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Bond su, dollaro giù: i mercati pensano a soli 25 punti base? Soft landing in vista entusiasma le piazze

Dal DXY un segnale chiaro: ci si aspetta un percorso più lento per il taglio dei tassi negli USA.

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USA DXY BORSA

Tutto è bene quel che finisce bene. O meglio, tutto sarebbe più che buono se il ciclo dovesse chiudersi qui. Tra trimestrali più che ok e dati macro che quantomeno non spaventano, negli USA i mercati hanno iniziato a prezzare la possibilità che si arrivi a fine anno in modo tranquillo, mettendo sul tavolo, per quanto minoritaria, anche la possibilità che da due tagli si passi a uno. Tutto grasso che cola però, almeno rispetto alle condizioni economiche che si aspettavano tanto Federal Reserve quanto i mercati.

Dollaro relativamente fiacco, bond che tirano perché vedono un rallentamento dei tagli. Una situazione che in pochi durante l’estate avrebbero potuto immaginare e che già la settimana scorsa sarebbe apparsa come assurda. Prima però di poter parlare della possibilità di avere un solo taglio, sarà necessaria una breve ricognizione sul mondo che sarà da qui alle elezioni negli USA, in particolare in termini di dati macro.

Lavoro e PIL per confermare il possibile soft landing?

A conti fatti, per non avere un taglio durante la prossima riunione del FOMC, quella del 7 novembre, ci vorrebbero dati molto positivi da qui a quel giorno. I fattori di cui tenere conto saranno quello del PIL USA, in arrivo entro fine mese, e quelli dal mercato del lavoro.

Ci sono da scongiurare due bestie nere: la prima è quella che vuole una recessione praticamente alla fine di qualunque ciclo di tassi al rialzo. La seconda è quella di una disoccupazione che storicamente non si muove mai per vie laterali, ma che segue un trend – trend che sarebbe dovuto già diventare rialzista.

Staremo a vedere: per ora l’entusiasmo sui mercati risk on sembrerebbe esserci. Ma è altrettanto vero che il sentiment, durante questa ultima fase del ciclo, ha la tendenza a cambiare molto rapidamente di fronte al minimo dato non conforme. Sarà un cammino lungo di avvicinamento al 7 novembre. E anche al 5, con le elezioni che potranno orientare diversi degli atteggiamenti dei mercati.

Analista economico dal 2009. Collabora con TradingOnline.com offrendo analisi su Forex, Macroeconomia e Azioni, con un occhio vigile sui mercati emergenti come Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Gianluca Grossi è anche caporedattore per la nota testata giornalistica Criptovaluta.it, quotidiano dedicato al mondo Crypto e Bitcoin ed è anche analista per Criptovaluta.it® Magazine, il settimanale della medesima organizzazione. Segue da vicino il mercato ETF, in particolare sulla piazza di New York.

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Tesla rischia di dover ritirare 2,4 milioni di veicoli a guida autonoma che hanno causato degli incidenti

Le autorità statunitensi hanno aperto le indagini sui veicoli Tesla a guida autonoma, che potrebbero aver causato degli incidenti.

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Tesla rischia di dover ritirare 2,4 milioni di veicoli a guida autonoma che hanno causato degli incidenti

Tesla finisce sotto la lente d’ingrandimento della National Highway Traffic Safety Administration, che ha avviato un’indagine su 2,4 milioni di veicoli dotati del software Full Self-Driving. La decisione è stata presa dopo quattro collisioni, delle quali una ha causato un morto.

La National Highway Traffic Safety Administration ha quindi deciso di avviare la valutazione preliminare dopo che sono stati segnalati quattro incidenti verificatisi dopo l’attivazione del software FSD di Tesla: il programma è stato utilizzato mentre c’era una ridotta visibilità stradale, determinata dal sole, dalla nebbia o da della polvere nell’aria.

Le autorità statunitensi hanno segnalato che il veicolo Tesla avrebbe colpito mortalmente un pendone in un’occasione. L’indagine riguarda i veicoli Model S e X 2016-2024 dotati di sistema opzionale, nonché i veicoli Model 3 2017-2024, Model Y 2020-2024 e Cybertruck 2023-2024.

Tesla, il software sotto indagine

Le valutazioni preliminari costituiscono a tutti gli effetti il primo passo per poter richiedere il richiamo dei veicoli, se si dovesse ritenere che possano costituire un rischio irragionevole per la sicurezza.

Sul proprio sito web Tesla ha sottolineato come il software Full Self-Driving montato nei veicoli su strada richiede sempre e comunque la supervisione attiva del conducente e non rende i veicoli autonomi.

La NHTSA sta esaminando la capacità dei controlli tecnici dell’FSD di rilevare e rispondere in modo appropriato alle condizioni di ridotta visibilità stradale.

