Connect with us

News

Cina: inflazione a +0,4% sotto aspettative. Crescono timori per domanda interna. Altro stimolo in arrivo?

Preoccupazioni in Cina per l’inflazione, che non è ancora in target. Altro stimolo in arrivo?

Pubblicato

on

Cina prezzi

Gli ultimi dati arrivati dalla Cina quando in Italia eravamo nel cuore della notte non promettono nulla di buono. Non che ci si aspettasse altro: molti tra gli analisti hanno infatti interpretato gli ultimi stimoli di Pechino come un segnale di enorme difficoltà per l’economia cinese, se non di panico duro e puro. I prezzi dei produttori raccolti dal PPI sono in calo da 2 anni di fila e quelli per i consumatori sono in leggero rialzo soltanto per la performance dei frutta e verdura freschi – che stanno vivendo una stagione di forti rialzi dovuti a questioni climatiche e ambientali.

Una situazione che per la Cina si fa sempre più difficile: l’andamento al ribasso dei prezzi – o comunque con rialzi estremamente lontani dal target – testimonia ancora importanti difficoltà della domanda interna, che è il grattacapo più importante per le autorità di Pechino. Dopo questi dati sarà il caso di aspettarsi nuovi stimoli? Con ogni probabilità sì, con l’ulteriore problema però che i rendimenti degli stimoli sono storicamente decrescenti – e che per ora gli effetti sortiti sono stati fiacchi, se non sull’andamento dei principali titoli dell’economia cinese.

Inflazione ancora lontana dai livelli desiderabili

E non devono neanche ingannare i valori positivi che si sono fatti registrare, perché come riportato dagli uffici di statistica della Repubblica Cinese, in realtà il modesto rialzo dell’indice dei prezzi è imputabile al 100% all’aumento importante (e in doppia cifra) dei prezzi di frutta e verdura freschi sui mercati. Rialzi dovuti a fattori stagionali e climatici e che con ogni probabilità rientreranno già dalla prossima lettura.

Mentre in Europa e negli USA si combatte contro il problema contrario, per Pechino il problema rimane quello inverso: prezzi troppo bassi, che calano da troppo tempo e che ripropongono una crisi che su queste proporzioni non si vedeva dagli anni ’90. Crisi accompagnata da un aumento del PIL comunque di tenore importante, ma che da sola non riesce ad allontanare lo spauracchio per un rallentamento di enormi proporzioni.

Gli stimoli faranno la loro parte?

I numeri che sono arrivati oggi non hanno potuto approfittare dell’ondata di stimoli annunciata nelle ultime due settimane. Ci sarà ora da vedere se il piano – pantagruelico – di interventi sull’economia sarà sufficiente o se la Cina dovrà fare ricorso ad altri interventi.

Molto probabile per ora la seconda delle opzioni: Pechino ha infatti già messo le mani avanti dicendo di avere ancora (tanto) spazio per intervenire ancora. Per molti un segnale di panico, che sarebbe certificato da questi (brutti) dati. Con i mercati per chiusi di domenica, si dovrà pazientare qualche ora prima di raccogliere il verdetto di questi ultimi.

Analista economico dal 2009. Collabora con TradingOnline.com offrendo analisi su Forex, Macroeconomia e Azioni, con un occhio vigile sui mercati emergenti come Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Gianluca Grossi è anche caporedattore per la nota testata giornalistica Criptovaluta.it, quotidiano dedicato al mondo Crypto e Bitcoin ed è anche analista per Criptovaluta.it® Magazine, il settimanale della medesima organizzazione. Segue da vicino il mercato ETF, in particolare sulla piazza di New York.

Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

News

Unicredit, nella scalata a Commerzbank ha agito alla luce del sole dialogando con il governo tedesco

Nella scalata a Commerzbank, Unicredit avrebbe agito alla luce del sole dialogando con alcuni funzionari della cancelleria e del ministero delle finanze tedeschi.

