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Prysmian utile del primo semestre 2024 a 402 milioni. Migliorata la guidance
Prysmian ha migliorato la guidance nel primo semestre 2024. L’utile netto è pari a 402 milioni di euro. Aggiornati gli outlook per il 2024.
Prysmian ha approvato i risultati consolidati del primo semestre 2024, dai quali emerge che che i ricavi del gruppo sono stati pari a 7.819 milioni di euro. Il gruppo ha registrato una forte crescita del business Transmission pari ad un +9,5% e Power Grid, che ha registrato un + 1,7%. I ricavi sono diminuiti, invece, sia nel business dell’Electrification sia in quello di Digital Solutions.
Ma entriamo nel dettaglio e scopriamo quali sono i numeri più importanti di Prysmian nel primo semestre 2024.
Prysmian, nel primo semestre 2024 l’utile è pari a 402 milioni di euo
Prysmian ha presentato i numeri del primo semestre 2024 dai quali emerge che l’adjusted Ebitda ha raggiunto 869 milioni di euro – nel primo semestre 2023 erano pari a 878 milioni di euro – con un margine stabile all’11,1%, contro l’11,0% dello stesso periodo dello scorso anno. Per quanto riguarda l’adjusted Ebitda e il margine adjusted Ebitda di Transmission risultano essere saliti rispettivamente a 150 milioni di euro e al 13,8%, mentre l’adjusted Ebitda di Power Grid è aumentato del 31,5% raggiungendo 238 milioni di euro, con un margine del 13,2%.
Tra i dati messi in luce da Prysmian, ricordiamo:
- l’utile netto si è attestato a 410 milioni di euro, contro i 413 milioni di euro del primo semestre 2023;
- l’utile netto di pertinenza degli azionisti della Capogruppo è stato pari a 402 milioni di euro, mentre nel primo semestre 2023 era pari a 405 milioni euro;
- il free cash flow LTM risulta essere aumentato a 889 milioni di euro: è in crescita del 57% rispetto ai 567 milioni di euro registrati a giugno 2023.
Il free cash flow, nel corso del primo semestre 2024, è stato negativo per 165 milioni di euro: a pesare è sostanzialmente l’ordinaria stagionalità del business. Ma è in forte miglioramento.
In calo l’indebitamento finanziario netto di Prysmian, che al 30 giugno 2024 è sceso a 1.321 milioni di euro contro i 2.065 milioni di euro del primo semestre 2023. Prysmian ha beneficiato dell’eccellente generazione di cassa e della conversione parziale del Prestito Obbligazionario Convertibile “soft called”. Ma soprattutto è stato considerato al netto degli outflow correlati al buy back attualmente in corso: l’effetto positivo, in questo caso, è stato pari a 253 milioni di euro. La conversione del Prestito Obbligazionario Convertibile è stata completata nel mese di luglio.
Prysmian effettua l’aggiornamento Esg
Prysmian continua con il proprio impegno verso la decarbonizzazione. Ma soprattutto con il perseguimento degli obiettivi di carattere sociale di medio e lungo termine. Entrando un più nel dettaglio segnaliamo:
- LTM Scope 1 & 2 emissioni GHG sono diminuite del 36% rispetto al valore di riferimento del 2019, con un’ulteriore riduzione di 3 p.p. rispetto al FY 23;
- la percentuale dei ricavi legati ai prodotti sostenibili è salita al 43%, in aumento di 6 p.p. rispetto al FY 23, mentre la percentuale di contenuto riciclato su guaine in PE e rame è salita al 15,2%, in aumento di 2,5 p.p. dal FY23.
L’outlook di Prysmian
Prysmian ha rivisto al rialzo la propria guidance per il FY 24:
- adjusted Ebitda compreso tra 1.900 e 1.950 milioni;
- free cash flow compreso tra 840 e 920 milioni di euro;
- riduzione delle emissioni GHG Scope 1 e 2 del 36% e la riduzione Scope 3 del 13% rispetto al 2019, pur includendo Encore Wire all’interno del perimetro.
Gli obiettivi che si è fissata Prysmian presuppongono l’assenza di cambiamenti sostanziali a livello geopolitico. Escludono, tra l’altro, le dinamiche estreme dei prezzi dei fattori produttivi o interruzioni significative della catena di approvvigionamento.
