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Immobiliare in crisi | Banche regionali a rischio. E i tassi?
Il mattone scricchiola. E fin qui la questione sarebbe poco interessante, perché la questione riguarda principalmente il settore degli immobili commerciali negli USA. A scricchiolare però sono anche le cosiddette banche regionali negli States, che sono le più esposte verso questo comparto e che contano per il 70% del credito del settore. Il quasi crack di New York Community Bancorp è stato soltanto la prima di una serie di difficoltà che travolgeranno il mercato? La questione comincia a far paura anche in Europa e gli investitori – e presto i regolatori – non riusciranno a pensare o parlare d’altro.
Con un mercato quasi fermo, con il costo del capitale che rimarrà elevato almeno per tutto il 2024, a prescindere da eventuali interventi di Federal Reserve per 3 o più tagli da 25 punti base nel corso dell’anno. E sarà dunque il caso di preoccuparsi per il valore delle azioni – e per i più pessimisti per la tenuta delle stesse banche, da qui a qualche mese.
Una situazione esplosiva
Con i mercati che attendono per oggi i dati sull’inflazione USA, c’è comunque spazio per parlare d’altro. Il mercato degli immobili commerciali è quello che sta soffrendo di più una fase lunga (e dura) di tassi di interesse molto elevati, che si combinano con le conseguenze del COVID anche in termini di ripensamento del luogo di lavoro. Fin qui tutto bene, se non fosse che ad essere maggiormente esposte sono banche meno solide, quelle regionali, che se dovessero iscrivere a bilancio le perdite potrebbero iniziare ad avere qualche problema. Perdite che sono anche difficili da valutar, perché con un mercato pressoché fermo manca il segnale fondamentale dei mercati, quello del prezzo.
Le preoccupazioni hanno già raggiunto le principali testate finanziarie mondiali, da Bloomberg a Financial Times, che poche ore fa hanno entrambe cercato di offrire la loro sulla situazione. High for longer è uno dei problemi principali per il settore, che però non può essere facilmente risolto sia perché è difficile che Fed intervenga già a marzo, a meno di dati assai clamorosi dall’inflazione, sia perché certe questioni ci mettono del tempo a trasmettersi a quella che chiamiamo… economia reale. Un mezzo punto o anche un punto intero di tassi più bassi difficilmente possono essere, inoltre, la soluzione per un mercato a corto di capitali e anche di idee su come uscire da una situazione tanto complicata.
Janet Yellen, al Tesoro USA, ha confermato la preoccupazione, affermando davanti al Congresso che ci sono seri motivi per essere in ansia sulla tenuta del settore, tenendo conto sia dei tassi particolarmente alti, sia del fatto che molti dei prestiti dovranno essere rinnovati a breve.
Dato che l’ultima delle grandi crisi è partita, anche se indirettamente, proprio dal settore immobiliare, la situazione ha anche un potere evocativo con cui fare i conti.
Anche in Europa c’è motivo di preoccupazione
Cosa che è stata dimostrata in modo cristallino dalla recente situazione di Deutsche Pfandbriefbank, che potrebbe essere solo la prima di una serie di banche altamente specializzate che potrebbero pagare un prezzo piuttosto alto per la crisi immobiliare in corso. Le grandi banche, vedi Deutsche, hanno cuscinetti sufficienti per ammortizzare perdite anche importanti, ma cosa ne sarà degli istituti che hanno una maggiore esposizione percentuale verso il settore?
Nel frattempo broker come Liquidnet, riporta Financial Times, stanno registrando grande volatilità e grandi volumi sui mercati del debito immobiliare e anche per quanto concerne i trust che si occupano principalmente di questo mercato. Una volatilità che è storicamente piuttosto anomala e che per qualcuno, tra i più ansiosi, è segnale del fatto che anche i mercati non hanno bene idea di cosa potrebbe accadere non sul medio e lungo, ma anche sul breve periodo.