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Commissione Europea rivede PIL al ribasso. È crisi aperta?

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Europa PIL

La Commissione Europea rivede al ribasso le proiezioni del PIL dell’Area Euro, complici preoccupazioni crescenti sulla tenuta della locomotiva tedesca, ormai ritenuta il grande malato d’Europa e non più in grado di trainare crescita e eventuale ripresa dell’Unione. Le preoccupazioni – che in realtà circolano tra analisti e mercati ormai da tempo – hanno raggiunto anche i piani più alti della politica europea, e sono ora certificati da previsioni che correggono al ribasso le precedenti.

Anche per l’inflazione e per il sogno di eliminarla quanto prima sembra ci sia da aspettare. Sempre secondo le medesime proiezioni l’inflazioni rimarrà su livelli elevati, con un rientro che sarà previsto forse soltanto per il 2025. Una fotografia relativamente impietosa di un continente la cui economia appare essere in grande difficoltà e – almeno per il momento – incapace di reagire, complice la fiacchezza di Berlino e del settore industriale tedesco.

La Commissione rivede le proiezioni al ribasso

Proiezioni al ribasso: cosa dice la Commissione Europea

La fonte è certamente autorevole e gli analisti e i gestori presteranno orecchio a quanto è contenuto nelle ultime proiezioni della Commissione Europea riguardo la crescita in area Euro. Tutte le previsioni sono state riviste al ribasso: per il 2023 è ora prevista una crescita di solo lo 0,8% contro l’1,1% contenuto nelle precedenti previsioni. Riviste al ribasso anche le previsioni per il 2024, che passano da una crescita prevista all’1,6% ad un più modesto 1,3%. Questo in attesa di altre proiezioni più vicine temporalmente al 2024 e che verosimilmente descriveranno una situazione più vicina a quanto potrebbe effettivamente verificarsi.

Sul banco degli imputati finisce la Germania – il cui rallentamento è un problema per tutto il continente dato il ruolo di leader che ha rivestito praticamente da quando l’Unione esiste. Performance riviste al ribasso anche per i Paesi Bassi, la cui economia è fortemente legata a quella tedesca.

Apporto GERMANIA
Manca l’apporto tedesco

Riviste anche le proiezioni per l’inflazione

Riviste anche le proiezioni che riguardano l’inflazione. Si parla ora di chiudere il 2023 con un’inflazione annua del 5,6%, in leggero ribasso rispetto alle precedenti previsioni.

Salgono invece le proiezioni per il 2024, con la Commissione che ritiene credibile un’inflazione complessiva del 2,9%. Anche in questo caso valgono però i caveat che abbiamo presentato sopra in relazione alle proiezioni sul PIL. L’orizzonte del 2024, in una fase economica così incerta, sono da prendere cum grano salis.

È il segnale per una BCE più morbida?

I dati arrivano a poche giorni dalla decisione sui tassi che impegnerà la Banca Centrale Europea. Con dati di questo tipo la pausa – seguendo l’esempio di tutte o quasi le altre grandi banche centrali – diventa certamente più probabile.

Francoforte non è però nuova a sorprese e la permanenza dell’inflazione su livelli piuttosto elevati – almeno secondo le previsioni della Commissione – per il 2024 potrebbe spingere i falchi di BCE ad un ulteriore colpo d’ala.

La situazione è per molti grave, e sta rapidamente diventando seria. Di cure immediate, fossero anche palliative, non sembrano esisterne per la Germania. E di conseguenza per un continente che si è affidato più volte a Berlino per evitare la recessione. Recessione che comunque, da quanto afferma la Commissione, non sembrerebbe essere ancora qui.

Analista economico dal 2009. Collabora con TradingOnline.com offrendo analisi su Forex, Macroeconomia e Azioni, con un occhio vigile sui mercati emergenti come Turchia, Brasile, Indonesia e Cina. Gianluca Grossi è anche caporedattore per la nota testata giornalistica Criptovaluta.it, quotidiano dedicato al mondo Crypto e Bitcoin ed è anche analista per Criptovaluta.it® Magazine, il settimanale della medesima organizzazione. Segue da vicino il mercato ETF, in particolare sulla piazza di New York.

