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Carry trade sullo yuan, in cosa è differente rispetto a quello sullo yen

Il carry trade sullo yuan cinese è differente rispetto a quello sullo yen. Ma perché gli investitori lo continuano ad utilizzare. E quale impatto ha sui mercati azionari?

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Carry trade sullo yuan, in cosa è differente rispetto a quello sullo yen

In più occasioni, in questi giorni, si è parlato delle operazioni di carry trade: il fatto che fossero finanziate in yen ha puntato i riflettori sullo yuan cinese, che viene ampiamente utilizzata come finanziamento a basso costo.

Nel corso del mese di agosto lo yuan ha registrato un rialzo del 2% rispetto al dollaro: la maggior parte dei trader, ad ogni modo, ritiene che le operazioni di carry trade sullo yuan difficilmente si possano sgretolare, almeno nel prossimo futuro.

Ma cerchiamo di capire meglio cosa siano le operazioni di carry trade utilizzando lo yuan.

Carry trade, in cosa consiste

Nel momento in cui effettuano delle operazioni di carry trade, gli investitori prendono in prestito delle valute a basso rendimento – come per esempio sono lo yen giapponese o il franco svizzero – per effettuare degli investimenti nelle attività ad alto rendimento, come ad esempio le valute. Ma possono essere utilizzati anche per finanziare delle operazioni con una leva finanziaria sulle azioni.

Sostanzialmente il carry trade sulle azioni è simile, anche se ha delle limitazioni perché la valuta non è completamente convertibile.

Nella maggior parte dei casi i carry trade vengono effettuati da degli esportatori cinesi che parcheggiano del denaro in dollari. In altri casi, invece, gli investitori stranieri prendono in prestito lo yuan per investire nei mercati della Cina continentale. Vi è poi un’ultima versione dei carry trade, che prevede l’utilizzo dello yuan offshore a basso costo per acquistare delle obbligazioni denominate in dollari e altre valute.

Ma in quale modo si è evoluto il carry trade nel corso degli anni? Per rispondere a questa domanda è necessario ricordare che la Federal Reserve, almeno fino al 2022, ha aumentato in maniera progressiva i tassi. Pechino, al contrario, ha deciso di adottare un approccio leggermente più accomodante in modo da sostenere l’economia in difficoltà: questo è il motivo per il quale i tassi di interesse cinesi, per diversi anni, sono stati più alti rispetto a quelli statunitensi.

Quando i rendimenti in dollari hanno iniziato ad aumentare, gli esportatori cinesi si sono accorti di poter guadagnare fino al 5% annuo nel caso in cui avessero mantenuto i loro guadagni in dollari. Se avessero deciso di passare allo yuan i rendimenti sarebbero stati molto più contenuti.

Il fatto che gli esportatori iniziassero ad accumulare in maniera incontrollata i dollari, ha determinato il deprezzamento dello yuan nel corso del mese di aprile 2022. Questo ha aperto una porta agli investitori stranieri, che hanno iniziato a negoziare swap dollaro-yuan onshore, guadagnando un consistente spread su queste negoziazioni.

Gli investitori stranieri avevano la possibilità di prendere in prestito degli yuan offshore e convertirli in dollari USA o altre valute per investire in azioni e obbligazioni. Gli investitori avrebbero beneficiato dei tassi di conversione man mano che lo yuan si disprezzava, così come del consueto rendimento delle attività.

Carry trade dello yuan, quanto è importante

Secondo gli analisti, è difficile valutare la dimensione complessiva del carry trade in yuan, ma è inferiore a quella delle transazioni globali finanziate in yen, dato che lo yen è una valuta globale più liquida e aperta.

Macquarie stima che gli esportatori cinesi e le multinazionali abbiano accumulato riserve in valuta estera per oltre 500 miliardi di dollari dal 2022.

Le partecipazioni estere in obbligazioni onshore in valuta cinese sono aumentate di 920 miliardi di yuan (128,12 miliardi di dollari) dalla fine del 2022, raggiungendo un livello record a giugno, come hanno mostrato i dati ufficiali. Questa è la prova di ciò che i trader chiamano reverse yuan carry trade, in cui gli investitori esteri traggono profitto dal prestito di dollari USA e dall’assunzione di prestiti in yuan tramite operazioni di swap con copertura valutaria e quindi dall’acquisto di obbligazioni in yuan.

