Titoli stato: crescono le tensioni su aumento debito USA e Europa

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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Il mercato dei bond è stato tra i più invitanti della certamente curiosa fase dei mercati dalla pandemia COVID a oggi. Inflazione e tassi alti hanno reso prodotti certamente sicuri – come i principali bond europei e quelli USA – investimenti dal rendimento interessante a fronte di rischi assai contenuti. Con la fine del ciclo di rialzi ai tassi – e con i conti che dovranno essere inevitabilmente fatti – c’è chi ritiene però che di segni di cedimento ce ne siano già a sufficienza, abbinati ad una situazione politica ancora da valutare.

La vera domanda, che viene ripetuta anche da Alice Gledhill e Enda Curran sulle colonne di Bloomberg, riguarda chi sarà in grado di continuare a aumentare gli acquisti di titoli di debito. Il debito degli stati sovrani aumenta – e non è mai stato alto come fino a oggi – e se per ora si riescono a trovare ancora dei compratori, basterebbero eventi come i risultati delle europee in Francia – poi ridimensionati dalla tornata elettorale nazionale – a mandare segnali di cedimento lungo tutti i mercati.

Con le elezioni USA alle porte, il tema del debito pubblico dovrà tornare a farsi sentire

I candidati fino a oggi lo hanno evitato, come se si trattasse di un segreto che non è comunque buona cosa dibattere in pubblico. Cosa che andrebbe anche bene, se non fosse che il debito degli USA è forse quanto di più preoccupante c’è oggi sullo scenario internazionale. Un debito che è da sempre rifugio per chi vuole rendimenti sicuri e che per i più cinici presto potrebbe perdere questo status. Non per scarso apprezzamento del titolo dei titoli, ma piuttosto perché sarà difficile trovare acquirenti in grado di assorbire un’offerta di bond sempre crescente.

Con i due candidati (e vedremo presto cosa dirà e farà il terzo che rimpiazzerà Joe Biden) che ne parlano poco e male, il dubbio non sparisce e anzi si fa sempre più minaccioso. Cosa possiamo aspettarci dai prossimi quattro anni in termini di decisioni fiscali e di spesa pubblica? Come si potrà sostenere questa spesa pubblica? Al crescere del debito, che tipo di reazioni avranno i mercati ? E se entrambi i candidati faranno dello spendi e spandi una cifra distintiva del proprio programma, quando inizieranno a suonare la campana di allarme i mercati stessi? Domande alle quali non è possibile trovare risposta sul breve, ma che presto i mercati potrebbero comunicare nell’unico modo che conoscono, ovvero irrompendo sulle quotazioni e sui rendimenti.

Una questione che riguarda anche l’Europa

Anche qui questioni… elettorali. Con Von der Leyen che è stata rieletta anche sulla base di ambiziosi programmi verso le zero emissioni e un’Europa più verde possibile, viene da chiedersi come saranno finanziati da stati già indebitati fino al collo investimenti tanto necessari al raggiungimento dell’obiettivo quanto costosi.

Il gioco di equilibri delle piazze si è reso evidente alla prima difficoltà della Francia, che ha visto il suo spread verso i solidi Bund allargarsi in modo consistente. Mercati nervosi, dicono i più ingenui. Mercati che sanno invece che siamo già fuori tempo massimo, per i più cinici. E sapendo che siamo già al limite, non possono che rispondere violentemente a ogni sollecitazione.

Sarà questo il cigno nero che potrebbe interrompere i festeggiamenti per il tanto atteso soft landing?

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