L’agenzia sta raccogliendo informazioni per appurare se si siano verificati altri incidenti simili con FSD in condizioni di ridotta visibilità stradale e se Tesla abbia aggiornato o modificato il sistema FSD in un modo che potrebbe influire su di esso in condizioni di ridotta visibilità stradale.

La NHTSA ha affermato che la revisione valuterà i tempi, lo scopo e le capacità di tali aggiornamenti, nonché la valutazione di Tesla del loro impatto sulla sicurezza.

Elon Musk sta cercando di spostare l’attenzione dell’azienda sulla tecnologia di guida autonoma e sui robotaxi, in un contesto di concorrenza e domanda debole nel settore automobilistico.

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Pony AI: IPO negli USA. Per la quotazione al NASDAQ si muovono 6 tra banche d’affari e broker

Pony AI sceglie il NASDAQ per la sua IPO. Ecco perché sarà importante.

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PONY AI IPO

Pony AI, società cinese di veicoli di servizio a guida autonoma, ha annunciato la IPO negli Stati Uniti. L’annuncio arriva nel momento forse di massimo interesse per questo specifico comparto, dopo la presentazione da parte di Tesla di veicoli che almeno a grandi linee hanno le medesime funzionalità. E riparte una stagione molto interessante di IPO negli Stati Uniti, che aveva vissuto un lungo iato in concomitanza del picco della politica monetaria restrittiva. Con le attese di tagli forti e decisi da qui a fine 2025, il momento per le IPO sembrerebbe essere finalmente tornato a essere quello giusto.

PONY AI si quoterà presso il NASDAQ e vedrà il suo titolo scambiato sotto il ticker $PONY. A curare la fase di prima offerta saranno Bank of America, insieme a Goldman Sachs, Deutsche Bank, Huatai e Tiger Brokers, che faranno da underwriter dell’offerta iniziale. Continua inoltre il trend di società cinesi che cercano quotazione fuori dai mercati nazionali, nonostante il tentativo di Pechino di limitare questo specifico modus operandi per le aziende che cercano di raccogliere capitali con la quotazione in borsa.

Chi è Pony AI e cosa aspettarsi dalla quotazione

Pony AI è una società cinese che vende veicoli a guida autonoma di servizio – ovvero taxi e anche autotrasporti pesanti – che si definisce leader mondiale per queste tecnologie e che cercherà di raccogliere capitali presso il mercato USA, proprio nel massimo momento di interesse per queste tecnologie.

A fare da contraltare ci saranno le preoccupazioni per i veicoli made in China, sui quali in Europa sono appena aumentati i dazi e sui quali probabilmente arriveranno altre strette negli USA a prescindere da chi uscirà vincitore dalle elezioni del 5 novembre. Il rischio, per chi si espone su Pony AI, è quello di rimanere almeno in parte intrappolato in una guerra commerciale che sembrerebbe essere in fase ascendente per i prossimi anni.

Non è chiaro ancora quanto punti a raccogliere dalla quotazione Pony AI, con i dettagli che dovrebbero diventare più chiari nel corso dei prossimi giorni.

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BP a caccia di compratori per l’eolico: disimpegno green del gruppo. Saltati obiettivi 2030

Per BP caccia ai compratori per una parte di business eolico. Il gruppo ha già abbandonato gli obiettivi 2030.

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EOLICO BP

Secondo uno scoop pubblicato da Yahoo Finance, il gigante del petrolio e del settore energetico BP, starebbe cercando di vendere una quota di minoranza del suo business eolico. Lo scoop cita fonti informate dei fatti, che confermerebbero lo sforzo del CEO Murray Auchincloss al fine di ridurre l’esposizione del gruppo verso le fonti di energia rinnovabili. Una scelta che sarebbe dettata dalle crescenti pressioni da parte degli azionisti al fine di ridurre la parte di business dedicata alle rinnovabili, che per ora avrebbero prodotto ritorni modesti per l’azienda e che per il futuro non prevedono grande crescita dei profitti collegati a questo tipo di attività.

Il gruppo ha già annunciato l’abbandono del piano per la riduzione di produzione del petrolio per il 2030, confermando così di essere tornato sui suoi passi, seguendo quello che è un disimpegno da questo tipo di investimenti che colpisce sia l’Europa, sia il resto del mondo. Obiettivi che si riducono e si ridimensionano in tutti i comparti che più entusiasticamente avevano abbracciato la transizione green, una transizione che si sta rivelando per molti dei gruppi in prima linea come piuttosto costosa.

A trattare la cessione Bank of America

Sempre secondo le indiscrezioni che sono state pubblicate da Yahoo Finance, a occuparsi del tentativo di vendità sarà Bank of America, che starebbe sondando potenziali acquirenti. Il disimpegno in forma di cessione non dovrebbe però compromettere i prossimi investimenti nel settore del solare, dei bio-carburanti e anche dell’idrogeno – che hanno visto il gruppo in prima fila a partire da inizio 2024.

