Scaroni di Enel: l’Italia ha bisogno di 20 centrali nucleari per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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Il presidente di Enel, Paolo Scaroni, questo sabato ha fatto delle considerazioni importanti sulla situazione italiana di fronte agli obiettivi di sostenibilità che il nostro paese ha sottoscritto. L’intervento è stato molto interessante e ha riguardato diversi punti chiave della situazione energetica attuale: la necessità di aumentare la produzione da fonti pulite, incluso possibilmente il nucleare, la concorrenza cinese sui pannelli e sulle turbine eoliche, ma anche gli investimenti sulla rete di distribuzione dell’energia elettrica che spesso sono un ingrediente trascurato -ma fondamentale- della transizione energetica.

Enel è stata in prima linea per oltre due decenni nel guidare la trasformazione del mix energetico in Italia, avendo installato gran parte dei grandi centri per la produzione di energia eolica e fotovoltaica del paese. Il management però ritiene che in questo momento sia meglio puntare sulla distribuzione di energia, un business che assicura dei ritorni prevedibili essendo finanziato con una percentuale sulle bollette pagate dai clienti finali. Questa è una strategia che anche Terna Rete sta seguendo, nel tentativo di catturare una parte dell’aumento della domanda di energia elettrica che proviene dal numero crescente di veicoli ibridi ed elettrici in circolazione.

presentazione della notizia su presidente di Enel a favore del nucleare in Italia
Il presidente di Enel ritiene che solo fotovoltaico ed eolico non bastino per raggiungere il net-zero

Scaroni: senza nucleare, il net-zero è quasi impossibile

Paolo Scaroni ritiene che l’Italia abbia fatto grandi progressi sulle rinnovabili, ma che al tempo stesso queste fonti di energia non siano sufficienti a raggiungere gli obiettivi di medio e lungo termine che il nostro paese si è impegnato a rispettare di fronte all’Unione Europea e alle Nazioni Unite. Le centrali nucleari, secondo Scaroni, sono un componente importante della strada da seguire per poter pensare di raggiungere il net zero entro il 2050. Il presidente di Enel ritiene che sarebbe necessario installarne almeno 20 per costruire le basi per il raggiungimento del net zero.

L’energia nucleare non è rinnovabile, ma produce meno CO2 per kW persino rispetto all’eolico e al fotovoltaico -per via della CO2 liberata dalla produzione dei pannelli solari e delle pale eoliche-. In Italia, l’ultimo referendum si è tenuto nel 2011: da quel momento molte cose sono cambiate, tra cui l’invasione dell’Ucraina che ha reso sensibilmente più caro alimentare le tante centrali a gas del nostro territorio. Inoltre l’Italia ha fatto da mediatrice per l’accordo internazionale con cui il G7 si è impegnato ad abbandonare il carbone entro il 2035, altro fattore che causa una maggior necessità di fonti alternative di energia.

Gli ultimi reattori nucleari in Italia sono stati spenti nel 1990

Il commento sul dominio cinese nelle rinnovabili

Enel sta espandendo il suo impianto di produzione di pannelli fotovoltaici in Sicilia, anche con l’aiuto di un contributo dato dal governo. Una delle minacce affrontate dalla società è il fatto che, attualmente, costa molto meno importare i pannelli fotovoltaici dalla Cina: da mesi l’UE continua a discutere per capire se convenga introdurre dei dazi o se questi possano rallentare eccessivamente il cammino verso un settore energetico più sostenibile. Scaloni ritiene che l’Unione dovrebbe seguire l’esempio americano e aumentare le barriere alle importazioni, ma non si è spinto così in là da fare considerazioni sulle accuse di concorrenza sleale che più volte l’UE ha rivolto alle imprese cinesi.

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