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Lo sciopero dei portuali Usa si chiude, ma le compagnie di navigazione arrivano a perdere il 9,5% in Borsa

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Nella costa orientale e nel Golfo degli Stati Uniti i porti hanno riaperto nella serata di ieri. I lavoratori e gli operatori portuali hanno, finalmente, raggiunto un accordo salariale che ha permesso di mettere la parola fine allo sciopero, ritenuto uno dei più importanti del settore. Il problema, almeno per il momento, è quello di riuscire a smaltire tutto l’arretrato: operazione che richiederà un po’ di tempo.

La parola fine allo sciopero è stata messa prima rispetto a quanto la maggior parte degli investitori avesse previsto, riuscendo a mettere fine alle aspettative relative ai titoli del settore spedizioni in tutta l’Asia. Gli analisti non prevedono più un aumento delle tariffe di trasporto.

Le conseguenze dello sciopero dei portuali

A seguito dello sciopero indetto dai portuali statunitensi almeno 54 navi portacontainer si sono messe in coda fuori dai porti per tre giorni. Lo stop alle operazioni impediva lo scarico delle merci e minacciava di rendere difficili le operazioni di approvvigionamento (i prodotti contenuti nelle navi sono i più disparati, passando dalle banane per arrivare ai ricambi auto). La stima delle navi ferme è aggiornata alle 4 di ieri pomeriggio (3 ottobre 2024), ma con ogni probabilità nel corso delle prossime ore arriveranno degli altri carichi.

Il sindacato dei lavoratori dell’International Longshoremen’s Association (ILA) e gli operatori portuali della United States Maritime Alliance (USMX) hanno annunciato l’accordo e la fine immediata dello sciopero nella tarda serata di giovedì. Alcune fonti citate da Reuters hanno affermato che le parti hanno concordato un aumento salariale di circa il 62% in sei anni, portando i salari medi a circa 63 dollari l’ora da 39 dollari l’ora.

Lo sciopero dei portuali statunitensi ha avuto un impatto sulle azioni delle compagnie di navigazione asiatiche, che hanno subito un forte calo. Tony Huang, analista di Taishin Securities Investment Advisory, spiega che i titoli del settore marittimo avevano registrato un rialzo in precedenza, in seguito alle aspettative di aumento dei prezzi innescate dallo sciopero dei lavoratori portuali statunitensi e dalla situazione di tensione in Medio Oriente. Secondo Huang, con la fine dello sciopero il fattore aumento dei prezzi non sarà più in gioco.

In Giappone, Nippon Yusen, che aveva raggiunto un massimo storico il giorno prima, è crollata del 9% e Kawasaki Kisen è scesa del 9,5%. Mitsui OSK Lines è scesa del 7% nel giorno di contrattazioni più intenso degli ultimi 18 mesi.

In Corea del Sud, HMM è scesa del 6,6% al minimo di tre settimane e Pan Ocean è scesa del 5,7%. A Taiwan, Evergreen Marine, Linee Wan Hai e Yang Ming Marine hanno registrato anche cali compresi tra l’8,8% e il 10%, registrando i cali più significativi degli ultimi mesi.

A Hong Kong, Orient Overseas è stato il titolo con la perdita maggiore dell’indice Hang Seng, con un calo dell’8%.

Le motivazioni che stanno dietro allo sciopero

Lo sciopero indetto da ILA ha coinvolto 45.000 lavoratori portuali (il più importante dal 1977) e ha interessato 36 porti dal Maine al Texas. Gli analisti di JP Morgan ritengono che la mobilitazione sia costata all’economia statunitense qualcosa come 5 miliardi di dollari al giorno.

A pagare il maggiore dazio allo sciopero sono i rivenditori, che rappresentano circa la metà dell’intero volume di spedizione dei container: Walmart, IKEA e Home Depot dipendono in larga misura dai porti della costa orientale e della costa del Golfo.

Secondo i dati della polizza di carico di Import Yeti, una società di dati, alcuni degli importatori che si affidano ai porti interessati vanno da IKEA e Walmart a Goodyear Tire & Rubber. Anche i porti della costa orientale sono destinazioni chiave per il caffè e i prezzi sono già aumentati a causa delle interruzioni portuali.

Lo sciopero si è concluso con un accordo provvisorio sui salari, anche se le due parti continueranno a discutere di altre questioni, tra cui l’uso dell’automazione nei porti che, secondo i lavoratori, porterà alla perdita di posti di lavoro.

Pierpaolo Molinengo
Pierpaolo Molinengohttps://www.pierpaolomolinengo.com/
Laureato in materie letterarie e giornalista pubblicista iscritto all'Albo dal 2002 [Link di verifica iscrizione all'Albo]. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin da subito, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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