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Flop per il “black friday” alla cinese. Consumatori con il freno a mano

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Suonerà strano per molti, ma anche in Cina ci sono ricorrenze squisitamente commerciali come il Black Friday. È il Giorno dei Single, nato come contrapposizione alla Festa degli Innamorati e che negli anni si è trasformata in una festa dello shopping. Come negli USA e in Europa per il Black Friday, anche per il Double 11 (questo un altro dei nomi con il quale è conosciuta la ricorrenza) ci sono sconti un po’ ovunque, in particolare sulle grandi piattaforme per lo shopping online. Non occupandoci da queste parti di fenomeni di costume, a interessarci è altro: date le incerte condizioni economiche per la popolazione cinese, quest’anno si spenderà meno.

Secondo dati che sono stati diffusi da Bain, il 77% dei consumatori cinesi ha in programma di spendere meno dell’anno precedente. Un segnale che non riguarda l’attrattiva della ricorrenza (per quanto in parte sia attaccata appunto dalla popolarità del Black Friday), ma della debolezza della domanda interna cinese da parte dei privati e dei singoli. Un altro segnale dei problemi che Pechino sta vivendo e che appaiono oggi come non mai di difficile soluzione.

Il double 11 non sconvolge più

Solo il 23% pensa di spendere di più

Certo, è un dato che non può fotografare nel complesso l’andamento del sentiment dei consumatori cinesi, ma ha comunque significato per chi vuole capire come potrebbe evolvere la situazione economica in Cina. Ormai da qualche mese si parla – dati alla mano – di una domanda interna molto fiacca che è tanto causa quanto effetto della debolezza dell’economia di Pechino. Le incertezze vissute dai cittadini cinesi sono d’altronde più intense di quelle vissute negli USA o in Europa: a una crisi globale ormai in arrivo, si aggiunge un crollo verticale del settore immobiliare, con tutti gli annessi e i connessi che una situazione del genere innesca.

I cinesi, almeno stando alle analisi di Bain, sono poco tranquilli. E il 77% pertanto ha pianificato di spendere, al massimo, quanto speso l’anno precedente, il che vuol dire che una larga fetta dei consumatori cercherà di essere maggiormente parsimoniosa rispetto al 2022. I dati delle vendite, che arriveranno tra qualche giorno, aiuteranno a confermare queste tesi, in realtà condivise da chiunque segua da vicino quanto accade a Pechino e dintorni.

Sempre secondo la ricerca di Bain, la questione non riguarderebbe soltanto il Double 11 nello specifico: i consumatori cinesi sono pronti, per il 71%, a spendere meno di quanto speso in passato in generale, segnale anche questo cristallino di una debolezza strutturale della domanda interna.

Consumi in ritirata, sentiment dei consumatori giù

Sempre meno voglia di pagare un premium

Per chi guarda ai mercati azionari – inclusi quelli europei – c’è un altro dato interessante. Il 48% dei cinesi intervistati ha affermato di avere intenzione di passare a brand meno costosi o di guardare in direzione delle private label. Un segnale importante per un paese che oggi è cruciale per le vendite e i risultati di tutte o quasi le grandi aziende occidentali. Apple, che dovrà affrontare anche un semi-ban, ma anche i brand del lusso di proprietà di LVMH, così come i grandi marchi dell’auto.

La Cina, fino a poco tempo fa Terra Promessa in grado di moltiplicare le vendite dei marchi più prestigiosi, oggi ha tutto l’aspetto di un fiume dalla portata sempre più ridotta. E con i crescenti attriti anche politici, l’outlook per il futuro di breve periodo non appare in miglioramento.

Chiaro è che il segnale sia pessimo anche per l’economia cinese. Un gioco dove perdono tutti, cosa che è già diventata argomento per chi vuole riappacificare i due blocchi, anche se forse per riaprire un mercato dei chip del quale abbiamo già parlato più volte proprio su questo sito.

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