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L’euro guarda alla Bce, ma il mercato ha già prezzato tre tagli dei tassi
Euro sorvegliato speciale questa mattina: rimane in attesa della decisione della Bce, ma ha già prezzato tre tagli dei tassi.
A condizionare l’andamento dell’euro, quest’oggi, è il previsto taglio dei tassi da parte della Bce. Il dollaro, invece, ha sfiorato il massimo da undici settimane a questa parte, galvanizzato dalla prospettiva che Donald Trump possa vincere le elezioni e possa mettere in atto le sue politiche, che il mercato ritiene più rialziste.
Ha faticato a mantenere quota 150 dollari lo yen e si è attestato intorno a 149,765. Rispetto all’euro la sterlina si è rafforzata, scambiato a 83,54 penny, anche se la valuta inglese è riuscita a tenersi vicina ai minimi da due mesi a questa parte raggiunti nella giornata di mercoledì nei confronti del dollaro, grazie principalmente ai dati sull’inflazione inferiori alle attese nel Regno Unito.
L’euro guarda alla riunione della Bce
A tenere sotto scacco l’euro, questa mattina, sono stati principalmente i deboli dati economici e i commenti accomodanti della Bce, che hanno convinto la maggior parte degli investitori che la Banca Centrale Europea possa fare un terzo taglio dei tassi a partire da giugno. Sono in molti, infatti, a ritenere che possano essere tagliati i tassi sui depositi di un quarto di punto.
Roberto Mialich, stratega forex di UniCredit, ritiene che la Bce non si voglia impegnare in ulteriori tagli dei tassi e non ritiene che l’impatto sull’euro possa essere drammaticamente negativo.
Al momento i mercati valutari sembrano aver già scontato altre tre riduzioni fino a marzo 2025 per contenere l’onda lunga dell’inflazione nell’Unione europea.
Mialich ha spiegato che l’euro è diventato molto più fragile, soprattutto perché continua ad avvicinarsi a 1,08 o 1,0780: una rottura definitiva al di sotto di questi livelli rappresenterebbe la completa cancellazione dei guadagni realizzati da agosto e potrebbe aumentare la pressione di vendita.
Nel mercato più ampio, il dollaro ha raggiunto il massimo delle ultime 11 settimane rispetto a un paniere di valute analoghe, attestandosi a 103,65.
Il dollaro ha tratto sostegno da una serie di dati positivi sull’economia statunitense, che a loro volta hanno spinto i trader a ridurre le aspettative sui tagli dei tassi da parte della Fed, ma anche sulle maggiori probabilità di una vittoria del candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump alle elezioni di novembre.
Thierry Wizman, stratega globale per i tassi e i cambi di Macquarie, spiega che le sue politiche fondamentali in materia di tariffe, immigrazione e tasse determinerebbero una prospettiva più inflazionistica negli Stati Uniti, riducendo le possibilità di tagli aggressivi dei tassi da parte della Fed nel corso del ciclo.
Gli analisti prevedono un rafforzamento del dollaro in caso di vittoria di Trump e una pressione sui titoli obbligazionari.
Cosa sta accadendo in Cina
Dall’altra parte del mondo, in Cina, una conferenza stampa si concentrata sulle misure volte a sostenere il settore immobiliare del paese. Anche se, sostanzialmente non è riuscita ad entusiasmare il mercato: le autorità, in estrema sintesi, hanno confermato il loro impegno a rilanciare il mercato immobiliare. Ma non sono state fornite delle indicazioni aggiuntive sulle misure che intendono adottare. Lasciando a bocca asciutta la maggior parte degli operatori.
Lo yuan onshore ha invertito i guadagni iniziali e ha ceduto lo 0,05% a 7,1225 per dollaro, mentre la sua controparte offshore è salita di poco a 7,1358 per dollaro.
Jeff Zhang, analista azionario di Morningstar, ritiene che nella conferenza stampa di oggi siano state annunciate poche politiche incrementali per aumentare la domanda di immobili residenziali, poiché il ministro ha ribadito l’autonomia dei governi municipali nell’allentare le restrizioni agli acquisti.
