Soia, arriva sul mercato quella coltivata illegalmente in Brasile

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Written by Pierpaolo Molinengo
Attivo come autore dal 1989, si è iscritto all'albo nel 2002, quando ha iniziato ad occuparsi di economia, concentrando dapprima i suoi studi sul mercato immobiliare, fisco e mutui per poi allargare il suo focus sui mercati emergenti e sui rapporti Usa-Russia.
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La soia coltivata illegalmente nelle riserve indigene del Brasile viene immessa sul mercato, acquistata da alcune multinazionali, che si stanno rifornendo da alcune cooperative agricole locali. Queste a loro volta stanno facendo incetta di soia coltivata in modo illegale.

A rendere nota la vicenda sono alcuni leader tribali citati da Reuters. Le aziende si sono impegnate pubblicamente a rispettare i diritti territoriali e le risorse del territorio, ma poi sono scivolate su una delle più classiche bucce di banana. 

Soia, le regole per la coltivazione in Brasile

Stando a quanto riferiscono la polizia federale brasiliana, il consiglio missionario indigeno della Chiesa cattolica e l’agenzia governativa brasiliana che supervisiona gli affari indigeni, l’espansione dell’agricoltura commerciale nel paese ha provocato diverse divisioni e dei violenti conflitti in molte comunità.

Il Brasile, all’interno della propria costituzione, ha riservato alcune terre all’uso esclusivo delle comunità indigene. Una legge del 1973 ne vieta l’affitto ed impedisce la creazione di partnership per delle coltivazioni commerciali, come la soia.

Secondo alcuni dati in possesso di MapBiomas citati da Reuters, dal 2013, l’area dedicata alla coltivazione della soia nelle 14 riserve indigene dello stato più a sud del Brasile, Rio Grande do Sul, è cresciuta fino a quasi 28.000 ettari (70.000 acri), con un incremento del 23% nell’arco di un decennio.

Il Brasile è il leader a livello mondiale nella produzione di soia, che viene utilizzata nei mangimi per animali, per la produzione di biocarburanti e negli alimenti trasformati. Due terzi del raccolto brasiliano finiscono direttamente nei mercati globali.

Certificare la provenienza della soia

Al momento è impossibile riuscire a tracciare la provenienza della soia. E quindi sapere se sia stata coltivata illegalmente nei terreni indigeni o meno. La soia non ha un marchio e non è possibile verificarne la provenienza.

Le aziende agricole mondiali, nel corso degli anni, hanno sempre garantito il rispetto dei diritti territoriali e dei diritti umani. E, soprattutto, hanno prestato molta attenzione alle comunità indigene, almeno nelle loro dichiarazioni sulla sostenibilità.

ADM, però, non ha fatto riferimento ai diritti degli indigeni o alle controversie sulla terra nel suo rapporto del 2023. In un rapporto del 2022 ha messo in evidenza i problemi delle controversie sulla terra in Sud America, ma ha sottolineato di non essere implicata in maniera diretta con le controversie. Secondo quanto riferisce Reuters, ADM avrebbe fatto delle verifiche sulla provenienza della soia e non ha trovato alcuna prova che fosse stata coltivata su terreni affittati nelle riserve indiane.

Ad ogni modo acquistare da delle grandi cooperative dislocate in Brasile rende meno trasparente l’origine della soia, così come è stato messo in evidenza da una serie di cause legali che sono state intentate nel periodo compreso tra il 2008 ed il 2022.

Andre Nassar, presidente di Abiove, ha spiegato che i commercianti hanno la possibilità di sospendere tutti gli acquisti da una cooperativa se diventa chiaro che questa si rifornisce di soia dalle riserve. Nassar ha affermato che i commercianti possono anche chiedere alle cooperative garanzie che la soia sia stata coltivata da membri della comunità indigena e non affittata a terzi.

Il giudice federale Diogo Edele Pimentel, ad ogni modo, ha spiegato che  la locazione privata di terreni nel territorio di Nonoai era una delle principali fonti di divisione. Secondo Diogo Edele Pimentel si tratterebbe di una pratica nefasta di appropriazione privata di un bene pubblico, che ne sfigura completamente la natura collettiva e aggrava le disuguaglianze in queste comunità.

Reuters riporta una sentenza datata luglio 2019, dalla quale risulta che Nascimento, il capo Nonoai, così come suo figlio e un ex funzionario del FUNAI, sono stati multati per un totale di circa 4,5 milioni di reais (quasi 800.000 dollari) per essersi appropriati indebitamente dei profitti derivanti da locazioni illegali. Nascimento ha affermato che è in corso un appello e che tutto è tornato alla normalità, con gli agricoltori non indigeni che consegnano i loro raccolti alle stesse cooperative.

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