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Iraq, nuovo bando per le licenze di esplorazione del gas

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L’Iraq ha annunciato domenica di aver aperto le porte alle aziende straniere per partecipare a una gara d’appalto volta all’esplorazione e allo sviluppo di nuovi giacimenti di gas naturale in 11 blocchi. Come membro dell’OPEC, il paese mira a incrementare la produzione di gas naturale necessario per le centrali elettriche interne, allo stesso tempo riducendo le importazioni che mettono a dura prova il bilancio nazionale.

L’iniziativa prevede l’assegnazione di otto blocchi nella provincia occidentale di Anbar, uno nella città settentrionale di Mosul e altri due lungo i confini tra le province, tra cui uno tra Anbar e Mosul e un altro tra la città meridionale di Naja e il resto dell’Iraq, come dichiarato dal ministero del petrolio in un comunicato.

Il ministero ha già completato i preparativi per il lancio della sesta fase di gara d’appalto, tuttavia non è stata ancora fissata una data precisa per l’inizio del processo di offerta.

Immagine di copertina, "Iraq, Nuovo bando per le licenze di esplorazioni dei giacimenti di gas", sfondo della mappa politica dell'Iraq.
Il bando consentirà l’assegnazione delle licenze per l’esplorazione in 8 differenti blocchi.

La pratica del gas flaring

L’Iraq è il secondo più grande produttore di petrolio all’interno dell’OPEC e, attualmente, la maggior parte del gas associato che viene estratto dai suoi pozzi di petrolio viene bruciato anziché essere catturato e utilizzato per la generazione di energia. Di conseguenza, l’Iraq dipende dalle importazioni di gas naturale dall’Iran per soddisfare fino al 40% del suo fabbisogno di generazione di energia.

Gli Stati Uniti stanno esercitando pressioni sul governo iracheno affinché modifichi questa situazione e sfrutti le sue stesse riserve di gas naturale. Come risposta, il governo iracheno ha recentemente dichiarato l’intenzione di porre fine alle importazioni di gas naturale entro il 2026.

L’Iraq riconosce che questa pratica di bruciare il gas è uno spreco di denaro. Il primo ministro iracheno, Mohammed Shia al-Sudani, ha fatto notare che attualmente vengono bruciati ogni giorno 1.200 metri cubi di gas naturale provenienti dall’Iraq, oltre a importarne altri 1.000 metri cubi dall’Iran. Questo comporta una spesa annuale di almeno 4 miliardi di dollari per il paese.

Nonostante l’Iraq sia un firmatario dell’iniziativa “Zero Routine Flaring” promossa dalla Banca Mondiale e dalle Nazioni Unite, che mira a porre fine alla pratica di bruciare il gas entro il 2030, finora sono stati compiuti progressi limitati in questo ambito.

Immagine di alcuni gasdotti.
Dal 25 marzo i flussi di gas e petrolio tramite il gasdotto Iraq-Turchia sono sospesi.

L’Iraq possiede riserve significative di gas naturale, che lo collocano al dodicesimo posto nel mondo con circa 131 trilioni di metri cubi. Tuttavia, a causa della mancanza di sufficiente combustibile per le centrali elettriche, il paese soffre di blackout cronici che causano interruzioni nella fornitura di energia.

Intanto, nel corso della giornata di lunedì, a Baghdad si è tenuto un incontro tra una delegazione tecnica turca nel settore dell’energia e funzionari petroliferi iracheni al fine di esaminare la possibilità di riprendere le esportazioni petrolifere settentrionali dell’Iraq.

Lo stop è stato causato da una sentenza di arbitrato emessa dalla Camera di Commercio Internazionale (ICC), che ha portato alla sospensione, da parte della Turchia, delle esportazioni settentrionali dell’Iraq tramite il gasdotto Iraq-Turchia, che ammontano a 450.000 barili al giorno (bpd), a partire dal 25 marzo.

