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News Economia

Biden promuove il successo della sua politica economica

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Il presidente Joe Biden era a Chicago mercoledì per tenere un discorso importante sulla sua agenda economica e sui successi raggiunti durante il suo mandato in carica.

Durante il discorso presso il restaurato Old Chicago Main Post Office, su un podio adornato da segni blu e bianchi che recavano la scritta “Bidenomics“, il presidente ha sottolineato che gli Stati Uniti hanno registrato il tasso di crescita economica più elevato rispetto alle altre economie mondiali dal periodo della pandemia.

Immagine di copertina, "USA, Joe Biden prova a calmare le preoccupazioni sull'economia", sfondo della bandiera degli Stati Uniti.
Nel suo discorso a Chicago il presidente ha parlato della sua agenda economica e degli importanti risultati raggiunti.

La “Bidenomics” nel dettaglio

Il Presidente Joe Biden ha sottolineato la sua agenda economica, evidenziando la differenza rispetto alla filosofia di governo ridotto sostenuta dai repubblicani. Per decenni Biden ha criticato le politiche repubblicane, inclusa quella attuata dal suo predecessore Donald Trump, definendole un fallimento per la classe media.

Secondo lui, l’approccio della trickle-down economics non teneva conto della creazione di posti di lavoro e dell’industria nazionale, portando invece alla delocalizzazione delle attività per ridurre i costi.

Il Presidente ha difeso il suo approccio più interventista, sostenendo che sta già generando benefici, soprattutto per gli americani a basso reddito, e sta stimolando l’industria statunitense. Ha evidenziato che gli Stati Uniti stanno registrando la crescita più elevata tra le principali economie mondiali dall’inizio della pandemia di coronavirus, con l’aggiunta di 13 milioni di posti di lavoro.

Biden ha sottolineato che le sue politiche mirano a effettuare investimenti intelligenti, favorire la crescita della classe media e promuovere la concorrenza per ridurre i costi e sostenere le piccole imprese.

Il discorso di Biden ha evidenziato la sua intenzione di porre l’economia al centro della sua campagna per un secondo mandato, una strategia che potrebbe essere rischiosa considerando che molti americani sono insoddisfatti delle condizioni economiche attuali, con l’inflazione in aumento. Inoltre, le previsioni indicano la possibilità di una recessione prima del giorno delle elezioni.

Secondo molti economisti, le misure ampie proposte da Biden, che includono incentivi per l’energia pulita, la produzione di semiconduttori e l’infrastruttura, rappresentano il più ambizioso sforzo per stimolare l’industria statunitense degli ultimi decenni.

Immagine di una persona che regge un cartello con scritto "SAVE the MIDDLE CLASS".
Nel suo approccio interventista Biden afferma di puntare a sostenere la classe media.

Lo spettro della recessione

Il Comitato Nazionale Repubblicano ha emesso una dichiarazione affermando che la politica economica di Biden sta mostrando segni di fallimento. Come prova di ciò, citano i risultati di sondaggi che rivelano una percezione negativa dell’economia da parte degli americani e mettono in evidenza l’alto livello di inflazione.

Secondo un sondaggio condotto da Economist/YouGov a giugno, quasi il 60% degli americani disapprova il modo in cui Biden sta gestendo l’inflazione e i prezzi, mentre circa la metà lo giudica negativamente per quanto riguarda l’occupazione e l’economia nel complesso.

Tuttavia, nonostante le preoccupazioni sollevate, il mercato del lavoro ha continuato a sorprendere positivamente gli economisti. All’inizio di quest’anno, il tasso di disoccupazione è sceso al 3,4%, raggiungendo il livello più basso dal 1950 e segnando un risultato senza precedenti per gli afroamericani.

Ogni mese, le aziende continuano ad aggiungere centinaia di migliaia di posti di lavoro. Attualmente, l’occupazione tra gli americani di età compresa tra i 25 e i 54 anni si attesta a un livello storicamente elevato, con circa l’80% di loro impiegati.

In risposta alle critiche, Biden e i suoi consiglieri sottolineano che questi dati positivi li incoraggiano a ritenere che le previsioni pessimistiche di una recessione imminente siano esagerate. Prima di partire per Chicago, Biden ha criticato gli economisti che hanno costantemente previsto una recessione imminente senza che ciò si sia concretizzato.