Il dollaro australiano, spesso utilizzato come valuta sostitutiva dello yuan, ha guadagnato solo lo 0,2%, attestandosi a 0,66780 dollari, poiché la delusione proveniente dalla Cina ha compensato parte dei forti guadagni della valuta antipodea derivanti da un rapporto positivo sull’occupazione in patria.
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TSMC, gli utili crescono del 54% nel terzo trimestre a 10,11 miliardi $
Nel terzo trimestre 2024 gli utili di TSMC sono letteralmente esplosi grazie alla richiesta di chip per l’intelligenza artificiale.
Gli utili trimestrali di TSMC, il più grande produttore di chip su contratto al mondo, sono cresciuti del 54%, portando a casa un risultato superiore alle previsioni, trainati dalla domanda in continua crescita di chip necessari per sviluppare l’intelligenza artificiale.
Tra i principali clienti di TSMC ci sono Apple e Nvidia: quest’ultima sta beneficiando dell’adozione in vasta scala dell’IA e della tecnologia necessaria per farla funzionare.
Ma entriamo nel dettaglio vediamo quali sono i numeri di TSMC.
TSMC, numeri destinati a crescere nel tempo
Nel trimestre in corso TMSC stima che la spesa in conto capitale possa raddoppiare, arrivando a circa 11,5 miliardi di dollari. Il budget, con ogni probabilità, è destinato ad aumentare nel corso del 2025: l’azienda prevede che la domanda dei suoi prodotti continui a rimanere solida.
Nel corso dell’intero 2024, TSMC stima che i ricavi cresceranno del 30%. Le prospettive sono migliorate rispetto ad una precedente stima che prevedeva una crescita del 20%. TSMC ritiene che i ricavi derivanti dai processori destinati all’intelligenza artificiale siano destinati a rappresentare una percentuale pari al 20% del suo fatturato complessivo. Il management della società sottolinea come la domanda sia reale ed è destinata a durare molti anni.
Le solide performance e prospettive dell’azienda sottolineano la continua forte domanda di intelligenza artificiale, dopo che alcuni osservatori del settore hanno sollevato dubbi in seguito alle previsioni di vendita per il 2025 inferiori alle attese, diffuse all’inizio di questa settimana da ASML, il più grande fornitore al mondo di apparecchiature per la produzione di chip.
Tra l’altro TSMC prevede che la spesa in conto capitale nel 2024 possa essere superiore a 30 miliardi di dollari. La previsione precedente si era attestata a 20-32 miliardi, condizionata prevalentemente dalla corsa all’espansione della produzione. Nel 2025 è possibile che le spese in conto capitale risultino essere più elevate rispetto a quelle del 2024, anche se non sono state fornite delle cifre.
Piter Yang, gestore di fondi di Fuh Hwa Securities Investment Trust, ha spiegato che i risultati di TSMC hanno spazzato via le preoccupazioni sul settore suscitate dagli utili di ASML. È un’azienda dominante ed è l’unica con tecnologie di processo avanzate che non si trovano in Intel o Samsung.
Utile record per TSMC
L’utile netto di TSMC nel terzo trimestre 2024 è letteralmente esploso: 325,3 miliardi di T$ (10,11 miliardi di dollari), il più alto mai registrato fino ad ora a livello trimestrale. Le stime prevedevano che gli utili si fermassero a 300,2 miliardi di T$.
TSMC ha dichiarato che i ricavi del terzo trimestre sono aumentati del 36% anno su anno a 23,5 miliardi di dollari. La scorsa settimana la società ha annunciato i ricavi del terzo trimestre in dollari di Taiwan, arrivando a 759,69 miliardi di T$.
Wendell Huang, CFO di TSMC, ha spiegato che l’attività dell’azienda è stata supportata da una forte domanda di smartphone e AI per le tecnologie 3nm e 5nm leader del settore. Entrando nel quarto trimestre del 2024, Huang prevede che l’attività continuerà a essere supportata da una forte domanda per le tecnologie realizzate dall’azienda.
La seconda metà dell’anno rappresenta tradizionalmente il periodo di punta per le aziende tecnologiche taiwanesi, impegnate a rifornire i clienti in vista delle festività di fine anno nei principali mercati occidentali.
Secondo TSMC, le spese in conto capitale nel terzo trimestre sono state pari a 6,4 miliardi di dollari, rispetto ai 6,36 miliardi di dollari del secondo trimestre.
