LinkedIn chiude class action con accordo da 6,2 milioni

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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LinkedIn chiude una class action che riguardava visualizzazioni truccate per le pubblicità acquistate dagli inserzionisti con un accordo da 6,625 milioni di dollari. L’accordo non prevederebbe l’ammissione di colpevolezza da parte del gruppo che gestisce il social network più gettonato per il recruiting e per le discussioni che riguardano il mercato del lavoro. L’accordo sarà operativo una volta che il giudice Susan van Keulen lo validerà e sarebbe arrivato nelle mani della corte nella tarda serata di ieri.

LinkedIn nega ogni tipo di sofisticazione delle visualizzazioni delle pubblicità acquistate dagli inserzionisti, pur avendo confermato essa stessa nel novembre 2020 la presenza di un bug, poi corretto, che avrebbe causato 418.000 sovrafatturazioni, con la grande maggioranza che secondo quanto viene riportato da Reuters sarebbe stato sotto i 25$. Il brand, che è ora nelle mani di Microsoft, ha anche accettato un audit esterno per verificare le metriche di visualizzazione e nel caso correggerle. La notizia non ha impattato sul titolo $MSFT, che arriva da un finale di luglio incandescente anche a causa della questione Crowdstrike, bug informatico che ha causato interruzioni di servizio per aeroporti, attività commerciali, ATM, banche e anche canali televisivi.

Manca l’ok dei giudici, ma l’accordo non dovrebbe slittare

Si chiude così una class action di non grande impatto economico – tanto da spingere i mercati ad ignorare la notizia in prima battuta, che però sul medio e lungo periodo sarebbe potuta diventare un problema, anche in termini di innesco di altre eventuali pretese da parte di altri utenti.

Al centro un bug la cui rimozione è stata comunicata dal gruppo già nel novembre 2020 e che avrebbe causato sovrafatturazioni per più di 400.000 casi, come ammesso dalla stessa azienda ormai quasi quattro anni fa. L’aver riconosciuto l’errore e aver posto riparo per quanto possibile non ha impedito però la nascita di una class action, che a meno di clamorosi stravolgimenti dovrebbe chiudersi con un accordo da poco più di 6 milioni di dollari.

Bottino magro per gli avvocati e per i ricorrenti, ma che chiude la storia – presumibilmente per sempre – per uno dei gruppi più importanti del settore social network. Le azioni Microsoft nel frattempo hanno continuato sul trend positivo di giornata, stimolato da dati PCE non ottimali, ma comunque lontani dalle paure che avevano iniziato a trovare spazio ai piani alti di Wall Street.

Il problema delle visualizzazioni

La causa si trascinava da fine 2020 e riguardava il conteggio di visualizzazioni anche quando in realtà la visualizzazione non era avvenuta, perché l’utente del social avrebbe scrollato senza far partire il video. Il gruppo ha rimborsato, in forma di credito, quanto sovrafatturato.

L’accordo chiuderebbe definitivamente la questione per tutti gli inserzionisti che hanno acquistato pubblicità tra il gennaio 2015 e il maggio 2023, periodo ampio rispetto a quello durante il quale il bug sarebbe stato all’opera.

Ora la palla passerà però anche ad un team esterno di auditor, che avranno il compito di investigare sul sistema informatico utilizzato da LinkedIn per il conteggio delle visualizzazioni, di effettuare report e eventualmente di consigliare dei miglioramenti.

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