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Mutui, a settembre i tassi d’interessi sono passati al 3,82% dal precedente 4,10%
In calo i tassi d’interesse dei mutui a settembre, che sono scesi al 3,82% dal precedente 4,10%. Cosa cambia per le famiglie.
A settembre cala il costo dei mutui erogati dalle banche in Italia. I tassi d’interesse sui nuovi prodotti sono al 3,82%, contro il 4.10% che era stato registrato nel corso del mese di agosto. Ad ufficializzare la notizia è stata direttamente la Banca d’Italia attraverso la consueta statistica Banche e moneta.
A calare non sono solo i mutui. Buone notizie arrivano anche dai tassi d’interesse sul credito al consumo: il calo è solo marginale ma c’è. A settembre, infatti, siamo passati al 10,47% contro il 10,50% che era stato registrato nel corso del mese di agosto. Sia per i mutui che per i prestiti il riferimento è il Tasso Annuale Effettivo Globale. Quello sui nuovi prestiti alle imprese, a settembre, è fissato al 4,90%, contro il 5,13% del mese di agosto.
Scendono i costi dei mutui, ma non solo
A finire sotto la lente d’ingrandimento non sono unicamente i mutui. Lieve flessione anche per i tassi passivi sul complesso dei depositi in essere, che sono stati pari allo 0,99%, mentre ad agosto erano pari all’1%.
A condizionare i tassi d’interesse sono i continui cali dei tassi ufficiali operati dalla Banca Centrale Europea, che dovrebbe dare un’ulteriore sforbiciata nel corso del mese di dicembre. Da segnalare che nel frattempo si è attenuta anche la dinamica del calo dei prestiti al settore privato, che è passata a -0,9% sui dodici mesi a settembre dal -1,5% del mese di agosto.
I prestiti alle famiglie si sono ridotti dello 0,4% sui dodici mesi (-0,6 nel mese precedente) mentre quelli alle società non finanziarie sono diminuiti del 2,4% (-3,5 nel mese precedente). I depositi del settore privato sono aumentati dello 0,5% (+2% ad agosto); la raccolta obbligazionaria è aumentata del 10,6%.
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Mutui, da un anno i tassi di interesse sono in costante diminuzione. Oggi sono al 3,28%
Continua la discesa dei tassi d’interesse dei mutui, che iniziano a diventare leggermente più convenienti per le famiglie.
Da un anno a questa parte i tassi dei mutui hanno iniziato a scendere. A metterlo in evidenza è il rapporto mensile dell’Abi, l’Associazione Bancaria Italiana, che ha analizzato l’andamento dei costi dei finanziamenti ipotecari: i tassi di mercato hanno iniziato a scendere da ottobre 2023 e nelle settimane più recenti la tendenza è proseguita grazie alle riduzione della Bce. Sono state anticipate anche le future decisioni della Banca Centrale Europea.
Il tasso medio sui nuovi mutui è calato al 3,28% rispetto al 3,31% registrato nel corso del mese di settembre 2024. Ma soprattutto è risultato essere in calo rispetto al 4,42% di dicembre 2023.
Mutui, ma non solo. Cosa succede sugli altri fronti
Gianfranco Torriero, vice direttore generale vicario dell’Abi, ha messo in evidenza che è stata registrata una diminuzione di un punto percentuale anche del tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese, che sono passate dal 5,45% del mese di dicembre 2023 al 4,60% del mese di ottobre 2024. Nell’arco degli ultimi due mesi è stata registrata una diminuzione dello 0,30%.
Numeri in calo anche per i tassi della raccolta bancaria: sui nuovi depositi a durata prestabilita viene praticato un tasso pari allo 3,14% (ottobre), mentre a settembre era attorno al 3,35%, superiore a quello medio dell’area dell’euro (3,17%). Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni bancarie a tasso fisso ad ottobre 2024 è stato il 3,83%.
Brutte notizie per chi decide di depositare i propri risparmi su un conto corrente, dove le rendite sono realmente basse: lo 0,48% contro lo 0,52% del mese precedente. L’Abi, ad ogni modo, ha ricordato che questi prodotti non hanno la funzione di investimento, ma costituiscono per lo più una piattaforma attraverso la quale gestire i pagamenti.