Laureato in materie letterarie e giornalista pubblicista iscritto all'Albo dal 2002 [Link di verifica iscrizione all'Albo]. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin da subito, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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Petrolio stabile sui 70$ al barile dopo scossoni dovuti a economia e geopolitica

Petrolio in saliscendi, che chiude sopra i 70$. Pesano preoccupazioni per il Medio Oriente.

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PREZZO PETROLIO AGGIORNAMENTO

Il vero termometro delle preoccupazioni dei mercati per tutte le questioni più importanti rimane il petrolio, che si appresta a chiudere una sessione USA fatta di gain e di loss in rapida successione, chiudendo la sessione comunque intorno ai 70$. Termometro per le preoccupazioni perché ciò che stanno cercando di prezzare i trader sono due questioni: da un lato il rallentamento possibile dell’economia globale, dall’altro invece la situazione geopolitica in Medio Oriente, che potrebbe avere, in caso di ulteriore escalation, degli impatti rialzisti.

Un gioco fatto però almeno di tre parti: OPEC ha già annunciato di aspettarsi una domanda fiacca per il 2025 e di essere pronta a intervenire nel caso in cui ce ne fosse bisogno. Le altre due, la risposta di Israele e l’andamento economico principalmente di USA e Cina, sono due incognite più difficili da valutare. Il prezzo al barile rimane fondamentalmente più basso di quello di un anno fa e vicino ai minimi annuali.

Gli 80 dollari sono ormai un miraggio

Per quanto ottobre si sia aperto con forti rialzi, che hanno riportato il petrolio quasi in quota 80$ al barile, la situazione oggi sembra essere decisamente diversa.

A rinvigorire oggi un prezzo che sembrava destinato a chiudere sotto quota 70$ sono state le nuove preoccupazioni che arrivano dal Libano. Nonostante le autorità locali abbiano comunicato di aver ricevuto una sorta di rassicurazione da parte degli USA sul rallentamento e stop degli attacchi, sono ripartiti gli attacchi di una certa consistenza da parte di Israele.

Nel frattempo si rimane con il fiato sospeso per quanto riguarda la possibile risposta all’attacco iraniano – che sarà almeno secondo fonti israeliane concentrato sull’infrastruttura militare di Teheran. Eventi che il mercato del petrolio ha già prezzato ma che a seconda dell’intensità potrebbero contribuire a riportare ulteriore volatilità sul prezzo del greggio.

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ASML: rischio multa dal regolatore olandese, che conferma i dialoghi. Titolo a -35% da massimo annuale

Per ASML potrebbero arrivare guai anche dal regolatore.

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ASML REGOLATORE

I guai, per ASML, non sono limitati alle pessime performance in borsa. Secondo quanto è stato riportato da Bloomberg, la società sarebbe in contatto diretto con il regolatore olandese, che starebbe investigando sulle cause che hanno portato alla diffusione dei (pessimi) dati su order book e prospettive future con un giorno di anticipo. Una situazione che ha causato grande sconquasso in borsa, con il titolo che oggi ha perso di nuovo percentuali intorno al 5%.

AFM – che svolge nei Paesi Bassi il ruolo che in Italia è di CONSOB – avrebbe confermato l’avvio dei colloqui, senza però specificare il livello né il punto al quale si troverebbero. È altresì incerta la possibilità che possa essere comminata una multa a ASML. Si tratta di una situazione in evoluzione e che potenzialmente potrebbe pesare ancora di più su un’azienda in grave difficoltà e che si trova a -35% dal massimo annuale di capitalizzazione, complice un settore dei chip che almeno in parte sembrerebbe in forte rallentamento, principalmente per questioni geopolitiche.

ASML cerca di discolparsi

ASML dal canto suo cerca di discolparsi, facendo notare come alla fuga parziale di notizie sia stato fatto seguire il report completo proprio per condizionare al minimo mercati e speculazioni. Un modus operandi fondamentalmente corretto ma che non è chiaro se servirà a evitare una multa salata dal regolatore olandese.

