Legge europea sulla conservazione della natura: svolta dell’ultimo minuto con l’Austria a favore

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Written by Alessandro Calvo
Diplomato in Scienze Economiche presso l'Ateneo di Torino, mi dedico alla vita di nomade digitale con un focus particolare sugli investimenti azionari. Rivesto il ruolo di gestore e analista capo per il portfolio di azioni su TradingOnline.com. Come ricordato da Peter Lynch, è importante tenere a mente che investire in azioni non equivale a giocare alla lotteria; rappresenta piuttosto la detenzione di una quota parte di un'impresa
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Proprio nel bel mezzo del tumulto politico europeo, arriva una svolta su una delle riforme che potenzialmente potrebbero avere l’impatto più forte sull’ambiente e sull’economia dell’Unione. Leonore Gewessler, ministra dell’ambiente in Austria, ha deciso di cambiare opinione all’ultimo momento e di appoggiare la riforma sulla conservazione della natura. Questa è una decisione a sorpresa, dal momento che teoricamente la posizione di Gewessler in Europa è all’interno della coalizione dei conservatori. Il resto della coalizione è stato contrario alla riforma fin dal primo giorno e questa decisione mostra una spaccatura importante all’interno del gruppo.

Il voto austriaco potrebbe essere decisivo e spostare un grande equilibrio europeo. Si parla di miliardi di euro per ogni paese, e non pochi: soprattutto per i paesi con più natura da preservare, come l’Italia, il peso di questa riforma sui bilanci potrebbe essere molto rilevante. La settimana che si accinge ad aprirsi sarà quella finale per il voto: il governo Meloni si è già detto fortemente contrario alla riforma, ma attualmente il nuovo emiciclo non si è ancora insediato. Di conseguenza i verdi hanno ancora, per poche settimane, la forza necessaria per passare le riforme in sospeso in sede europea.

Il costo complessivo previsto per i paesi europei è di €154 miliardi

Colpo di scena a poche ore dal voto

Entro le prossime 24 ore si conoscerà il risultato finale del voto europeo sulla riforma per la conservazione della natura. La riforma prevede che i paesi UE debbano ripristinare l’ecosistema naturale e marittimo che è stato sottratto alla natura dopo la rivoluzione industriale. Si parla di una ristorazione di almeno il 20% del territorio entro il 2030, qualcosa che per l’Italia avrebbe un costo stimato di €10-15 miliardi. In un momento in cui il nostro paese non ha risorse per riforme emergenti per l’economia, le forze politiche italiane persino da sinistra non sembrano essere granché d’accordo con il nuovo regolamento. La destra si oppone in modo netto.

La spaccatura tra paesi favorevoli e contrari è talmente bilanciata che il cambio di posizione austriaco potrebbe essere sufficiente a ribaltare il risultato. Già a marzo sembrava che la riforma sarebbe passata, ma l’Ungheria ha poi ritirato il suo supporto facendo crollare la maggioranza. Questa volta il colpo di scena è al contrario e giocherebbe a favore di chi supporta la riforma. I paesi che si oppongono sono Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Svezia, Belgio, Finlandia e Polonia. Francia e Germania sono a favore, ma i loro leader si trovano a fare i conti con un momento di forte impopolarità e potrebbero decidere di cambiare idea.

Serve ancora un paese oltre all’Austria per trovare una maggioranza per l’approvazione della legge

L’ultimo colpo dei verdi?

Le elezioni europee hanno segnato la chiara sconfitta del partito verde e di Renew, i due gruppi europei più orientati al supporto di questa riforma. Il nuovo Parlamento, però, si insedierà a luglio e di conseguenza quello attuale ha ancora la facoltà di passare delle riforme prima di lasciare il proprio ruolo. L’appoggio di Macron e Scholz è stato determinante nel trovare una base di supporto per passare la riforma, ma entrambi hanno ottenuto pessimi risultati elettorali e il primo sembra destinato a lasciare la presidenza a Marine Le Pen. La scelta di andare nella direzione contraria a quella indicata dagli elettori, approvando una legge che sottrarrà agli Stati membri una quantità importante di risorse dalle manovre finanziarie dei prossimi anni, potrebbe essere un ulteriore problema politico per i premier di Francia e Germania.

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