Nei primi anni di attività giornalistica si è dedicato principalmente al mondo delle crypto, in seguito è approdato su TradingOnline.com per occuparsi del settore tech e di innovazione.

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Investimenti

Petrolio, in mattinata il Brent guadagna l’1,9% grazie alla decisione dell’Opec+

Positive le quotazioni del petrolio dopo la decisione dell’Opec+ di rimandare il taglio della produzione di un mese.

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Petrolio, in mattinata il Brent guadagna l'1,9% grazie alla decisione dell'Opec+

Le quotazioni del petrolio beneficiano della decisione dell’Opec+ di ritardare di oltre un mese i piani per aumentare la produzione. Tra l’altro i mercati si sono preparati ad una settimana particolarmente delicata, contrassegnata dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti e da una riunione chiave in Cina.

Soffermandosi sulle quotazioni del petrolio, i futures Brent hanno registrato un +1,9% e si sono attestati a 74,49 dollari al barile in prima mattinata; mentre il greggio West Texas Intermediate (WTI) ha registrato un +2% per attestarsi a 70,90 dollari.

Ma cerchiamo di capire come si stanno muovendo le quotazioni del petrolio.

Quotazioni petrolio, la decisione dell’Opec+

L’Opec+ ha comunicato, nel corso della giornata di domenica, la sua decisione di estendere il taglio della produzione di 2,2 milioni di barili al giorno (bpd) per un altro mese: fino a dicembre. L’aumento è già stato ritardato a causa del calo dei prezzi e della domanda debole.

Stando alle indicazioni fornite in queste ore, l’Opec+ avrebbe dovuto aumentare la produzione di 180 barili al giorno dal mese di dicembre.

In una nota gli analisti di Ing hanno spiegato che il ritardo fino a gennaio, sostanzialmente, non cambia i fondamentali, ma lascia il mercato in balia delle decisioni dell’Opec+. Il ritardo, infatti, ha sorpreso molti investitori, che ritengono che l’organizzazione procedesse con l’aumento della produzione pianificata. La decisione di posticipare, ad ogni modo, sembrerebbe indicare il fatto che il gruppo è disposto a sostenere i prezzi molto di più di quanto in molti possano credere.

L’Opec+ è pronta a srotolare gradualmente il taglio di 2,2 milioni di bpd nei prossimi mesi, mentre altri 3,66 milioni di bpd di tagli alla produzione rimarranno fino alla fine del 2025.

La scorsa settimana, Brent e WTI hanno registrato cali settimanali di circa il 4% e il 3%, rispettivamente, poiché la produzione record degli Stati Uniti ha pesato sui prezzi. Ma entrambi i contratti sono saliti venerdì sulle notizie secondo cui l’Iran potrebbe lanciare un attacco di ritorsione contro Israele in pochi giorni.

Nel corso della giornata di giovedì, il sito web di notizie statunitense Axios ha detto che l’intelligence israeliana ha suggerito che l’Iran si stia preparando ad attaccare Israele dall’Iraq nel giro di pochi giorni, citando due fonti israeliane non identificate.

Secondo Yeap Jun Rong, uno stratega di mercato presso IG, al momento appare difficile capire se il trend rialzista delle quotazioni del petrolio possa essere sostenuto dalla precedente reazione positiva iniziale all’aumento ritardato della produzione. La tensione geopolitica sembrerebbe essere svanita.

Per ora, i prezzi del petrolio potrebbero rimanere in un ampio intervallo di consolidamento, con qualsiasi rialzo che potrebbe trovare una certa resistenza al livello di 78,50 dollari.

I mercati attendono le elezioni presidenziali statunitensi di domani martedì 5 novembre; i sondaggi mostrano il vicepresidente democratico Kamala Harris e l’ex presidente repubblicano Donald Trump testa a testa. Giovedì scorso gli economisti si aspettavano che la Federal Reserve tagliasse i tassi di interesse di 25 punti base.

In Cina, il Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo dovrebbe approvare ulteriori stimoli per aumentare il rallentamento dell’economia, anche se gli analisti dicono che la maggior parte potrebbe aiutare a ridurre il debito del governo locale.