Nel frattempo però il CEO del gruppo, Christophe Fouquet si è scusato pubblicamente con gli investitori durante le trimestrali. Scusa, anche queste, che non è chiaro se riusciranno a placare le polemiche di un pubblico inferocito.

Il commento ai dati di oggi ha confermato quanto si era già letto nella giornata di ieri: il gruppo prevede un 2024 fondamentalmente duro per il settore, con una ripresa che nel caso dovrà essere valutata per il 2026. Un duro colpo a quella che è ormai la ex società più capitalizzata d’Europa, che in giornata è stata superata di nuovo da SAP.

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ASML delude di nuovo in Borsa. In mattinata ha perso il 4,9%

ASML sembra non volersi riprendere. In mattinata ha perso di nuovo terreno e sembra in difficoltà con gli ordini nel breve periodo.

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ASML delude di nuovo in Borsa. In mattinata ha perso il 4,9%

Riflettori puntati su ASML: gli analisti e gli investitori sono preoccupati, dopo che il produttore di apparecchiature per chip ha deciso di tagliare le previsioni finanziarie per il 2025. Per giustificare la sua decisione ha citato la debolezza dei mercati diversi rispetto a quella dell’intelligenza artificiale. Ma soprattutto per colpa del ritardo negli ordini.

Ad ogni modo la posizione di ASML come fornitore essenziale per i produttori di chip non è in discussione. Ma sembrerebbero essere emersi alcuni dubbi sulle vendite a breve termine e, a lungo termine, sulla sua capacità di continuare a crescere più del mercato complessivo.

La modifica delle previsioni di martedì ha innescato la più grande svendita di azioni ASML degli ultimi due decenni.

ASML paga dazio in Borsa

In mattinata le azioni sono scese di un altro 4,9% toccando quota 635,60 euro. Solo per avere un’idea basti pensare che a luglio il titolo aveva raggiunto il suo massimo storico oltre i 1.000 euro ad azione: era stato raggiunto il picco di un’impennata decennale basata sul predominio di ASML sul mercato degli strumenti litografici, necessari per creare circuiti.

Dopo l’impennata della domanda dovuta alla pandemia, ASML ha spiegato che alcuni clienti hanno annunciato ritardi nella realizzazione di nuovi impianti e aggiornamenti, tra cui i produttori di chip logici utilizzati negli smartphone, nei PC e in altri dispositivi.

I produttori che realizzano i chip di memoria utilizzati nei sistemi operativi pianificano meno espansioni, il che significa che possono contare sulle apparecchiature esistenti per più tempo.

Nick Rossolillo, analista di Concinnus Financial, spiega che è necessario porre dei limiti alle aspettative che gli investitori ripongono in ogni singola azienda. Ciò vale in particolar modo per un fornitore di apparecchiature a monte. che fa molto affidamento sui piani di spesa dei suoi clienti del settore manifatturiero.

ASML non ha identificato i clienti che hanno portato al taglio delle previsioni, ma gli analisti hanno esaminato prima TSMC, che produce chip AI per Nvidia e chip per smartphone per Apple.

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Morgan Stanley utili in crescita nel terzo trimestre. Ricavi da investment banking cresciuti del 56%

Numeri in crescita per Morgan Stanley nel terzo trimestre 2024. I ricavi da investment banking superano tutte le aspettative degli analisti.

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Morgan Stanley utili in crescita nel terzo trimestre. Ricavi da investment banking cresciuti del 56%

Terzo trimestre 2024 record per l’investment banking di Morgan Stanley, che ha superato le stime. E che, soprattutto, era riuscita a far salire le sue azioni di oltre il 3,5% prima dell’apertura del mercato.

I profitti delle banche di Wall Street, nel 2024, hanno sostanzialmente beneficiato della ripresa delle emissioni di debito sovrano, delle IPO e delle fusioni. Gli stessi banchieri sono ottimisti su nuove potenziali fusioni e acquisizioni, che contribuiranno a mantenere brillante il mercato dopo due anni di stagnazione.

Ted Pick, Ceo di Morgan Stanley, ha spiegato che la banca è riuscita a beneficiare di un ambiente costruttivo: i titoli istituzionali hanno visto slancio nei mercati e le attività di sottoscrizione hanno beneficiato di un solido coinvolgimento dei clienti.

