Intelligenza artificiale, il suo impatto ambientale può penalizzare gli investimenti

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Written by Pierpaolo Molinengo
Attivo come autore dal 1989, si è iscritto all'albo nel 2002, quando ha iniziato ad occuparsi di economia, concentrando dapprima i suoi studi sul mercato immobiliare, fisco e mutui per poi allargare il suo focus sui mercati emergenti e sui rapporti Usa-Russia.
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Quanta energia consuma l’intelligenza artificiale? Quale potenza è necessaria per alimentare l’informatica avanzata e i data center impiegati per sviluppare l’AI? Sono queste alcune delle domande che i principali gestori dei fondi sostenibili stanno ponendo ad Alphabet e a Microsoft.

Siamo solo all’inizio dell’avventura dell’intelligenza artificiale, ma alcune richieste di chiarimento iniziano ad arrivare. Sei dirigenti del settore dei fondi negli Stati Uniti ed in Europa stanno analizzando quale impatto ambientale possa avere il boom dell’intelligenza artificiale. Stando ad alcune stime redatte da Goldman Sachs la domanda di energia elettrica dei data center dovrebbe crescere del 160% entro il 2030. Al momento, secondo quanto riferisce Reuters, nessun degli investitori istituzionali ha preso in considerazione il disinvestimento.

L’impatto ambientale dell’intelligenza artificiale

Uno dei risvolti negativi dello sviluppo dell’intelligenza artificiale è l’aumento dell’emissione di gas serra: l’AI, infatti, richiede la costruzione e l’alimentazione di data center sempre più energivori. Una situazione che ha sollevato non pochi dubbi da parte dei gestori patrimoniali, che vogliono dei portafogli che funzionino bene sia dal punto finanziario che da quello ambientale. La sete di energia delle aziende tecnologiche aumenta di pari passo con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Anche perché insieme al cloud computing costituisce un importante volano di crescita, anche se l’aspettativa di molti osservatori è che l’efficienza dei data center possa aumentare notevolmente.

Molti fondi hanno iniziato ad investire nei titoli tecnologici, perché hanno permesso di portare a casa degli importanti guadagni. E perché, almeno fino ad oggi, hanno emesso meno gas serra rispetto ai titoli delle aziende che operano in altri settori.

Dopo il boom avvenuto mentre c’era la pandemia, gli investimenti che si preoccupano anche di ambiente, del sociale e della governance hanno perso un po’ di popolarità. Ad oggi, però, ci sono qualcosa come 2,24 trilioni di dollari in azioni in una delle categorie ESG più severe: fondi che rientrano nell’articolo 8 e 9 della Legge finanziaria dell’Unione europea. 

Le principali partecipazioni dei fondi di questo tipo sono in Apple, Amazon, Alphabet, Microsoft, Meta Platforms e Nvidia. Gli analisti ritengono che se queste preoccupazioni non dovessero essere affrontate, alcuni di questi investimenti potrebbero essere compromessi.

Eric Pedersen, responsabile degli investimenti responsabili presso Nordea Asset Management, spiega che farà in modo di rendere l’intelligenza artificiale un elemento centrale del suo impegno con le aziende tecnologiche in materia di clima. Se le aziende dovessero allentare gli impegni attuali e quelli futuri a reperire energia rinnovabile, i gestori potrebbero decidere di escluderle da alcuni dei fondi definiti in modo più rigoroso.

I grandi cambiamenti introdotti dall’intelligenza artificiale

Eric Pedersen ha definito l’intelligenza artificiale uno dei maggiori potenziali cambiamenti nella composizione standard di un fondo sostenibile.

Jason Qi, analista senior di ricerca ESG per Calvert Research and Management di Morgan Stanley, ha affermato di aver chiesto alle aziende maggiori informazioni sull’attuale utilizzo di energia. Qi ha citato Microsoft come leader nella divulgazione di dati come gli accordi di fornitura di energia (PPA), ma ha affermato che nessuna azienda stava condividendo quanto lui vorrebbe.

Gli investitori stanno inoltre iniziando a porsi sempre più domande sulle cosiddette emissioni di Scope 3 che emergono dalla catena di fornitura.

La sfida posta dalla crescente domanda di potenza di calcolo e di data center non è passata inosservata alle aziende tecnologiche. Microsoft, ad esempio, ha affermato che le emissioni della sua supply chain sono aumentate del 30,9% nel 2023, e Alphabet ha segnalato un aumento del 13% delle emissioni totali, citando le esigenze di energia e materiali per i data center. Entrambe hanno affermato di trattare le crescenti emissioni come una sfida.

Meta Platforms ha affermato che quest’anno ha compensato completamente le emissioni derivanti dalle sue attività a partire dal 2020, ma le risorse necessarie per l’intelligenza artificiale renderanno molto più difficile raggiungere l’obiettivo di non emettere più gas serra dalla sua catena del valore nel 2030.

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