Come si muovo i mercati del Golfo

L’Opec e l’Arabia Saudita hanno ripetutamente affermato di non puntare a un certo prezzo e di prendere decisioni basate sui fondamentali del mercato e nell’interesse di bilanciare domanda e offerta.

Indice azionario di riferimento dell’Arabia Saudita è sceso dello 0,4%, penalizzato da un calo dell’1,6% nel produttore di prodotti in alluminio Al Taiseer Group e dal calo del 2% di Saudi Arabian Mining Company. La società di telecomunicazioni Etihad Etisalat, però, ha registrato un +1,8%, dopo che l’azienda ha collaborato con Telecom Egypt per posare il primo cavo sottomarino saudita che collega Arabia Saudita ed Egitto attraverso il Mar Rosso.

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Investimenti

Petrolio, il Brent guadagna l’1,9% e il WTI il 2,1%. Continuano le tensioni in Medio Oriente

Le tensioni in Medio Oriente aumentano. Le quotazioni del petrolio, in prima mattinata, sono positive.

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Petrolio, il Brent guadagna l'1,9% e il WTI il 2,1%. Continuano le tensioni in Medio Oriente

Nel corso della giornata le quotazioni del petrolio hanno ampliato i guadagni, portando a casa oltre un dollaro al barile e riducendo le perdite settimanali. A condizionare i prezzi del greggio sono le notizie secondo cui l’Iran starebbe preparando un attacco di rappresaglia contro Israele partendo, in uno dei prossimi giorni, dall’Iraq.

In mattinata i future sul greggio Brent hanno guadagnato  l’1,9% arrivando a quota 74,20 dollari al barile; mentre i future sul West Texas Intermediate hanno registrato un +2,1% e si è posto a 70,70 dollari.

Axios, che ha citato due fonti non identificate, ha riportato che l’intelligence israeliana avrebbe ipotizzato che l’Iran stia preparando ad attaccare Israele con un gran numero di droni e missili balistici partendo dal territorio iracheno nel corso dei prossimi giorni. Con ogni probabilità l’attacco dovrebbe avvenire prima delle elezioni presidenziali previste negli Usa il 5 novembre 2024. Ole Hvalbye, analista di SEB Research, ritiene, correttamente, che quanto anticipato possa portare allo scoppio di ulteriori ostilità entro pochi giorni.

Quotazione del petrolio, da cosa sono condizionate

A sostenere le quotazioni del petrolio sono le aspettative che l’Opec+ possa ritardare l’aumento pianificato delle estrazioni in programma per dicembre. L’aumento della produzione potrebbe essere rimandato di un mese o più – almeno stando a quanto hanno riferito a Reuters alcune fonti informate dei fatti -. A preoccupare, in questo momento, ci sarebbe la debole domanda di petrolio e l’aumento dell’offerta. La decisione, ad ogni modo, potrebbe essere presa nel corso della prossima settimana.

I prezzi del petrolio sono sulla buona strada per un calo settimanale di oltre l’1%, e faticano a riprendersi dalla perdita del 6% di lunedì, dopo che l’attacco di Israele contro l’esercito iraniano del 26 ottobre ha aggirato gli impianti petroliferi e nucleari e non ha interrotto le forniture di energia.

Hvalbye ha affermato che, nonostante la situazione in Medio Oriente possa degenerare prima del previsto, sia Israele sia l’Iran sembrano restii a scatenare una guerra regionale su vasta scala.

Tony Sycamore, analista di IG, ha spiegato che ogni ulteriore risposta da parte dell’Iran potrebbe rimanere moderata, simile all’attacco limitato di Israele dello scorso fine settimana, e quindi intesa principalmente come una dimostrazione di forza piuttosto che come un invito a dichiarare guerra aperta.