Il boom dell’intelligenza artificiale ha contribuito a far salire le azioni TSMC, con le sue azioni quotate a Taipei che sono balzate del 75% dall’inizio dell’anno, rispetto a un guadagno del 28% per il mercato più ampio, attribuendo alla società una capitalizzazione di mercato di circa 840 miliardi di dollari.
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La Casa Bianca bacchetta Stellantis che non rispetta gli accordi con i sindacati
Periodo infelice per Stellantis, che viene bacchetta dalla Casa Bianca perché non rispetta gli accordi con il sindacato. E deve richiamare 44.500 Suv.
Fuoco incrociato contro Stellantis negli Stati Uniti, dove la Casa bianca è intervenuta a sostegno dei lavoratori e del sindacato United Auto Workers dichiarando pubblicamente ed ufficialmente che il gruppo automobilistico italo-francese deve rispettare gli impegni presi con i propri dipendenti.
Stellantis, nel 2023, si era impegnata con Uaw ad aprire ed espandere la produzione nei siti che erano stati colpiti dalle precedenti chiusure degli stabilimenti. Karine Jean-Pierre, portavoce della Casa Bianca, è particolarmente stata dura con il gruppo automobilistico, tanto da ribadire che la volontà delle autorità statunitensi è vedere che Stellantis rispetti gli impegni presi con il sindacato e con le comunità locali.
Stellantis scende in campo la Casa bianca
La posizione di Stellantis negli Usa è sempre più problematica, anche alla luce delle recenti tensioni con Uaw, che, proprio nel corso delle ultime settimane, ha affermato che le sue sezioni locali potrebbero indire una serie di scioperi. Le accuse sono molto precise e sono state ribadite in più occasioni nel corso delle ultime settimane: Stellantis non sarebbe riuscita a mantenere gli impegni sui prodotti e sugli investimenti concordati con i sindacati dopo lo sciopero dello scorso anno.
In quell’occasione Stellantis aveva accettato di investire 1,5 miliardi di dollari per riaprire il proprio stabilimento di assemblaggio chiuso di Belvidere in Illinois. Ma non solo, aveva concordato di costruire nuovi camion di medie dimensioni.
Ad agosto, per la prima volta, Stellantis aveva ammesso di aver rinviato alcuni investimenti: una decisione che sarebbe stata determinata dalle condizioni economiche. Nel corso dela giornata di mercoledì 16 ottobre 2024, però, aveva confermato di voler continuare ad investire negli Stati Uniti e di avere intenzione di creare nuovi posti di lavoro e sostenere le sue comunità. Nel corso del mese di novembre 2023 il presidente Joe Biden si era recato in Illinois con l’intento di promuovere l’accordo.
Nelle ultime settimane Stellantis ha intentato qualcosa come 11 cause legali contro l’Uaw e le sue unità locali accusando il sindacato di aver violato il contratto sottoscritto con la minaccia di ulteriori scioperi a causa dei ritardi maturati dall’azienda.
Il gruppo automobilistico italo francese ha annunciato un investimento di 235 milioni di dollari nel suo stabilimento di assemblaggio di Sterling Heights nel Michigan per supportare la produzione in corso di camion Ram. L’azienda ha aggiunto che, mentre gestisce la transizione all’elettrificazione, continuerà a rispettare l’accordo di contrattazione collettiva del 2023.
Stellantis richiama 44.500 Suv
I problemi di Stellantis, ad ogni modo, non sembrano essere finiti: ha dovuto richiamare qualcosa come 44.500 SUV crossover ibridi in tutto il mondo, perché il pedale del freno dei veicoli potrebbe disinnestarsi e smettere di funzionare.
Il richiamo include alcuni SUV ibridi plug-in Alfa Romeo Tonale modello 2024-2025 e alcuni SUV plug-in Dodge Hornet modello 2024 basati sulla stessa piattaforma.
L’annuncio è stato fatto in un documento depositato presso la US National Highway Traffic Safety Administration e in una dichiarazione separata di Stellantis. Il richiamo include 21.069 veicoli negli Stati Uniti, circa 2.280 in Canada, 134 in Messico e circa 20.987 fuori dal Nord America.