Ma entriamo nel dettaglio e analizziamo quali sono stati i numeri di Morgan Stanley.

Morgan Stanley chiude brillantemente il terzo trimestre 2024

I ricavi da investment banking di Morgan Stanley sono cresciuti del 56% nel corso del terzo trimestre 2024. Solo per fare un confronto Goldman Sachs ha registrato un aumento delle commissioni pari al 20%, mentre JPMorgan Chase ha registrato un guadagno del 31%.

L’utile di Morgan Stanley è balzato a 1,88 dollari ad azione, superando le previsioni degli analisti che si attestavano su 1,58 dollari.

Secondo i dati di Dealogic, nell’intero settore i ricavi dell’investment banking sono aumentati del 21% nei primi nove mesi dell’anno, con un incremento del 31% in Nord America. I dati hanno mostrato che, nello stesso periodo, Morgan Stanley ha guadagnato la quarta commissione più alta a livello mondiale.

Sharon Yeshaya, CFO di Morgan Stanley, ha spiegato che stiamo assistendo a un aumento dell’attività sui mercati dei capitali azionari guidata dagli sponsor finanziari, non solo per le IPO negli Stati Uniti ma anche in Europa.

I ricavi da trading azionario sono balzati del 21% grazie al rally registrato dalle azioni. I ricavi da reddito fisso sono aumentati del 3%. L’utile della banca d’investimento è salito a 3,19 miliardi di dollari dai 2,41 miliardi di dollari dell’anno precedente.

Macrae Sykes, gestore del portafoglio presso Gabelli Funds, ha spiegato che Morgan Stanley sta ottenendo ottimi risultati in tutti i segmenti: Ted Pick ha costruito rapidamente la leadership della banca e ha guadagnato la fiducia degli investitori.

Aumenta la ricchezza di Morgan Stanley

Grazie a James Gorman – ex Ceo della società, nella quale manterrà la carica di presidente esecutivo fino alla fine del 2024 – Morgan Stanley è riuscita ad ampliare l’attività di gestione patrimoniale ed è riuscita a generare ricavi stabili e bilanciare la volatilità derivante dal trading e dall’investment banking.

Sukes ha spiegato che Morgan Stanley è diventata leader nell’implementazione della tecnologia patrimoniale, il che dovrebbe portare ad una migliore produttività dei consulenti e a guadagni in termini di azioni nella raccolta di asset.

I ricavi della gestione patrimoniale, un’area di interesse fondamentale, sono aumentati a 7,27 miliardi di dollari, rispetto ai 6,40 miliardi di dollari dell’anno precedente. L’azienda ha aggiunto 64 miliardi di dollari in nuovi asset netti e il totale degli asset dei clienti ha raggiunto i 6 trilioni di dollari.

Considerando che le attività della divisione di gestione degli investimenti ammontano a 1,6 trilioni di dollari, Morgan Stanley è più vicina al suo obiettivo di gestire 10 trilioni di dollari di attività dei clienti.

Pick ha spiegato che il totale delle attività dei clienti ha superato i 7,5 trilioni di dollari tra gestione patrimoniale e gestione degli investimenti, sostenuto da mercati azionari dinamici e afflussi netti di attività.

I ricavi della gestione degli investimenti sono saliti a 1,5 miliardi di dollari, rispetto ai 1,3 miliardi di dollari dell’anno precedente, grazie anche all’aumento delle commissioni di gestione patrimoniale e delle commissioni correlate.

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Grazie al picco dei combustibili fossili si aumenteranno gli investimenti sull’elettricità green

Sarà proprio il picco dei combustibili fossili a spianare la strada degli investimenti per ottenere l’elettricità da delle fonti rinnovabili.

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Grazie al picco dei combustibili fossili si aumenteranno gli investimenti sull'elettricità green

Quale impatto avrà sul prezzo del petrolio e sull’uso in generale dei combustibili fossili il maggiore impiego dell’energia elettrica? Come e in quale modo è possibile trovare delle risorse per poter rendere il mondo sempre più green e riuscire a ridurre al massimo le emissioni?