Secondo Tony Sycamore è molto probabile che la prossima settimana tutte le scommesse vengano cancellate, in vista delle elezioni statunitensi e della riunione del comitato permanente dell’NPC cinese. Sycamore ritiene che a condizionare le decisioni sia chi vincerà le elezioni negli Stati Uniti e da quali dettagli sugli stimoli fiscali, se ce ne saranno, emergeranno dalla riunione del comitato permanente dell’NPC.

Secondo gli analisti, la vicepresidente Kamala Harris e l’ex presidente Donald Trump hanno opinioni diverse su Iran e Russia, il che potrebbe portare a cambiamenti nelle politiche statunitensi nei confronti dei produttori di petrolio.

Petrolio, cosa succede nel resto del mondo

In Cina, l’attività manifatturiera è tornata a crescere a ottobre, come ha mostrato un sondaggio del settore privato venerdì, riecheggiando un sondaggio ufficiale di giovedì che ha mostrato che l’attività manifatturiera è aumentata a ottobre per la prima volta in sei mesi. Entrambi i sondaggi suggeriscono che le misure di stimolo stanno avendo effetto.

In una nota gli analisti di Goldman Sachs hanno spiegato che la composizione della crescita sarà ancora più incentrata sull’interno rispetto alla tipica espansione pre-Covid in Cina, data l’attuale contrazione nell’edilizia abitativa e il ruolo più limitato degli investimenti infrastrutturali.

Le scorte di benzina negli Stati Uniti sono scese inaspettatamente la scorsa settimana, raggiungendo il minimo degli ultimi due anni, a causa del rafforzamento della domanda, ha affermato mercoledì l’Energy Information Administration (EIA), mentre anche le scorte di greggio hanno registrato un inaspettato calo, in quanto le importazioni sono diminuite.

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Petrolio, le quotazioni crollano del 5%. A pesare è la rappresaglia di Israele contro Teheran

La rappresaglia di Israele contro Teheran ha fatto crollare le quotazioni del petrolio in mattinata. Le aspettative degli analisti.

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Petrolio, le quotazioni crollano del 5%. A pesare è la rappresaglia di Israele contro Teheran

Crollate di quattro dollari al barile le quotazioni del petrolio dopo che, nel corso del fine settimana, Israele ha avviato la propria rappresaglia nei confronti dell’Iran. L’attacco, ad ogni modo, non ha colpito gli impianti petroliferi e non ha determinato il blocco delle forniture di greggio.

In mattinata i future sul greggio Brent e quelli Us West Texas Intermediate hanno sfiorato i minimi dal 1° ottobre. Poco dopo le 9:00 il Brent ha toccato 71,93 dollari al barile, registrando un -5,4% (pari a 4,12 dollari in meno), mentre il WTI si è attestato a 67,75 dollari al barile, portando a casa un -5,6% (pari a 4,03 dollari in meno).

Ricordiamo che la scorsa settimana i principali benchmark del petrolio avevano guadagnato il 4%, in un momento in cui c’era grande volatilità. I mercati, infatti, hanno scontato l’incertezza delle elezioni statunitensi in programma il 5 novembre 2024 e la portata della prevista risposta di Israele all’attacco missilistico iraniano dello scorso 1° ottobre 2024.

Petrolio, scatta la rappresaglia di Israele

Prima dell’alba di sabato decine di jet israeliani hanno portato a termine tre ondate di attacchi contro alcune fabbriche di missili e altri siti vicini a Teheran e nell’Iran occidentale. 

La maggior parte degli analisti ritengono che il premio di rischio accumulato dalle quotazioni del petrolio in previsione dell’attacco di Israele si sia sostanzialmente esaurito.

Secondo John Evans, del broker petrolifero PVM, la risposta di Israele è stata fortemente influenzata dall’amministrazione guidata da Joe Biden. Allo stesso tempo, però, Vivek Dhar, analista della Commonwealth Bank of Australia, non ritiene che le tensioni in Medio Oriente si possano ridurre in tempi rapidi. Secondo Dhar nonostante la scelta di Israele di una risposta poco aggressiva all’Iran, permangono numerosi dubbi sul fatto che Israele e i suoi alleati (Hamas e Hezbollah) siano sulla buona strada per un cessate il fuoco duraturo.