I piani però potrebbero essere diversi – a partire dal disimpegno graduale (e comunque parziale) dall’estrazione di petrolio. Il calo non ci sarà, per una BP che punterà ancora sulle fonti fossili anche oltre il 2030 e su livelli almeno pari a quelli attuali – con buona pace per i piani green.

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Blackstone batte le aspettative di Wall Street e registra 41 mld $ di afflussi

Blackstone straccia le aspettative di Wall street e chiude il terzo trimestre 2024 con degli afflussi record, beneficiando del cambio di passo della Fed.

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Blackstone batte le aspettative di Wall Street e registra 41 mld $ di afflussi

Battute le stime degli analisti e le aspettative di Wall Street: Blackstone ha centrato in pieno i principali indicatori trimestrali. Gli asset gestiti da una delle più importanti società di investimenti alternativi hanno raggiunto quota 1,1 trilioni di dollari. Ma soprattutto il valore dei suoi fondi è in aumento.

Nel terzo trimestre Blackstone ha registrato qualcosa come 41 miliardi di dollari di afflussi. Ha, invece, impiegato 54 miliardi di capitale, uno dei livelli più alti che sono stati registrati nel corso degli ultimi due anni. La società è riuscita a beneficiare del contesto di ripresa delle attività di conclusione di accordi dopo che la Fed ha tagliato i tassi e le prospettive economiche sono rimaste sostanzialmente rosee.

Blackstone, il problema degli alti tassi di interesse

Nel corso degli ultimi trimestri, uno dei problemi che affliggeva Blackstone erano i tassi d’interesse troppo alti. La Federal Reserve ha avviato un ciclo di allentamento, alleggerendo, in questo modo, la società di un vero e proprio peso.

I fondi di private equity della società hanno registrato un apprezzamento del 6,2% nel trimestre e i fondi infrastrutturali del 5,5%, contribuendo al più alto apprezzamento dei fondi di Blackstone in tre anni.

Steve Schwarzman, amministratore delegato di Blackstone, ha salutato i risultati come un’accelerazione su vasta scala in tutta l’attività della società.

Gli utili distribuibili di Blackstone, che rappresentano denaro contante che può essere utilizzato per pagare dividendi, hanno totalizzato 1,3 miliardi di dollari nel terzo trimestre, in aumento del 6% rispetto all’anno precedente. Ciò si è tradotto in utili distribuibili per azione pari a 1,01 dollari, superando la stima media degli analisti di 0,92 dollari.

Tra i principali accordi di Blackstone nel trimestre c’è stata un’acquisizione da 16 miliardi di dollari dell’australiana AirTrunk, che ha rafforzato la presa del fondo nel mercato dei data center a supporto dei servizi cloud e dell’intelligenza artificiale.

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Petrolio stabile sui 70$ al barile dopo scossoni dovuti a economia e geopolitica

Petrolio in saliscendi, che chiude sopra i 70$. Pesano preoccupazioni per il Medio Oriente.

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PREZZO PETROLIO AGGIORNAMENTO

Il vero termometro delle preoccupazioni dei mercati per tutte le questioni più importanti rimane il petrolio, che si appresta a chiudere una sessione USA fatta di gain e di loss in rapida successione, chiudendo la sessione comunque intorno ai 70$. Termometro per le preoccupazioni perché ciò che stanno cercando di prezzare i trader sono due questioni: da un lato il rallentamento possibile dell’economia globale, dall’altro invece la situazione geopolitica in Medio Oriente, che potrebbe avere, in caso di ulteriore escalation, degli impatti rialzisti.

Un gioco fatto però almeno di tre parti: OPEC ha già annunciato di aspettarsi una domanda fiacca per il 2025 e di essere pronta a intervenire nel caso in cui ce ne fosse bisogno. Le altre due, la risposta di Israele e l’andamento economico principalmente di USA e Cina, sono due incognite più difficili da valutare. Il prezzo al barile rimane fondamentalmente più basso di quello di un anno fa e vicino ai minimi annuali.

Gli 80 dollari sono ormai un miraggio

Per quanto ottobre si sia aperto con forti rialzi, che hanno riportato il petrolio quasi in quota 80$ al barile, la situazione oggi sembra essere decisamente diversa.

A rinvigorire oggi un prezzo che sembrava destinato a chiudere sotto quota 70$ sono state le nuove preoccupazioni che arrivano dal Libano. Nonostante le autorità locali abbiano comunicato di aver ricevuto una sorta di rassicurazione da parte degli USA sul rallentamento e stop degli attacchi, sono ripartiti gli attacchi di una certa consistenza da parte di Israele.

Nel frattempo si rimane con il fiato sospeso per quanto riguarda la possibile risposta all’attacco iraniano – che sarà almeno secondo fonti israeliane concentrato sull’infrastruttura militare di Teheran. Eventi che il mercato del petrolio ha già prezzato ma che a seconda dell’intensità potrebbero contribuire a riportare ulteriore volatilità sul prezzo del greggio.

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