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Investimenti

Parla Jerome Powell: a rischio tagli da 25 punti base a dicembre? Mercati risk on giù!

Parla Jerome Powell e gela chi attende tagli certi e spediti: mancano segnali da economia.

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FED TAGLI PARLA POWELL

Jerome Powell conferma quello che è il sentiment che ha iniziato a serpeggiare sui principali mercati già da oggi. Non vi è alcuna fretta, dice il Presidente di Federal Reserve, di mettere mano ai tagli. Una situazione complessivamente articolata, quella che si sta verificando negli USA, che si basa però su un caposaldo importante: l’economia sta andando bene e le pressioni sono tornate sulla necessità di tagliare l’inflazione piuttosto che sullo stimolo all’economia.

I mercati ancora aperti, come quello di Bitcoin, hanno reagito con una contrazione importante, testimoniando così la dipendenza almeno sul medio e lungo periodo del ritorno su livelli di tassi non restrittivi. Per la reazione delle borse principali, al netto di quanto sta avvenendo sull’after hours, si dovrà comunque aspettare domani. Di tempo affinché i mercati digeriscano quanto in realtà avevano iniziato a digerire già da oggi ce n’è.

Un Jerome Powell titubante: tagli potranno aspettare

Non è chiaro se si sia riferito già all’appuntamento del 18 dicembre, ultimo dell’anno, durante il quale i mercati si attendono comunque in maggioranza che ci siano dei tagli da 25 punti base. Ad ogni modo Jerome Powell è stato relativamente chiaro: l’economia non sta mandando segnali che spingano Federal Reserve ad affrettarsi nel taglio ai tassi.

Un gioco di equilibri all’interno di una singola frase che però lascia aperta la porta comunque a tagli a gennaio per poi rivalutare la situazione già a gennaio 2025. Jerome Powell continua inoltre a indicare nei dati l’unica bussola che Fed seguirà per le prossime decisioni. Dichiarazioni che non indicano in realtà nulla di nuovo, ma che sono bastate a gettare nello sconforto almeno parte degli asset risk on. La sentenza definitiva arriverà domani, alla riapertura di mercati tradizionali, che decreteranno se ci sarà ulteriore spazio per la corsa oppure se sarà il caso riconsiderare la corsa incredibile che ha comunque occupato tutto il 2024.

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News Economia

Inflazione secondo aspettative negli USA: +2,6% per CPI, +3,3% per CORE. Ora tagli in dubbio?

Arrivano i dati dell’inflazione USA, perfettamente allineati con le previsioni. Bitcoin spinge verso il record.

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INFLA USA COSA

Tutto secondo previsioni, o forse no. L’inflazione negli USA fa registrare una Core ferma al 3,3%, e un’inflazione classica al 2,6%, vicina a quella delle previsioni che si erano però rapidamente innalzate nel corso delle ultime ore. Siamo dunque in linea con quanto i mercati si aspettavano, per quanto questi dovranno emettere la loro sentenza definitiva durante la riapertura dei mercati alle 15:30 ora italiana. Difficile interpretare per ora, alla luce del rimbalzo per l’inflazione classica, quali saranno gli intendimenti di Federal Reserve per l’incontro del FOMC di dicembre, che è ancora in bilico per quanto riguarda la possibilità di tagliare o non tagliare i tassi di ulteriori 25 punti base.

Una situazione che comunque non è di particolare angoscia per i mercati, che non prenderebbero forse troppo male la possibilità di rallentare il percorso di ritorno verso i tassi neutrali (che però nessuno conosce), cosa che potrebbe essere interpretata anche come maggiore fiducia verso il soft landing, l’atterraggio morbido per l’economia USA che potrebbe a questo punto evitare la recessione.

Intanto i mercati già aperti…

Per ora atteggiamento pimpante anche sul mercato di riferimento quando le borse USA sono chiuse, ovvero quello di Bitcoin. Spike verso l’alto poi ampiamente corretto e poi ripartito, segno che di incertezza ce n’è ancora tanta e che servirà a conferma la guida da parte delle borse USA per capire quale direzione prendere.