Importante per i mutui è l’Euribor, quello a 3 mesi, nei primi 14 giorni di novembre, è stato in media del 3,04% (3,17% era la media di ottobre) in diminuzione di 13 punti base rispetto a ottobre 2024.
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Buoni fruttiferi postali, tagliati i rendimenti. In alcuni casi scendono all’1%
Tagliati i rendimenti dei buoni fruttiferi postali, che in alcuni casi sono scesi fino all’1%. Vediamo nel dettaglio chi ci rimette di più.
Rendimenti in calo per i buoni fruttiferi postali. La decisione della Banca Centrale Europea di tagliare i tassi e le prospettive di ulteriori tagli del costo del denaro nel corso del 2025 hanno dato sollievo alle famiglie che hanno sottoscritto un mutuo, che si ritrovano con delle rate più leggere; ma hanno anche condizionato direttamente i rendimenti dei Titoli di Stato e dei conti di deposito per i risparmiatori.
A risentirne sono stati anche i buoni fruttiferi postali, un prodotto di risparmio garantito dallo Stato Italiano, che non è soggetto ad oneri di sottoscrizione e di rimborso. E per il quale è prevista una tassazione agevolata al 12,5%. Nel corso delle ultime settimane sono arrivate diverse sforbiciate, che ne hanno cambiato.
Buoni fruttiferi postale, calano i rendimenti
Ricordiamo che i buoni fruttiferi postali sono dei prodotti finanziari nominativi, che vengono emessi da Cassa Depositi e Prestiti e collocati da Poste Italiane. Sono rimborsabili a vista con l’obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato.
I buoni fruttiferi postali possono essere costituiti da dei documenti cartacei o da delle registrazioni contabili, che sostanzialmente sono il buono dematerializzato. La sottoscrizione può essere effettuata in qualsiasi ufficio postale, dove possono essere anche rimborsati.
Ma vediamo come sono calati i rendimenti:
- Buono 3X2: a partire dal 14 novembre il rendimento è dell’1% a partire dal terzo anno e dell’1,5% a partire dal sesto. In precedenza erano rispettivamente dell’1,25% e dell’1,75%;
- Buono 3×4: i rendimenti sono pari all’1% a partire dal terzo anno che arrivano all’1,75% alla fine del dodicesimo anno con capitalizzazione composta degli interessi su base annuale. Fino al 13 novembre gli interessi erano rispettivamente dell’1,25% e del 2,25%;
- Buono ordinario: ha le stesse caratteristiche del precedente, ma la durata e di vent’anni. Al compimento del ventesimo anno il rendimento annuo è del 2,25%: fino allo scorso anno era del 2,5% e fino al 18 anni al 2,75%;
- Buono dedicato ai minori: sicuramente il taglio più significativo ai rendimenti dei buoni fruttiferi postali è proprio quello effettuato su questo prodotto. oggi come oggi arriva a rendere il 4% al compimento del diciottesimo anno del minore. Ma fino a settembre si poteva arrivare al 6%. Questi prodotti hanno una durata variabile in funzione dell’età dell’intestatario nel momento della sottoscrizione, che può essere più o meno vicino al compimento dei 18 anni. Quando il titolare diventa maggiorenne può riscuotere il buono fruttifero postale.
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Imposta di bollo sul conto corrente, ecco quando arriva l’addebito da 34 euro
L’imposta di bollo sul conto corrente è pari a 34,20 euro all’anno. Ecco quando viene addebitata e chi la deve versare.
Puntuale come un orologio arriva da pagare l’imposta di bollo sul conto corrente. Grazie a questo obolo, nascosto tra i vari movimenti bancari, il Fisco riesce a fare incetta di soldi. Anche perché, quella che abbiamo davanti, rappresenta una vera e propria patrimoniale ricorrente. E che viene addebitata su un conto corrente solo perché è stato aperto. L’imposta di bollo è stata introdotta nel 1972 e, fino ad oggi, non mai stata abolita e all’estero non deve essere pagata.
Ma vediamo un po’ di cosa si tratta e perché deve essere versata.
