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Zimbabwe lancia una valuta garantita sull’oro per mettere un freno all’inflazione cavalcante

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Il governo dello Zimbabwe ha deciso di tornare al sistema monetario che i paesi Occidentali hanno abbandonato quasi un secolo fa: quello basato sulla convertibilità tra la valuta nazionale e l’oro. Secondo le indicazioni della banca centrali, ai cittadini verranno dati 21 giorni di tempo per convertire tutta la loro valuta attuale in quella nuova: passato questo periodo di transizione, il tradizionale dollaro dello Zimbabwe lascerà spazio alla nuova valuta chiamata Zig Gold. Secondo le indicazioni fornite dalla banca centrale, anche se l’oro costituirà la maggior parte delle riserve su cui sarà garantito il valore dello Zig Gold, faranno da collaterale anche valute estere e altri metalli preziosi.

Attualmente il paese si trova ad affrontare una crisi di iperinflazione, resa anche più acuta dalle sanzioni statunitensi poste sul presidente Mnangagwa e su diversi altri importanti esponenti del governo. Le misure sono state prese sulla base di accuse di violazione dei diritti umani e corruzione; le sanzioni hanno anche toccato tre delle imprese più grandi del paese, accusate di traffico di esseri umani. La situazione è tutt’altro che semplice per i cittadini, con il tasso d’inflazione che continua ad aumentare: secondo i numeri ufficiali era del 26,5% annuo a dicembre, è aumentato al 34,8% a gennaio, al 47,6% a febbraio e al 55,3% a marzo. Presto potrebbe verificarsi un sorpasso storico, anche se in negativo, con l’inflazione in Zimbabwe destinata a superare quella argentina.

Lo Zimbabwe non è considerato un grande produttore di oro, non essendo tra i 20 principali produttori al mondo

Tentativi di calmare il mercato

A tutte le banche private del paese è stato chiesto di cominciare la conversione di massa dei loro dollari locali in Zig Gold. La banca centrale garantirà un cambio trasparente e libero di oscillare, lasciando che siano domanda e offerta a decretare a quanto oro equivale una certa quantità di Zig. Le banconote andranno da 1 a 200 Zig, cercando di riportare anche il taglio della valuta locale verso una situazione più stabile e in grado di facilitare gli scambi all’interno dell’economia. Nel frattempo continua il crollo del dollaro dello Zimbabwe: in un anno ha perso quasi il 100% del proprio valore rispetto al dollaro americano; oggi il cambio ufficiale è 30.000 ZMD per 1 USD, ma sul mercato nero si arriva anche a 1 USD per 40.000 ZMD.

Secondo il presidente Emmerson Mnangagwa, che ha già provato a lanciare una criptomoneta garantita sull’oro, attualmente la banca centrale detiene 1,1 tonnellate di oro nei suoi caveau e possiede altre 1,5 tonnellate di oro all’estero; attualmente la valutazione totale sarebbe di 194,4 milioni di dollari, a cui si sommerebbero poi altre 100 milioni di dollari in riserve di valuta estera. Le riserve rimangono dunque comunque piuttosto basse per una nazione di 16 milioni di abitanti, specialmente considerando che attualmente il governo ha circa $17,5 miliardi in debiti. A prescindere da come vada questo esperimento, la situazione finanziaria nazionale è ancora al tracollo.

Attualmente in Zimbabwe si estraggono circa 37.000 kg di oro ogni anno

L’oro continua la sua corsa a rialzo

Il momento è sicuramente positivo per una decisione come quella di Mnangagwa, considerando che oggi l’oro ha toccato ancora una volta un record storico. Il prezzo del metallo prezioso continua a volare, trascinato da diversi venti rialzisti: la fiducia verso tagli ai tassi della Federal Reserve, l’instabilità geopolitica in Medio Oriente e un orientamento sempre più favorevole all’acquisto di oro da parte delle banche centrali. Nemmeno i nuovi dati sui non-farm payrolls hanno cambiato l’atteggiamento dei mercati, con l’oro che si appresta a chiudere la settimana di scambi in rialzo del 3,9%. Si tratta della terza settimana consecutiva di rialzi, con il prezzo del lingotto da un chilo che supera attualmente i 74.000$. Il rally delle ultime tre settimane ha aumentato il controvalore delle riserve dello Zimbabwe, ma lascia comunque forti dubbi su cosa potrebbe accadere all’economia nel caso in cui il rally dovesse fermarsi e potenzialmente invertirsi.

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