Published

on

Unicredit, nella scalata a Commerzbank ha agito alla luce del sole dialogando con il governo tedesco

L’eventuale e al momento solo ipotetico matrimonio tra Unicredit e Commerzbank sembra sempre di più la trama dei Promessi sposi. Nei mesi precedenti l’acquisto della quota azionario della banca tedesca da parte di quella italiana, alcuni dirigenti di Unicredit avrebbero avuto dei colloqui con degli alti funzionari del governo tedesco, tra i quali ci sarebbero alcuni funzionari impiegati presso la cancelleria e il ministero delle finanze.

A rendere noti i colloqui intercorsi tra le parti è stata Reuters, che avrebbe visionato alcuni documenti dei parlamentari tedeschi.

Ma entriamo nel dettaglio e vediamo come si sta accadendo e quali sono gli ostacoli ad un eventuale matrimonio tra Unicredit e Commerzbank.

Unicredit su Commerzbank ha agisto alla luce del sole

Nel suo tentativo di scalata a Commerzbank, Unicredit ha agito alla luce del sole. Almeno stando alla documentazione visionata da Reuters. Alcuni dettagli degli incontri sono stati forniti in una risposta del governo a Matthias Hauer, un parlamentare tedesco: costituiscono uno dei resoconti più dettagliati dei contatti che si sono tenuti fino a questo momento tra la Germania e Unicredit, prima che quest’ultima iniziasse ad acquistare una quota importante di Commerzbank.

A questo punto è bene ricordare che il governo tedesco aveva dichiarato di essere sorpreso dalla mossa della banca italiana. Nella realtà dei fatti si scopre che Florian Toncar, segretario di Stato responsabile della vendita delle quote, ha parlato con Marion Hoellinger, responsabile della filiale tedesca di UniCredit, il 4 settembre in merito all’annuncio di un’agenzia governativa sulla vendita delle quote e di nuovo il 10 settembre.

Secondo la risposta del governo, che ha segnalato anche altri due colloqui con funzionari della cancelleria il 7 giugno e il 30 maggio, il presidente Pier Carlo Padoan ha incontrato Joerg Kukies, alto funzionario della cancelleria tedesca, a margine di una conferenza tenutasi a Parigi il 16 maggio. Ad ogni modo, benché il documento faccia luce sui vari incontri, offre pochi dettagli sul contenuto delle discussioni.

Hauer, deputato cristiano-democratico, ha affermato che la risposta ha evidenziato uno scambio vivace tra il governo tedesco e la banca italiana, sollecitando ulteriori indagini sulle modalità con cui il governo ha venduto l’intera quota a Unicredit anziché a un certo numero di investitori.

Sembra esplicitamente inserirsi in questo contesto la volontà della Germania di inasprire i requisiti di rendicontazione per gli investitori che stanno aumentando le loro partecipazioni nelle aziende del Paese. Anche se al momento stiamo parlando solo e soltanto di ipotesi, la mossa arriva subito dopo che Unicredit ha acquistato una consistente quota della Commerzbank.

La Germania starebbe valutando se obbligare gli investitori a rivelare una partecipazione del 3% costituita da una combinazione di azioni e derivati. La norma attuale prevede la divulgazione di tali partecipazioni combinate al livello del 5%.

Unicredit aveva costruito silenziosamente una quota di circa il 4,5% in Commerzbank attraverso azioni e derivati, ​​che non era stata tenuta a divulgare prima di acquistare un’ulteriore quota del 4,5% della banca dal governo tedesco a settembre.

Anche il sindacato si oppone a Unicredit

A mettersi di traverso ad un potenziale matrimonio tra Commerzbank ed Unicredit c’è anche il sindacato tedesco Verdi.

Frederik Werning, un funzionario del sindacato Verdi e membro del Consiglio di sorveglianza della Commerzbank, ha spiegato che l’opposizione non è dovuta al fatto che l’offerente è una banca italiana. Potrebbe essere francese o spagnola. Secondo Werning quando si fa una fusione ogni volta si dice che non cambierà nulla, ma una volta su due le promesse non vengono mantenute e si perdono dei posti di lavoro in Germania e in Italia.