Nonostante ciò, cominciano a emergere alcune problematiche. L’aumento dei tassi di interesse, determinato dalla lotta all’inflazione condotta dalla Federal Reserve, ha portato a una serie di licenziamenti nel settore tecnologico e finanziario e al fallimento di diverse banche come nel caso della famosa Silicon Valley Bank.

Inoltre, il sostegno finanziario fornito durante la pandemia, che ha aiutato le famiglie a mantenere le loro finanze e a sostenere la spesa, potrebbe essere in fase di esaurimento. Secondo Bloomberg Economics, il patrimonio liquido medio delle famiglie appartenenti al 40% più povero della distribuzione dei redditi è ora inferiore di 1.200 dollari rispetto al periodo pre-Covid.

La tempistica e la gravità di una potenziale recessione sono ancora incerte e potrebbero influenzare un’elezione che si terrà tra 16 mesi. Inoltre, ci sono numerosi fattori non strettamente economici che influenzeranno il voto, come le questioni legate all’aborto, l’età di Biden e le crescenti tensioni con la Cina.

Nei primi anni di attività giornalistica si è dedicato principalmente al mondo delle crypto, in seguito è approdato su TradingOnline.com per occuparsi del settore tech e di innovazione.

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Investimenti

Indagine di Fed: mercati temono recessione più di inflazione. Timore per i dazi di Donald Trump e per spesa pubblica

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Paura Mercati Inflazione Fed

Secondo una recente indagine di Federal Reserve, l’inflazione non sarebbe più una preoccupazione, almeno per i professionisti della finanza. A preoccupare maggiormente ci sono gli effetti che la vittoria di Trump avrà sul debito pubblico, insieme a preoccupazioni per una recessione e anche per limitazioni al commercio globale. La prima e la terza, senza dubbio alcuno, sono legate al prossimo ciclo politico degli USA, che sarà governato da un presidente che ha promesso dazi importanti verso i paesi non allineati e anche verso quelli allineati che non riconosceranno la supremazia del dollaro.

Sul debito pubblico in crescita, ci saranno invece da valutare gli impegni, per ora solo di propositi, sulla riduzione considerevole delle agenzie federali e conseguentemente della spesa pubblica. Si tratta di DOGE, il dipartimento guidato da Elon Musk e Vivek Ramaswamy, i cui esiti per il momento però non possono che essere incerti.

Addio preoccupazioni per l’inflazione, benvenute preoccupazioni per la recessione

In realtà sono preoccupazioni che albergano sui mercati – e che sono parzialmente riflesse nel mercato dei bond – ormai da qualche settimana. L’atteggiamento più hawkish in pubblico di Jerome Powell non sembrerebbe aver tolto dalla mente dei mercati che ora il rischio è quello di essere in ritardo sul ciclo e di arrivare con tassi troppo alti (e superiori al tasso neutrale). Tassi troppo alti che finirebbero per favorire un trend di rallentamento atteso per l’economia USA e più in generale per l’economia a livello mondiale.

A esacerbare il rischio recessione, i dazi di Trump: un rallentamento considerevole dei commerci internazionali avrebbe, secondo gli specialisti, un effetto recessivo importante su tutte le principali economie. Siamo però ancora nel campo delle ipotesi. Chi ha una certa esperienza delle cose dei mercati e di quelle politiche non potrà che ricordarsi di quanto, in passato, le promesse elettorali siano state poi diverse dalla realtà.

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Investimenti

Parla Jerome Powell: a rischio tagli da 25 punti base a dicembre? Mercati risk on giù!

Parla Jerome Powell e gela chi attende tagli certi e spediti: mancano segnali da economia.

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FED TAGLI PARLA POWELL

Jerome Powell conferma quello che è il sentiment che ha iniziato a serpeggiare sui principali mercati già da oggi. Non vi è alcuna fretta, dice il Presidente di Federal Reserve, di mettere mano ai tagli. Una situazione complessivamente articolata, quella che si sta verificando negli USA, che si basa però su un caposaldo importante: l’economia sta andando bene e le pressioni sono tornate sulla necessità di tagliare l’inflazione piuttosto che sullo stimolo all’economia.