Secondo Stellantis alcuni Suv potrebbero avere un pedale del freno che potrebbe sganciarsi inavvertitamente durante la guida. L’azienda ha affermato di essere a conoscenza di 15 casi in tutto il mondo in cui i gruppi del pedale del freno sono collassati durante l’uso normale della vettura, che ha determinato un incidente, senza feriti segnalati.
Stellantis ha affermato che i concessionari rinforzeranno il pedale del freno aggiungendo un bullone e un dado. La società ha affermato che i proprietari dei modelli interessati potrebbero anche utilizzare il freno di stazionamento elettronico per rallentare il veicolo in modo controllato se dovessero riscontrare una perdita di potenza frenante. Stellantis ha affermato che il sistema di frenata automatica di emergenza, a meno che non venga disattivato, interverrà senza ulteriori azioni da parte del conducente quando rileva che una collisione è imminente.
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Bce pronta ad un taglio dei tassi di 25 punti basi. Ecco quale impatto avrà sull’economia europea
Le attese sono che la Bce tagli di 25 punti base il tasso d’interesse. Ma quale impatto avrà sull’economia questa decisione? Servirà a recuperare terreno rispetto agli Usa?
Riflettori puntati sulle decisioni che prenderà quest’oggi la Bce, che, con ogni probabilità, abbasserà i tassi d’interesse per la terza volta nel 2024. L’inflazione, nell’Eurozona, al momento sarebbe sotto controllo, mentre l’economia è in stagnazione.
Per la prima volta in tredici anni la Bce potrebbe effettuare il primo taglio dei tassi consecutivo, cambiando sostanzialmente passo nella politica monetaria, che non sarebbe unicamente proiettata alla riduzione dell’inflazione. Tra i nuovi obiettivi ci sarebbe anche quello di proteggere la crescita economica dell’intera area, che nel corso degli ultimi due anni è stata nettamente inferiore rispetto a quella registrata negli Stati uniti.
Bce, perché potrebbe tagliare nuovamente i tassi
Ma perché la Bce potrebbe tagliare nuovamente i tassi d’interesse? Con ogni probabilità a condizionare la decisione sono gli ultimi dati economici, che potrebbero aver fatto pendere la bilancia a favore di un’ulteriore riduzione del costo del denaro: importanti sono i numeri relativi alle attività aziendali e il sentiment. Per non dimenticare, infine, i dati sull’inflazione di settembre, i quali, come gli altri numeri appena citati, sono inferiori alle attese.
Diversi membri del board della Bce, tra i quali c’è anche la presidente Christine Lagarde, hanno fatto intendere che il mese di ottobre possa essere quello buono per un nuovo taglio dei tassi d’interesse. Gli investitori sembrano attendersi proprio questa mossa.
Reinhard Cluse, economista di UBS, spiega che data la perdita di slancio nella crescita e la moderazione dell’inflazione, adesso si aspetta che la Bce possa tagliare i tassi di 25 punti base in ciascuna delle prossime quattro riunioni.
Una mossa in questo senso porterebbe il tasso che la Bce deve pagare sui depositi delle banche al 3,25%: i mercati monetari hanno pienamente scontato altre tre riduzioni fino al mese di marzo 2025. Sembra improbabile che Lagarde dia degli indizi chiari sulle future decisioni, ribadendo il consueto mantra che verranno prese riunione per riunione basandosi sui dati che man mano arrivano.
Michele Sansone, country manager di iBanFirst Italia, spiega che i bassi livelli di inflazione riflettono una debolezza della domanda e una fragilità strutturale dell’economia dell’Eurozona. Secondo Sansone, il deficit fiscale in Francia è al limite, il settore manifatturiero mostra livelli di contrazione, avvicinandosi ai livelli osservati durante la pandemia da Covid 19, le tensioni commerciali con la Cina persistono e i costi energetici nell’Ue superano di quattro volte quelli degli Stati Uniti, accelerando il processo di deindustrializzazione e minando la competitività nel settore dell’intelligenza artificiale. Eppure, nonostante queste prospettive poco rosee, la Bce sceglie di concentrarsi su un improbabile spirale prezzi-salari, il che potrebbero suggerire, come già accaduto durante la crisi finanziaria del 2007-2008, che la Bce è in ritardo rispetto al ciclo economico.