Werning ha aggiunto che le banche che nasceranno dalla fusione si occuperanno dell’integrazione per almeno due anni, in un momento in cui la Germania ha bisogno di incrementare gli investimenti.

Continue Reading

Breaking News

Donald Trump: il programma economico raccontato a Bloomberg. Tasse giù al 15% per il made in USA

Donald Trump parla a Bloomberg e illustra il suo programma economico.

Published

on

Trump programma

Donald Trump ha partecipato ad un’evento-intervista organizzato da Bloomberg, nel quale ha illustrato almeno in parte la sua politica economica. Ampio spazio al debito – da parte di un pubblico forse poco amico – e per la supposta soluzione: quella di puntare sulla crescita degli Stati Uniti per rendere meno minaccioso un debito che in realtà già lo è. I temi economici hanno per ora toccato poco una campagna elettorale maggiormente concentrata su altre questioni, per quanto dai sondaggi emerga un’attenzione molto elevata da parte dell’elettorato.

C’è poi spazio per altro: confermata la volontà di imporre dazi di enorme rilevanza – che non saranno attribuiti però sulla base della vicinanza politica con Washington, dato che nella lista sono finite anche aree e mercati perfettamente allineati ai desiderata americani. Spazio anche a deregolamentazione, aumento dei tagli alle tasse per chi produce negli USA e altre misure che farebbero pensare ad un’importante onshoring. Tra il dire e il fare c’è certamente di mezzo il mare, ma il programma è stato almeno a grandi linee… delineato.

A qualcuno non quadra

I punti dei quali si tornerà certamente a parlare nei prossimi giorni sono diversi: è difficile trovare, anche munendosi del proverbiale lanternino, un solo economista che non ritenga i dazi come una misura che finirà per impattare in modo rilevante sulla capacità di spesa delle famiglie.

Difficile però al momento che arrivino commenti di segno opposto da Kamala Harris: il tema dei dazi e di una sorta di re-industrializzazione degli USA sembrerebbe avere un forte ascendente con l’elettorato.

L’intervista che trovate allegata a questo approfondimento rimane comunque il documento forse più importante fino ad oggi per la campagna elettorale USA e per iniziare a valutare le possibili conseguenze di una vittoria di Donald Trump. I mercati lo faranno durante tutto il cammino di avvicinamento al 5 novembre, data delle elezioni.

Continue Reading

Breaking News

ASML: disastro in borsa. Il titolo perde il 17%. Ordini sotto del 50% rispetto alle aspettative

ASML: è una giornata da ricordare in negativo per il gruppo dei chip olandese.

Published

on

ASML CROLLO

È un pomeriggio disastroso quello di ASML, la società che produce le macchine necessarie per produrre chip. Gli ordini sono esattamente la metà di quanto si aspettassero – in un momento altrimenti felice per il comparto – gli analisti e il titolo perde, nel momento in cui pubblichiamo questa notizia, circa il 17%. La stagione delle trimestrali parte così con un duro colpo a quello che è il settore sul quale un po’ tutto il mondo punta per uscire da un impasse economica più che aspettata dopo una stagione di tassi estremamente alti.

Per il terzo trimestre il gruppo ha portato sul banco ordini per 2,6 miliardi di euro, con gli analisti che invece si aspettavano cifre vicine ai 5,2-5,3 miliardi di euro. Un miss da storia della finanza e dell’economia e che ha innescato vendite a catena, esacerbate dal fatto che nessuno – dopo i dati di Nvidia degli ultimi giorni – si sarebbe aspettato. La compagnia olandese che produce macchinari per realizzare chip è uno dei (pochi) fiori all’occhiello dell’Europa Continentale.

Ordini più bassi da 1 anno a questa parte

Il numero è relativamente basso anche se messo in prospettiva. Era da terzo trimestre del 2023 infatti che non si vedevano ordini su questi livelli – per un trimestre che anche allora fu foriero di preoccupazioni importanti per tutti gli addetti ai lavori.