I mercati ancora aperti, come quello di Bitcoin, hanno reagito con una contrazione importante, testimoniando così la dipendenza almeno sul medio e lungo periodo del ritorno su livelli di tassi non restrittivi. Per la reazione delle borse principali, al netto di quanto sta avvenendo sull’after hours, si dovrà comunque aspettare domani. Di tempo affinché i mercati digeriscano quanto in realtà avevano iniziato a digerire già da oggi ce n’è.

Un Jerome Powell titubante: tagli potranno aspettare

Non è chiaro se si sia riferito già all’appuntamento del 18 dicembre, ultimo dell’anno, durante il quale i mercati si attendono comunque in maggioranza che ci siano dei tagli da 25 punti base. Ad ogni modo Jerome Powell è stato relativamente chiaro: l’economia non sta mandando segnali che spingano Federal Reserve ad affrettarsi nel taglio ai tassi.

Un gioco di equilibri all’interno di una singola frase che però lascia aperta la porta comunque a tagli a gennaio per poi rivalutare la situazione già a gennaio 2025. Jerome Powell continua inoltre a indicare nei dati l’unica bussola che Fed seguirà per le prossime decisioni. Dichiarazioni che non indicano in realtà nulla di nuovo, ma che sono bastate a gettare nello sconforto almeno parte degli asset risk on. La sentenza definitiva arriverà domani, alla riapertura di mercati tradizionali, che decreteranno se ci sarà ulteriore spazio per la corsa oppure se sarà il caso riconsiderare la corsa incredibile che ha comunque occupato tutto il 2024.

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News Economia

Inflazione secondo aspettative negli USA: +2,6% per CPI, +3,3% per CORE. Ora tagli in dubbio?

Arrivano i dati dell’inflazione USA, perfettamente allineati con le previsioni. Bitcoin spinge verso il record.

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INFLA USA COSA

Tutto secondo previsioni, o forse no. L’inflazione negli USA fa registrare una Core ferma al 3,3%, e un’inflazione classica al 2,6%, vicina a quella delle previsioni che si erano però rapidamente innalzate nel corso delle ultime ore. Siamo dunque in linea con quanto i mercati si aspettavano, per quanto questi dovranno emettere la loro sentenza definitiva durante la riapertura dei mercati alle 15:30 ora italiana. Difficile interpretare per ora, alla luce del rimbalzo per l’inflazione classica, quali saranno gli intendimenti di Federal Reserve per l’incontro del FOMC di dicembre, che è ancora in bilico per quanto riguarda la possibilità di tagliare o non tagliare i tassi di ulteriori 25 punti base.

Una situazione che comunque non è di particolare angoscia per i mercati, che non prenderebbero forse troppo male la possibilità di rallentare il percorso di ritorno verso i tassi neutrali (che però nessuno conosce), cosa che potrebbe essere interpretata anche come maggiore fiducia verso il soft landing, l’atterraggio morbido per l’economia USA che potrebbe a questo punto evitare la recessione.

Intanto i mercati già aperti…

Per ora atteggiamento pimpante anche sul mercato di riferimento quando le borse USA sono chiuse, ovvero quello di Bitcoin. Spike verso l’alto poi ampiamente corretto e poi ripartito, segno che di incertezza ce n’è ancora tanta e che servirà a conferma la guida da parte delle borse USA per capire quale direzione prendere.

Dati che dunque non cambiano granché a livello macro – con i prossimi sul mercato del lavoro che potrebbero essere i più importanti per quanto riguarda la prossima decisione di Federal Reserve. Decisione che comunque non sarà granché decisiva in termini di ritorno verso tassi espansivi. Come ha già ricordato infatti Jerome Powell, siamo ancora ampiamente in territorio restrittivo e con ogni probabilità dovremo rimanerci ancora a lungo, almeno fino a quando non si sarà convinti al 100% della traiettoria dell’inflazione verso il 2%.

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Investimenti

Parla Neel Kashkari di Fed Minneapolis: se inflazione sopra +2,4% no tagli ai tassi

Si riapre lo scenario del “no tagli” a dicembre. Parla Neel Kashkari di Federal Reserve Minneapolis.