Max Layton, analista di Citi, ha deciso di abbassare il target price del Brent per i prossimi tre mesi da 74 a 70 dollari al barile, tenendo conto di un premio di rischio più basso nel breve termine.

Ashley Kelty, analista di Panmure Liberum, spiega che la retorica dei ministri dell’OPEC+ nelle prossime settimane in merito alla revoca delle quote sarà un fattore chiave per le quotazioni del petrolio: un rinvio degli aumenti della produzione diventa più probabile a causa delle deboli prospettive fondamentali e degli elevati prezzi di pareggio necessari per la maggior parte dei membri del cartello.

L’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio e i suoi alleati hanno mantenuto invariata la politica di produzione di petrolio nel corso del mese di settembre. Non è stata nemmeno cassata l’ipotesi di iniziare ad aumentare la produzione da dicembre. Il gruppo si riunirà il 1° dicembre prima di una riunione plenaria dell’OPEC+.

In India crolla l’uso del petrolio russo

Bharat Petroleum Corporation, una raffineria indiana, ha affermato che l’uso del petrolio russo è calato al 34% del fabbisogno totale di greggio nel trimestre luglio-settembre 2024. A determinare questo cambio di passo è stata la chiusura per manutenzione delle unità nelle raffinerie di Bina e Kochi, ha affermato lunedì il responsabile finanziario.

Bharat Petroleum Corporation, che può processare circa 706.000 barili al giorno (bpd) nelle sue tre raffinerie in India, ha soddisfatto circa il 40% del suo fabbisogno di petrolio con forniture russe nel trimestre di giugno.

BPCL lavora principalmente petrolio russo nella sua raffineria di Bina, nell’India centrale, con una capacità di 156.000 barili al giorno, e nella raffineria di Kochi, nello stato meridionale del Kerala, con una capacità di 310.000 barili al giorno.

Le importazioni di petrolio greggio dall’India dalla Russia sono aumentate dell’11,7% a circa 1,9 milioni di barili al giorno a settembre, rappresentando circa due quinti delle importazioni complessive di greggio della nazione nel mese, come hanno mostrato all’inizio di ottobre i dati sulle petroliere ottenuti da fonti del settore.

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Petrolio, il Brent in mattinata guadagna lo 0,4%. Chiusura settimanale positiva

Il petrolio potrebbe chiudere la settimana in territorio positivo. I riflettori sono ancora punti sul Medio Oriente e sulle esportazioni dalla Russia.

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Il petrolio potrebbe chiudere la settimana in territorio positivo. I riflettori sono ancora punti sul Medio Oriente e sulle esportazioni dalla Russia.

In mattinata il prezzo del petrolio è in leggero rialzo. Le quotazioni sono sulla buona strada per riuscire a chiudere un guadagno settimanale superiore all’1%: le tensioni nella principale area del mondo nella quale si estrae petrolio – il Medio Oriente – e la ripresa dei colloqui per il cessate il fuoco a Gaza hanno tenuto sulle spine i trader.

Saliti, in mattinata, di 31 centesimi i future sul Brent, che sono, quindi riusciti a guadagnare lo 0,4% posizionandosi a quota 74,69 dollari al barile. Il greggio West Texas Intermediate degli Usa ha guadagnato uno 0,4% raggiungendo i 70,48 dollari al barile (guadagnati 29 centesimi).

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire come si sta muovendo il petrolio.

Petrolio in leggero rialzo in prima mattinata

In una nota Tony Sycamore, analista di mercato di IG, resta dell’opinione che il prezzo corretto del petrolio sia intorno ai 70 dollari, in attesa di nuovi fattori trainanti, tra cui l’esito della riunione del Comitato permanente dell’NPC cinese e la risposta di Israele all’attacco missilistico dell’Iran del 1° ottobre.