Dati che dunque non cambiano granché a livello macro – con i prossimi sul mercato del lavoro che potrebbero essere i più importanti per quanto riguarda la prossima decisione di Federal Reserve. Decisione che comunque non sarà granché decisiva in termini di ritorno verso tassi espansivi. Come ha già ricordato infatti Jerome Powell, siamo ancora ampiamente in territorio restrittivo e con ogni probabilità dovremo rimanerci ancora a lungo, almeno fino a quando non si sarà convinti al 100% della traiettoria dell’inflazione verso il 2%.

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Investimenti

Parla Neel Kashkari di Fed Minneapolis: se inflazione sopra +2,4% no tagli ai tassi

Si riapre lo scenario del “no tagli” a dicembre. Parla Neel Kashkari di Federal Reserve Minneapolis.

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KASHKARI TAGLI

Parla Neel Kashkari di Federal Reserve Minneapolis – tra i falchi designati di questo ciclo – che mette le mani avanti sulle prossime decisioni di Federal Reserve per quanto riguarda i tassi di interesse, che saranno dettate anche dal dato sull’inflazione in arrivo il 13 novembre. Un dato sull’inflazione che ci si aspetta relativamente alto e in controtendenza rispetto al calo degli scorsi mesi.

Un dato alto che potrebbe, dice Kashkari, mettere in dubbio il taglio previsto per dicembre, ovvero il secondo dei tagli che sarebbero dovuti arrivare a conclusione del 2024. Poco male, per quanto i mercati preferirebbero certamente avere un altro taglio e dunque un ritorno a maggiore liquidità il prima possibile.

Tra il dire e il fare, lo spauracchio dell’inflazione…

Il problema torna a essere quello di qualche mese fa. L’inflazione potrebbe tornare a fare capolino. Tenendo conto di un mercato del lavoro che è però ancora forte, potrebbe essere proprio l’aumento dei prezzi per i consumatori a tornare preponderante e dunque a indirizzare le prossime decisioni di Fed. Questo almeno nella lettura di Neel Kashkari, che ha un atteggiamento mediamente hawkish e che i mercati non sembrerebbero condividere appieno.

Servirebbe un dato importante – nel senso di un dato più alto delle previsioni – che sono fissate intorno al 3,3% in termini di consenso per la Core e al 2,4% invece per l’inflazione classica. Per ora Fed Watchtool indica come probabilità dei tagli di 25 punti base a dicembre il 62%. Qualcosa che potrebbe cambiare comunque secondo il dato di domani, come ha appunto indicato Kashkari, che sarà anche hawkish, ma che nel caso di inflazione più alta del previsto potrebbe finire per avere ragione. Una ragione che potrebbe avere un impatto negativo su borse che stanno vivendo un grande 2024. E che aprirebbe però di nuovo ad una lettura ancor più interessante: se si può rallentare sui tagli, vuol dire che Fed ha enorme fiducia sulla possibilità di un soft landing, fiducia dettata dallo stato complessivo dell’economia USA.

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Investimenti

Federal Reserve taglia di 25 punti base. Occhi puntati sul discorso di Jerome Powell

Federal Reserve taglia i tassi di 25 punti base. Ora parla Powell che darà una direzione ai mercati.

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Fed tagli tassi

Il FOMC delibera quanto era più che scontato. Taglio di 25 punti base ai tassi di interesse negli USA, seguendo quanto Powell aveva già indicato nella precedente riunione. Dovrebbe essere, a meno di clamorosi rimbalzi da parte dell’inflazione, il penultimo dei tagli di questo 2024. Cosa che però dovrà essere confermata anche dalla conferenza stampa di rito di Jerome Powell che si terrà alle 20.30 ora italiana. Una conferenza stampa che arriva al termine di una settimana che è stata dominata dalla questione elettorale.

La vittoria di Donald Trump non impatterà in alcun modo sulle prossime decisioni di una banca centrale, Federal Reserve, che rimane la più indipendente dal potere politico al mondo. Cii sarà però da fare qualche considerazione di medio e lungo periodo, in particolare in corrispondenza con politiche fiscali che si preannunciano come fortemente espansive, politiche fiscali che dovranno con ogni probabilità portare ad una sorta di contenimento delle politiche monetarie gestite da Federal Reserve.