Il gruppo ha inoltre annunciato di aspettarsi una ripresa più graduale – con la lentezza che procederà anche per tutto il 2025 – cosa che ha peggiorato il sentiment sul titolo e ha contribuito ad una giornata da incubo che in molti ricorderanno molto a lungo.

A complicare ulteriormente la situazione è il fatto che il report si aspettava per domani ed è stato invece pubblicato per errore, secondo quanto è stato riportato da Bloomberg citando una persona informata dei fatti.

Nel complesso non si tratta comunque di un buon momento per una società europea che è la più importante dell’intera economia continentale e che ha perso oltre un terzo della propria capitalizzazione di mercato, complici anche sanzioni e stop alle vendite di origine politica.

La Cina, sempre secondo i dati che riporta Bloomberg, rimane e rimarrà il primo mercato per il gruppo (47% delle vendite), con le tensioni di carattere geopolitico che hanno per ovvi motivi ripercussioni anche sulle prospettive future del gruppo.

Continue Reading

News

Il rally del dollaro si prende una pausa. I trader guardano alla Fed

Il rally del dollaro si prende una pausa, anche se secondo molti analisti il biglietto verde può guadagnare ancora molto.

Published

on

Il rally del dollaro si prende una pausa. I trader guardano alla Fed

Si ferma il rally del dollaro, che si è indebolito nei confronti delle principali valute. A condizionare lo stop, almeno in parte, sono stati dei problemi tecnici. Il dollaro, nel corso degli ultimi due mesi, è riuscito a sfiorare i massimi, spinto dalle aspettative che la Fed proceda con dei modesti tagli dei tassi d’interesse da qui ad un anno e mezzo.

Il recente trend rialzista del dollaro, almeno secondo parte degli analisti, ha ancora molta strada da fare, anche se c’è molta incertezza geopolitica ed elettorale.

Jayati Bharadwaj, stratega globale FX presso TD Securities, ha spiegato che il dollaro può ancora portare a casa dei modesti guadagni: c’è molta incertezza macroeconomica che deve essere scontata. Secondo Bharadwa siamo a poche settimane dalle elezioni statunitensi, la più grande incertezza. E il mercato FX non ha affatto scontato questa incertezza.

Cosa condiziona il dollaro

Una serie di dati statunitensi hanno mostrato che l’economia è resiliente, mentre l’inflazione a settembre è aumentata più del previsto, spingendo i trader a ridurre le scommesse su ulteriori ampi tagli dei tassi da parte della Fed.

La banca centrale statunitense ha dato il via al suo ciclo di allentamento monetario con una mossa aggressiva di 50 punti base (bp) durante l’ultima riunione di politica monetaria di settembre, ma le aspettative del mercato si sono spostate verso un ritmo più lento dei tagli, rafforzando il dollaro.

Secondo i calcoli del LSEG, gli operatori stimano ora una probabilità dell’89% di un taglio di 25 punti base a novembre e una probabilità dell’11% di una pausa da parte della Fed, mantenendo il tasso dei fondi federali nell’intervallo obiettivo del 4,75%-5,0%.

Nelle contrattazioni di tarda mattinata, l’indice del dollaro, che misura la valuta statunitense rispetto a sei rivali, è scivolato dello 0,05% a 103,14, non lontano da 103,36, il livello più alto dall’8 agosto toccato lunedì.

Continue Reading

News

Volkswagen riapre le trattative con i sindacati il 30 ottobre. A rischio gli stabilimenti tedeschi

Le trattative tra Volkswagen ed i sindacati riprenderanno il prossimo 30 ottobre 2024. A rischio ci sono gli stabilimenti tedeschi.

Published

on

Volkswagen riapre le trattative con i sindacati il 30 ottobre. A rischio gli stabilimenti tedeschi

Volkswagen e il sindacato tedesco IG Metall avvieranno il secondo round di trattative sui tagli pianificati alle attività tedesche della casa automobilistica il 30 ottobre. I raprpesentanti dei lavoratori stanno insistendo sul fatto che l’azienda deve mantenere aperti tutti i siti tedeschi.