Tutti e due i parametri di riferimento si sono attestati a 58 centesimi al barile nel corso della precedente sessione: le quotazioni hanno oscillato in risposta alle aspettative di un aumento o di una riduzione delle tensioni in Medio Oriente.

Gli operatori del settore stanno aspettando una risposta di Israele all’attacco missilistico dell’Iran avvenuto lo scorso 1° ottobre. Un eventuale contromossa di Tel Aviv potrebbe arrivare a colpire le infrastrutture petrolifere di Teheran e a interrompere le forniture. Alcune indiscrezioni, ad ogni modo, riferiscono che Israele avrebbe intenzione di colpire unicamente degli obiettivi militari iraniani, non nucleari o petroliferi.

Funzionari statunitensi ed israeliani sarebbero pronti a riprendere i colloqui per un cessate il fuoco e per il rilascio degli ostaggi a Gaza nel corso dei prossimi giorni. In precedenza i tentativi per raggiungere un accordo sono falliti.

Antony Blinken, segretario di Stato Usa, ha affermato che gli Stati Uniti non vogliono una prolungata campagna israeliana in Libano. La Francia, invece, ha chiesto un cessate il fuoco e si sta concentrando sulla diplomazia.

Sotto la lente d’ingrandimento degli investitori sono finite le misure di stimolo all’economia di Pechino. Gli analisti non si aspettano che le nuove misure possano dare una spinta alla domanda di petrolio dalla Cina. 

Goldman Sachs ha lasciato invariate le sue previsioni sui prezzi del petrolio, del gas naturale e del carbone, stimando che gli stimoli cinesi sui prezzi dell’energia saranno modesti rispetto a fattori più importanti come l’offerta di petrolio dal Medio Oriente e le condizioni invernali per il gas naturale.

Le esportazioni di petrolio dalla Russia

Caleranno del 13% a novembre rispetto ad ottobre le esportazioni di petrolio dai tre principali porti occidentali della Russia, che si attesteranno a 1,95 milioni di barili al giorno. 

Gli operatori del mercato tengono costantemente sotto controllo le esportazioni dai porti occidentali di  Primorsk, Ust-Luga e Novorossiisk: rappresentano, infatti i flussi più volatili e sono fortemente influenzati dall’assorbimento delle raffinerie nazionali.

Nel corso del 2024 la Russia è riuscita a mantenere delle esportazioni elevate di petrolio, anche se ha dovuto ammettere una sovrapproduzione di greggio, superando la quantità concordata dall’Opec+.  Il paese ha promesso di effettuare ulteriori tagli per compensare dalla fine del 2024.

La Russia ha ridotto la produzione di petrolio greggio a settembre di 28.000 barili al giorno (Bpd), portandola a circa 9 milioni di Bpd. I carichi di petrolio russo dai porti occidentali diminuiranno a novembre, rispetto ai 2,25 milioni di barili al giorno di ottobre.

Si prevede che le raffinerie di petrolio in Russia aumenteranno le lavorazioni il mese prossimo dopo una manutenzione stagionale importante a settembre-ottobre. A novembre la raffinazione del petrolio russo aumenterà: la Russia prevede di mettere offline solo 1,8 milioni di tonnellate della sua capacità di raffinazione, in netto calo rispetto ai 4,4 milioni di tonnellate di ottobre.

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Oro ad un nuovo massimo a 2.757,99 dollari l’oncia. Bene anche il dollaro

L’oro riesce a raggiungere un nuovo massimo, diventando il bene rifugio per eccellenza per molti investitori. Bene anche il dollaro.

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Oro ad un nuovo massimo a 2.757,99 dollari l’oncia. Bene anche il dollaro

L’oro brilla e raggiunge un livello record, riuscendo a sfidare l’aumento del dollaro, il quale, a sua volta, è riuscito a mantenere sotto pressione lo yen e l’euro. Notizie meno entusiasmanti per le azioni, che hanno registrato un leggero calo determinato dalla riluttanza degli investitori a piazzare delle scommesse importanti in vista delle elezioni negli Stati Uniti, che si terranno tra due settimane.