Tutto secondo programma

Tutto secondo programma da Federal Reserve, con il FOMC che chiude la riunione comunicando tagli da 25 punti base. Tagli che erano stati in realtà anticipati da Jerome Powell e che sono giustificati sia da un rallentamento dell’inflazione, sia al tempo stesso da un rallentamento del mercato del lavoro. Per ora le condizioni per un soft landing sembrerebbero confermate: trimestrali e PIL confermano un’economia USA ancora in salute.

L’ultima parola però dovranno darla i mercati, per ora relativamente fiduciosi di quanto sta facendo Powell – tenendo però sempre conto del fatto che non tutto sarà nelle mani di Federal Reserve. Ora occhi puntati sulla conferenza stampa di Jerome Powell: il Presidente di Federal Reserve non è uomo di grandi proclami – e gli analisti si produrranno in esegesi di gesti, sguardi e parole per cercare di capire quale sarà la prossima direzione di Federal Reserve in termini di tassi.

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Investimenti

I mercati anticipano le elezioni: 3 asset che prevedono il prossimo presidente degli Stati Uniti

Andamento dei mercati utile per anticipare l’esito delle elezioni? Ecco tre asset che ci provano.

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AZIONI FORECAST ELEZIONI

Per quanto si potrebbe brancolare nel buio per i prossimi giorni – e più avanti vedremo perché – i mercati cominciano a posizionarsi in relazione al possibile esito delle elezioni USA. Molti titoli sono una sorta di scommessa binaria sulle elezioni e sono anche quelli che stanno muovendosi maggiormente in queste ore ancora a urne aperte negli USA.

Una concomitanza di votazioni a borse aperte – tra le altre cose con i primi early vote che vengono conteggiati già – che agli europei e in particolare agli italiani sembrerà relativamente strana. Sia perché in genere le elezioni si tengono nei festivi, con la possibilità di una coda il lunedì, sia perché difficilmente le elezioni hanno un impatto così radicale sull’andamento delle borse, almeno dalle nostre parti. C’è l’andamento di almeno tre titoli e comparti che è interessante analizzare in queste prime ore.

I mercati aprono a Donald Trump? Tre sì che arrivano dai mercati

C’è da fare una premessa prima di guardare alle performance degli asset che starebbero confermando una sorta di pregiudizio pro-Trump. Con ogni probabilità in diversi si stanno posizionando con l’arrivo dei primi early vote conteggiati, non tenendo conto del fatto che anche nelle precedenti elezioni questi finirono per favorire Trump, salvo poi essere smentiti. In Florida il candidato repubblicano sembrerebbe essere sufficientemente tranquillo, ma è anche vero che mai era stata messa in discussione la possibilità che la Florida diventasse blu.

  • DJT

È il titolo a mo’ di opzione sull’elezione di Donald Trump. Dopo un andamento in larga parte ondivago nel corso dell’ultima settimana di ottobre, il titolo ha ripreso a crescere. Oggi fa registrare un solido +14%, che sembrerebbe essere un messaggio dei mercati su quanto si aspettano che arrivi dalle elezioni. Scommessa però assai rischiosa, almeno in questo preciso momento, quando di dati concreti se ne hanno ancora molto pochi e forse troppo pochi.

  • Bitcoin

È tornato sopra i 70.000$, con una corsa importante che ha occupato quasi tutta la sessione di scambi negli USA. Anche Bitcoin è ritenuto una sorta di Trump trade, ovvero un asset che avrebbe giovamento dall’eventuale vittoria repubblicana. Anche qui però è consigliata la massima attenzione. Siamo sia in un campo invero assai volatile, sia ancora nella speculazione più assoluta e totale.

  • SPX500

Pimpante, molto. Un vecchio adagio di Wall Street dice che SPX500 difficilmente si interessa delle elezioni, ed è forse la cosa più saggia da portare a casa nel contesto attuale. Prima di attribuire il potere di vaticinio ai movimenti di mercato oggi, sarà il caso di vedere almeno i primi voti importanti che… arriveranno.

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