La tensione è alle stelle, poiché lo spettro della chiusura degli stabilimenti, che sarebbe una prima assoluta per l’azienda in Germania, metterebbe Volkswagen in rotta di collisione con i rappresentanti dei lavoratori, che costituiscono metà del consiglio di sorveglianza e possono influenzare le decisioni sulla strategia aziendale.

I problemi di Volkswagen

Volkswagen ha già provveduto ad annullare un vecchio accordo che garantiva posti di lavoro in sei stabilimenti tedeschi fino al 2029. Il gruppo automobilistico ha affermato di dover intensificare la campagna di riduzione dei costi per far fronte al calo della domanda, che ha determinato un sottoutilizzo della capacità produttiva degli stabilimenti. Volkswagen, tra l’altro, si scontra con la forte concorrenza dei produttori cinesi, che producono solo veicoli elettrici.

Thorsten Groeger, negoziatore dell’IG Metall, ha spiegato che è ormai trascorso abbastanza tempo dai primi negoziati perché il consiglio di amministrazione possa fare i suoi compiti. Il sindacato si aspetta che l’azienda presenti finalmente un piano generale per il prossimo decennio, che garantisca occupazione e utilizzo della capacità produttiva.

Nel primo round di trattative, tenutosi a fine settembre, i sindacati hanno chiesto il ripristino delle garanzie occupazionali oltre il 2030, l’utilizzo di tutti i siti tedeschi e un aumento di stipendio del 7%, in linea con le richieste salariali avanzate da IG Metall per l’intero settore, sulle quali sono in corso trattative separate.

Dopo che la Volkswagen respinse le richieste, i colloqui si conclusero senza un accordo e i sindacati hanno minacciato di dichiarare uno sciopero se non si fosse trovata una soluzione prima del 1° dicembre.

Le critiche dei sindacati tedeschi

Il più grande sindacato industriale tedesco ha criticato aspramente la proposta di aumento salariale per quasi 4 milioni di lavoratori in settori chiave, definendola insufficiente e troppo tardiva, innescando difficili trattative di contrattazione collettiva e possibili scioperi nella più grande economia europea.

L’aumento del 3,6% in un periodo di 27 mesi, annunciato formalmente dall’associazione regionale dei datori di lavoro Nordmetall, è in linea con quanto sarebbe stato messo sul tavolo a livello nazionale, è notevolmente inferiore al 7% chiesto dal sindacato.

Daniel Friedrich, capo negoziatore del distretto regionale del sindacato IG Metall nella Germania settentrionale, sostiene che è troppo poco: gli aumenti salariali arrivano troppo tardi e la durata è troppo lunga. Questo renderà difficile raggiungere rapidamente una buona soluzione.

Tra i datori di lavoro rappresentati nei colloqui, che si svolgono in tutto il Paese, figurano la Siemens, Mercedes-Benz e BMW.

Il gruppo dell’IG Metall per la Germania settentrionale ha dichiarato che valuterà l’offerta la prossima settimana e deciderà le ulteriori misure, tra cui potrebbe rientrare uno sciopero a partire dal 29 ottobre.

Lena Stroebele, che sta guidando le trattative per conto dei datori di lavoro nel distretto settentrionale, ha spiegato che la proposta prevede un aumento salariale scaglionato dell’1,7% a partire dal 1° luglio 2025 e dell’1,9% all’anno successivo.

Secondo Lena Stroebele l’offerta del sindacato è un segno di apprezzamento per i dipendenti, anche in tempi di crisi. Allo stesso tempo, siamo al limite di ciò che le nostre aziende associate possono gestire in generale.

Angelique Renkhoff-Muecke, rappresentante dei datori di lavoro del distretto meridionale della Baviera, ritiene accettare la proposta del sindacato creerebbe un danno enorme, dato che l’intera industria tedesca sta attraversando una crisi strutturale dell’industria tedesca e la contrazione degli ordini.

In questo round di colloqui non è inclusa nei colloqui la Volkswagen, che ha le proprie trattative collettive interne, il cui secondo round dovrebbe iniziare il 30 ottobre.

Continue Reading

Trending