In questo momento gli investitori sembrerebbero intenzionati a riconsiderare l’entità dei tagli ai tassi di interesse da parte della Fed: a modificare il sentiment sono stati i dati economici Usa, che hanno messo in evidenza che l’economia è in continua espansione e si stanno creando dei posti di lavoro. Gli operatori, almeno fino ad un mese fa, stimavano che potesse esserci un taglio pari ad un punto percentuale entro il mese di gennaio: adesso l’aspettativa si è spostato più vicina a mezzo punto.

Ma entriamo un po’ più nel dettaglio e cerchiamo di capire come si stanno muovendo l’oro, il dollaro e le azioni.

A cosa guardano gli investitori

Sotto i riflettori, quest’oggi, sono finiti anche i Titoli del Tesoro statunitensi, che hanno subito un duro colpo. I rendimenti sono saliti ai massimi degli ultimi tre mesi e hanno spinto il dollaro verso picchi plurimensili nei confronti dell’euro, sterlina e yen. Quest’ultimo è tornato a quota 150 dollari, situazione che ha fatto sì che le autorità giapponesi intervenissero, almeno verbalmente.

Le azioni hanno iniziato a scendere, ma continuano ad essere vicine ai massimi storici. Questo suggerisce che gli investitori, almeno per il momento, si stiano concentrando maggiormente sugli aspetti positivi dell’economia e degli utili.

L’indice MSCI All-World è sceso dello 0,1% nella giornata, riflettendo la debolezza dell’Europa, dove lo STOXX 600 è sceso dello 0,1%. I futures sugli indici azionari statunitensi, che hanno perso anch’essi lo 0,1%.

Kathleen Brooks, direttrice della ricerca XTB, ha spiegato che l’andamento dei prezzi nel mercato azionario di questa settimana suggerisce che il raggiungimento del 50° massimo storico per l’indice S&P 500 potrebbe essere un obiettivo difficile, con le elezioni statunitensi così vicine. Negli Stati Uniti, infatti, il 5 novembre si andrà a votare: questo è il motivo per il quale gli investitori si stanno preparando ad una maggiore volatilità del mercato.

L’oro raggiunge un nuovo massimo. Il dollaro regge

Le maggiori aspettative degli investitori, in queste settimane, sono relative ai tassi d’interesse Usa, che potrebbero non scendere rapidamente. Fattore che ha sostenuto il dollaro.

Da parte sua, invece, l’oro ha sostanzialmente ignorato la forza della valuta statunitense ed è riuscito a raggiungere un nuovo massimo storico a 2.757,99 dollari l’oncia. Il conflitto in Medio Oriente, secondo alcuni analisti, avrebbe fornito una scusa per investire proprio nell’oro.

Il rendimento del benchmark dei titoli del Tesoro USA a 10 anni è aumentato di altri 2,6 punti base al 4,2316%. È aumentato di quasi 50 punti base da quando la Fed ha tagliato i tassi di mezzo punto il 18 settembre ed è destinato al suo più grande aumento mensile in un anno.

Prashant Newnaha, stratega senior dei tassi Asia-Pacifico presso TD Securities, ha spiegato che la svendita dei titoli del Tesoro si è intensificata questa settimana, poiché i mercati hanno riconosciuto che la Fed rischia di riaccendere l’inflazione se dovesse tornare a un’economia forte. Secondo Newnaha, le crescenti probabilità di vittoria di Trump stanno anche attenuando le aspettative del mercato circa un proseguimento dell’allentamento da parte della Fed nel 2025 e non si può escludere la possibilità che la Fed si metta da parte per sei mesi l’anno prossimo.

Con il dollaro e i rendimenti USA in aumento, altre valute sono state sotto pressione. Lo yen giapponese, la valuta principale con la peggiore performance quest’anno, si è nuovamente indebolito, lasciando il dollaro in rialzo dello 0,9% a 152,45, il suo massimo da fine luglio.

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