Taglio dei tassi della Bce, le aspettative degli analisti
Antonio Villarroya, analista di Santander CIB, si aspetta che la Bce riduca il tasso di deposito di 25 punti base e che continui a effettuare tagli di 25 punti base a ogni riunione fino a marzo. A quel punto, quel livello potrebbe ancora rivelarsi superiore alla soglia neutrale e, pertanto, Villarroya prevede che nel secondo trimestre, molto probabilmente a giugno, verrà annunciato un taglio definitivo di 25 punti base.
Un tasso di interesse neutrale è un livello teorico al di sotto del quale la politica monetaria non raffredda né stimola l’economia e che gli investitori ritengono compreso tra il 2% e il 2,25%.
Ma quali sarebbero i potenziali effetti del taglio dei tassi sull’economia? A rispondere a questa domanda ci ha pensato Michele Sansone, il quale spiega che la Germania, in questo momento è in recessione, mentre il resto dell’Eurozona, con poche eccezioni come la penisola iberica, è sostanzialmente in stagnazione economica. In questa situazione appare difficile immaginare cosa possa cambiare: tra Europa e Stati Uniti si sta ampliando il differenziale di crescita, che va ad impattare direttamente sul potere d’acquisto delle famiglie.
Secondo Sansone, il divario di crescita tra Usa ed Unione europea porta a suggerire una pressione ribassista strutturale sul tasso di cambio EUR/USD. Le previsioni di mercato per un apprezzamento dell’euro verso 1,15 appaiono ora improbabili nel breve termine. Una correzione verso l’intervallo 1,08-1,05 sembra più plausibile, riflettendo le fondamentali divergenze di performance economica.
Per Sansone, infine, deve essere preso in considerazione il settore immobiliare commerciale, particolarmente sensibile alle variazioni dei tassi di interesse, presenta vulnerabilità significative. La Bce ha recentemente condotto una revisione dell’esposizione bancaria al settore immobiliare per valutare la qualità degli attivi nei bilanci degli istituti di credito. Un taglio dei tassi più aggressivo (50 bps), sulla scia di quando annunciato dalla Fed a settembre, avrebbe potuto fornire un supporto significativo al mercato immobiliare, mitigando i rischi di contagio al settore finanziario.
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Petrolio stabile sui 70$ al barile dopo scossoni dovuti a economia e geopolitica
Petrolio in saliscendi, che chiude sopra i 70$. Pesano preoccupazioni per il Medio Oriente.
Il vero termometro delle preoccupazioni dei mercati per tutte le questioni più importanti rimane il petrolio, che si appresta a chiudere una sessione USA fatta di gain e di loss in rapida successione, chiudendo la sessione comunque intorno ai 70$. Termometro per le preoccupazioni perché ciò che stanno cercando di prezzare i trader sono due questioni: da un lato il rallentamento possibile dell’economia globale, dall’altro invece la situazione geopolitica in Medio Oriente, che potrebbe avere, in caso di ulteriore escalation, degli impatti rialzisti.
Un gioco fatto però almeno di tre parti: OPEC ha già annunciato di aspettarsi una domanda fiacca per il 2025 e di essere pronta a intervenire nel caso in cui ce ne fosse bisogno. Le altre due, la risposta di Israele e l’andamento economico principalmente di USA e Cina, sono due incognite più difficili da valutare. Il prezzo al barile rimane fondamentalmente più basso di quello di un anno fa e vicino ai minimi annuali.
Gli 80 dollari sono ormai un miraggio
Per quanto ottobre si sia aperto con forti rialzi, che hanno riportato il petrolio quasi in quota 80$ al barile, la situazione oggi sembra essere decisamente diversa.
A rinvigorire oggi un prezzo che sembrava destinato a chiudere sotto quota 70$ sono state le nuove preoccupazioni che arrivano dal Libano. Nonostante le autorità locali abbiano comunicato di aver ricevuto una sorta di rassicurazione da parte degli USA sul rallentamento e stop degli attacchi, sono ripartiti gli attacchi di una certa consistenza da parte di Israele.
Nel frattempo si rimane con il fiato sospeso per quanto riguarda la possibile risposta all’attacco iraniano – che sarà almeno secondo fonti israeliane concentrato sull’infrastruttura militare di Teheran. Eventi che il mercato del petrolio ha già prezzato ma che a seconda dell’intensità potrebbero contribuire a riportare ulteriore volatilità sul prezzo del greggio.
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