Cina: prezzi immobili ancora giù. Banca centrale tiene i tassi fermi: ancora difficile equilibrio a tutela yuan

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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Prezzi ancora giù per il settore immobiliare cinese – e tra le altre cose in modo più importante rispetto a quanto avevano previsto i mercati. Il piano di stimoli per salvare il settore, in grave difficoltà da tempo, non hanno ancora sortito gli effetti sperati. Nel frattempo PBOC, la banca centrale della Repubblica Popolare Cinese, ha lasciato invariati per il decimo mese dei i tassi a un anno, quelli che sulla stampa specializzata sono considerati i tassi di medio termine.

Questo perché continua il sottile gioco di equilibri tra tutela dello yuan e necessità di far fronte a prezzi che in Cina sono in picchiata da tempo e che sono una delle preoccupazioni principali dei piani alti del Partito. Una situazione che si aggiunge ad altre tensioni in altre parti del mondo e che rende in questo momento il mercato del Forex uno dei più sensibili ai dati macro e soprattutto alle preoccupazioni che tengono sotto scacco i mercati.

I prezzi degli immobili ancora giù in Cina

Tassi fermi in Cina: si sceglie ancora la stabilità

I tassi sono ancora fermi in Cina. Parliamo dei tassi a un anno, quelli di medio periodo, che per il decimo mese consecutivo sono stati lasciati fermi dalla Banca Centrale della Repubblica Popolare. La decisione è stata interpretata come la volontà di continuare con il gioco di equilibri, tanto difficile quanto sottile, per tutelare il valore dello yuan stimolando il giusto un’economia che punta comunque a crescere, secondo le previsioni del partito, di almeno il +5% per il 2024.

I tassi a un anno rimangono per ora al 2,5%, livello sul quale sono appunto fermi da almeno 10 mesi e sul quale potrebbero rimanere ancora a lungo.

La preferenza per ora è ancora accordata alla stabilità del valore dello yuan sulle piazze internazionali: un programma che è stato calato sulla Banca Centrale direttamente dai vertici del partito, che ritengono uno yuan forte o comunque stabile una delle priorità per i prossimi anni di sviluppo, anche internazionale, dell’economia cinese.

Con ordini che arrivano così dall’alto sono in diversi, a nostro avviso a ragione, a ritenere piuttosto stretto il raggio di movimento potenziale della banca centrale piuttosto ridotto.

Nel frattempo però arrivano dall’economia dati che non piacciono a nessuno e tanto meno alle autorità monetarie: i prezzi sono ancora in picchiata, in particolare in quel settore immobiliare estremamente in difficoltà ormai da mesi e che ha perso non solo appeal, ma anche la fiducia dei consumatori e dei risparmiatori cinesi.

Nonostante dati altrimenti buoni, c’è qualche preoccupazione sull’economia cinese

Niente movimenti sui tassi, siamo cinesi

La situazione per le diverse banche centrali è disomogenea. Se a occidente sono tutti lì che aspettano interventi espansivi, in Cina il rischio è esattamente il contrario, così come in Giappone, per quanto appunto anche queste situazioni siano fondamentalmente diverse.

La grande preoccupazione però non è solo per lo yuan, ma per la capacità della Cina di essere ancora in grado di essere la locomotiva della crescita mondiale. Posizione che è stata messa più volte in discussione, con i mercati che almeno prima delle elezioni indiane avevano individuato nell’India a trazione Modi il nuovo cavallo su cui puntare.

Nel complesso, chi si aspettava delle buone notizie dalla Cina, almeno in termini di ritorno alla normalità, sarà costretto a rivedere i suoi piani. La normalità non arriverà dalla Cina, e almeno a sentire i vertici di Fed, dagli Stati Uniti.

Una confusione che può continuare a fare la fortuna dei trader che si sanno muovere in condizioni di turbolenza. Ricordandoci però che almeno una parte di questa turbolenza arriverà dall’Europa, per questioni più politiche però che economiche. L’inflazione – almeno quella italiana – tiene su livelli molto bassi. A preoccupare ora è Parigi

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