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KASHKARI TAGLI

Parla Neel Kashkari di Federal Reserve Minneapolis – tra i falchi designati di questo ciclo – che mette le mani avanti sulle prossime decisioni di Federal Reserve per quanto riguarda i tassi di interesse, che saranno dettate anche dal dato sull’inflazione in arrivo il 13 novembre. Un dato sull’inflazione che ci si aspetta relativamente alto e in controtendenza rispetto al calo degli scorsi mesi.

Un dato alto che potrebbe, dice Kashkari, mettere in dubbio il taglio previsto per dicembre, ovvero il secondo dei tagli che sarebbero dovuti arrivare a conclusione del 2024. Poco male, per quanto i mercati preferirebbero certamente avere un altro taglio e dunque un ritorno a maggiore liquidità il prima possibile.

Tra il dire e il fare, lo spauracchio dell’inflazione…

Il problema torna a essere quello di qualche mese fa. L’inflazione potrebbe tornare a fare capolino. Tenendo conto di un mercato del lavoro che è però ancora forte, potrebbe essere proprio l’aumento dei prezzi per i consumatori a tornare preponderante e dunque a indirizzare le prossime decisioni di Fed. Questo almeno nella lettura di Neel Kashkari, che ha un atteggiamento mediamente hawkish e che i mercati non sembrerebbero condividere appieno.

Servirebbe un dato importante – nel senso di un dato più alto delle previsioni – che sono fissate intorno al 3,3% in termini di consenso per la Core e al 2,4% invece per l’inflazione classica. Per ora Fed Watchtool indica come probabilità dei tagli di 25 punti base a dicembre il 62%. Qualcosa che potrebbe cambiare comunque secondo il dato di domani, come ha appunto indicato Kashkari, che sarà anche hawkish, ma che nel caso di inflazione più alta del previsto potrebbe finire per avere ragione. Una ragione che potrebbe avere un impatto negativo su borse che stanno vivendo un grande 2024. E che aprirebbe però di nuovo ad una lettura ancor più interessante: se si può rallentare sui tagli, vuol dire che Fed ha enorme fiducia sulla possibilità di un soft landing, fiducia dettata dallo stato complessivo dell’economia USA.

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Investimenti

Federal Reserve taglia di 25 punti base. Occhi puntati sul discorso di Jerome Powell

Federal Reserve taglia i tassi di 25 punti base. Ora parla Powell che darà una direzione ai mercati.

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Fed tagli tassi

Il FOMC delibera quanto era più che scontato. Taglio di 25 punti base ai tassi di interesse negli USA, seguendo quanto Powell aveva già indicato nella precedente riunione. Dovrebbe essere, a meno di clamorosi rimbalzi da parte dell’inflazione, il penultimo dei tagli di questo 2024. Cosa che però dovrà essere confermata anche dalla conferenza stampa di rito di Jerome Powell che si terrà alle 20.30 ora italiana. Una conferenza stampa che arriva al termine di una settimana che è stata dominata dalla questione elettorale.

La vittoria di Donald Trump non impatterà in alcun modo sulle prossime decisioni di una banca centrale, Federal Reserve, che rimane la più indipendente dal potere politico al mondo. Cii sarà però da fare qualche considerazione di medio e lungo periodo, in particolare in corrispondenza con politiche fiscali che si preannunciano come fortemente espansive, politiche fiscali che dovranno con ogni probabilità portare ad una sorta di contenimento delle politiche monetarie gestite da Federal Reserve.

Tutto secondo programma

Tutto secondo programma da Federal Reserve, con il FOMC che chiude la riunione comunicando tagli da 25 punti base. Tagli che erano stati in realtà anticipati da Jerome Powell e che sono giustificati sia da un rallentamento dell’inflazione, sia al tempo stesso da un rallentamento del mercato del lavoro. Per ora le condizioni per un soft landing sembrerebbero confermate: trimestrali e PIL confermano un’economia USA ancora in salute.

L’ultima parola però dovranno darla i mercati, per ora relativamente fiduciosi di quanto sta facendo Powell – tenendo però sempre conto del fatto che non tutto sarà nelle mani di Federal Reserve. Ora occhi puntati sulla conferenza stampa di Jerome Powell: il Presidente di Federal Reserve non è uomo di grandi proclami – e gli analisti si produrranno in esegesi di gesti, sguardi e parole per cercare di capire quale sarà la prossima direzione di Federal Reserve in termini di tassi.

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