Northvolt: 1.600 licenziamenti. Il crollo dell’elettrico presenta il conto

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Written by Gianluca Grossi
Attivo come analista economico dal 2009, collaboro con TradingOnline.com dove fornisco approfondimenti sul Forex, sulla macroeconomia e sul mercato azionario, prestando particolare attenzione alle economie in ascesa quali quelle di Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Ricopro inoltre il ruolo di caporedattore per il rinomato giornale online Criptovaluta.it, una risorsa chiave per chi è interessato al settore delle criptovalute e del Bitcoin. Il mio interesse si estende al mercato degli ETF, soprattutto quelli negoziati a New York, mantenendo sempre un'attenta osservazione sulle dinamiche di mercato.
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Forse non è finito, ma ne uscirà certamente ridimensionato. Parliamo del sogno di Northvolt di diventare un costruttore di batterie per auto elettriche solido e in grado di competere con i principali produttori mondiali. Il gruppo ha annunciato infatti 1.600 licenziamenti e un piano di ridimensionamento importante, che è frutto dei pessimi numeri dell’elettrico in Europa e dai segnali allarmanti che arrivano anche da oltreoceano. Una brutta notizia per tutto il comparto, con la gigafactory del gruppo che era stata presa più volte ad esempio, anche dalla politica, da replicare anche altrove.

Attiva dal 2016, era stata anche oggetto di investimenti cospicui da parte di grandi brand dell’auto, come Volkswagen. Quella stessa Volkswagen che licenzierà forse 20 volte tanto di quanto ha fatto Northvolt, in parte per gli stessi problemi. Atene non ride, Sparta piange e l’elettrico continua a lanciare segnali molto preoccupanti per tutto il settore auto europeo.

Uno dei momenti più difficili della storia

Per il gruppo, come ha riportato Corriere della Sera, sarebbe il momento più difficile della sua storia, citando le parole dell’italiano Daniele Maniaci.

I primi 1.000 che saranno allontanati dal loro posto di lavoro sono nella gigafactory di Skelleftea, mentre altri 600 saranno distribuiti tra altri stabilimenti produttivi.

Sfuma anche il sogno, ambizioso, di fornire oltre 500.000 batterie, cifra tanto simbolica quanto concreta che avrebbe decretato una volta per tutte la nascita di un gigante della produzione di batterie Made in Europe, che soffre le difficoltà dei suoi clienti principali, tra i quali oltre la già citata Volkswagen anche la svedese Volvo e BMW.

Con i dati sulle vendite in Europa (ma anche altrove in verità, fatta eccezione per alcune isole felici come la Cina) non c’è scampo – e si dovrà necessariamente ridurre il personale e forse anche parte di quel sogno di cui abbiamo parlato in apertura. Northvolt paga anche la fine degli incentivi e prezzi per le auto elettriche che sono fuori portata per una larga parte della popolazione, anche quando si parla di modelli entry level.

Creditori in allarme

Secondo quanto riportano diverse testate i creditori si sarebbero già rivolti a PJT Partners di New York per valutare le prossime possibili mosse per un gruppo che sembrerebbe avere sostanziali difficoltà anche di carattere finanziario.

Male anche la costruzione della megafactory in Quebec, in ritardo cronico e che potrebbe superare, secondo il governo locale, i 18 mesi. Duro colpo per un gruppo dalle difficoltà già evidenti e che secondo alcuni analisti potrebbe essere il canarino nella miniera per un settore, quello delle auto elettriche, che nel giro di pochi mesi si è trasformato da unico canale di possibile redditività per i gruppi dell’auto a pozzo senza fondo di investimenti a fronte di vendite in calo costante, soprattutto dove mancano incentivi.

Nel complesso i tagli valgono circa un quinto della forza lavoro globale del gruppo. Non è chiaro per il momento se i numeri (assai maggiori) circolati in passato siano ancora sul tavolo e se i 1.600 licenziamenti saranno soltanto l’inizio di un ciclo di riduzione del personale più importante.

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