sono alte soprattutto perché ci si aspetta che gli utili di Big Tech siano meno connessi a situazioni che stanno preoccupando altri settori, come l’escalation in Medio Oriente o il prezzo particolarmente alto dei combustibili fossili nel primo trimestre dell’anno.

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