In un recente rapporto l’Agenzia internazionale per l’energia ha cercato di mettere in evidenza cosa sta accadendo. Secondo l’organizzazione siamo sull’orlo di una nuova era dell’elettricità, che comporterà, entro la fine di questo decennio, un picco nella domanda di combustibili fossili per produrla. Secondo l’Iea le eccedenze di gas e petrolio potrebbero spingere gli investimenti nell’energia verde.

Ma cerchiamo di capire cosa sta preoccupando gli esperti del settore in questo momento.

Combustibili fossili, una strada per andare verso l’era dell’elettricità

Siamo davanti ad un mondo che farà sempre più uso dell’elettricità, ma continua ad avere bisogno di combustibili fossili per la sua produzione. Esigenze che si inseriscono in un momento di elevate incertezze determinate dai conflitti che stanno sconvolgendo il Medio Oriente, l’Ucraina e la Russia, aree geografiche nelle quali si estraggono petrolio e gas. Ma non solo: i paesi che rappresentano la metà della domanda globale di energia, nel corso del 2024, hanno in programma delle elezioni.

Fatih Birol, direttore esecutivo dell’IEA, ha spiegato che nella seconda metà di questo decennio la prospettiva di forniture più ampie, o addirittura in surplus, di petrolio e gas naturale, a seconda di come si evolveranno le tensioni geopolitiche, ci porterebbe in un mondo energetico molto diverso.

Nel caso in cui ci dovesse essere un eventuale surplus di scorte di combustibili fossili, almeno secondo Birol, si verrebbero a determinare dei prezzi più bassi: questa situazione permetterebbe ad una parte dei paesi di dedicare più risorse all’energia pulita, facendo entrare il mondo in un’era dell’elettricità.

A preoccupare, però, almeno nel breve termine, c’è la possibilità di una riduzione delle forniture di combustibili fossili, nel caso in cui il conflitto in Medio oriente dovesse interrompere i flussi di petrolio.

Secondo l’AIE i suddetti conflitti mettono in evidenza come le tensioni sul sistema energetico e la necessità di investimenti per accelerare verso una tecnologia più pulita e sicura.

Elettricità, le politiche governative

L’IEA ha messo in evidenza che, nel 2023, è entrato in funzione a livello globale un livello record di energia pulita, tra cui oltre 560 gigawatt (GW) di capacità di energia rinnovabile. Si prevede che nel 2024 saranno investiti circa 2 trilioni di dollari in energia pulita, quasi il doppio dell’importo investito nei combustibili fossili.

Nello scenario basato sulle attuali politiche governative, la domanda globale di petrolio raggiungerà il picco prima del 2030 a poco meno di 102 milioni di barili al giorno (mb/d), per poi scendere ai livelli del 2023 di 99 mb/d entro il 2035, in gran parte a causa della minore domanda del settore dei trasporti dovuta all’aumento dell’uso dei veicoli elettrici.

Il rapporto illustra inoltre il probabile impatto sui futuri prezzi del petrolio qualora venissero attuate a livello globale politiche ambientali più severe per contrastare il cambiamento climatico. Nello scenario politico attuale dell’AIE, i prezzi del petrolio scenderanno a 75 dollari al barile nel 2050, dagli 82 dollari al barile del 2023.

Questa cifra sarebbe paragonabile a 25 dollari al barile nel 2050, qualora le azioni governative fossero in linea con l’obiettivo di ridurre le emissioni del settore energetico a zero entro quella data.

Il rapporto, inoltre, prevede un aumento della domanda di gas naturale liquefatto (GNL) di 145 miliardi di metri cubi (bcm) tra il 2023 e il 2030: questo aumento, ad ogni modo, sarà superato da un aumento della capacità di esportazione di circa 270 bcm nello stesso periodo. L’eccesso di capacità di GNL sembra destinato a creare un mercato molto competitivo almeno finché non verrà risolto, con prezzi nelle principali regioni importatrici in media di 6,5-8 dollari per milione di unità termiche britanniche (mmBtu) fino al 2035.

I prezzi del GNL asiatico, considerati un punto di riferimento internazionale, si aggirano attualmente intorno ai 13 milioni di Btu di dollari.

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