Imposta di bollo sul conto corrente, di cosa si tratta
Nel momento in cui viene aperto un conto corrente o un libretto postale è necessario versare l’imposta di bollo, che è, sostanzialmente, una tassa dovuta allo Stato per ogni rapporto bancario o postale regolarmente attivo. Questa sorta di patrimoniale colpisce trasversalmente tutti i risparmiatori, sia quando hanno sottoscritto un conto corrente personale o uno aziendale. Anche quando il rapporto bancario è cointestato. E, in maniera molto silenziosa, permette allo Stato di racimolare ogni anno un bel gruzzoletto.
Le persone fisiche devono versare l’imposta di bollo pari a 34,20 euro ogni anno, che diventa 100,00 euro per le aziende.
Sono in molti a non accorgersi di dover versare questo obolo, perché le banche la frazionano nel corso dell’anno con cadenza trimestrale. L’addebito, di norma, viene effettuato nelle seguenti date:
- 31 marzo;
- 30 giugno;
- 30 settembre;
- 31 dicembre.
Data la suddivisione nel corso dell’anno dell’imposta di bollo, ogni singolo addebito sul conto corrente sarà pari a 8,55 euro per le persone fisiche e 25 euro per i conti aziendali. Non è detto che tutti gli istituti di credito si muovano nello stesso modo: può accadere, infatti, che l’imposta di bollo venga addebitata con cadenza annuale o semestrale, in base a quando l’estratto conto viene inviato al cliente. Entrando un po’ più nello specifico, la legge prevede che:
L’estratto conto o il rendiconto si considerano in ogni caso inviati almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione. Se gli estratti conto sono inviati periodicamente nel corso dell’anno, l’imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato.
Imposta di bollo, chi la deve pagare
Insieme a quella prevista sul deposito titoli, l’imposta di bollo sul conto corrente rappresenta una tassa fissa, che deve essere versata indipendentemente dai soldi che vi vengono depositati e che si andranno a muovere nel corso dell’anno. Deve essere pagata per il semplice fatto che si è intestatari di un conto corrente e al suo interno siano depositati dei soldi, indipendentemente dal denaro che vi è depositato, dalle spese effettuate o dagli incassi. O per quanto frequenti e cospicue possano essere le operazioni.
Esiste, però, un’eccezione al pagamento dell’imposta di bollo sul conto corrente ed è costituita dalla giacenza media inferiore a 5.000 euro. Nel caso in cui il correntista, durante il periodo di rendicontazione dovesse mantenere una soglia inferiore a questa cifra, è esonerato dal pagamento di questo antipatico obolo.
Ma non solo. L’imposta di bollo non si applica sui rapporti che intercorrono tra gli enti gestori e i Confidi, organismi senza scopo di lucro a carattere associativo costituiti da piccole e media imprese. Anche i conti correnti delle pubbliche amministrazioni sono esentati dal pagamento di questa tassa.
Altra deroga al pagamento dell’imposta di bollo sul conto corrente è determinata direttamente dalle capacità reddituali del correntista. Quanti, infatti, hanno un Isee inferiore a 7.500 euro sono esentati da questo onere. Per evitare il pagamento, però, è necessario esibire all’istituto di credito o all’ufficio postale la certificazione rilasciata dall’Inps.
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Intesa Sanpaolo, non funzionano il sito e l’app
Oggio il sito e l’app di Intesa Sanpaolo non funzionano. Gli utenti non riescono ad accedere al proprio conto per verificare l’operatività.
I clienti di Intesa Sanpaolo da questa mattina stanno avendo molti problemi ad accedere all’App e al sito internet, che non starebbero permettendo di effettuare le normali operazioni di home banking.
Nel corso della giornata la situazione è stata altalenante. In alcuni momenti era possibile accedere ed operare, anche se con molta lentezza, in altri, invece, c’era un vero e proprio blocco totale. I clienti di Intesa Sanpaolo sono letteralmente furibondi, anche perché non sono arrivate delle risposte ufficiali da parte dell’istituto di credito.
Intesa Sanpaolo, i problemi registrati in giornata
Gli utenti si sono lamentati sui social: non riescono ad accedere al proprio conto dall’app. Chi ci sta provando da diverse ore riceve un messaggio molto laconico e lapidario che riporta quanto segue: Internal server error (LO0052).
Letto questo messaggio il cliente di Intesa Sanpaolo non può far altro che chiudere l’app e ritentare più tardi, nella speranza che il server riesca a rispondere. Non ha la possibilità di consultare lo stato del suo conto corrente o fare delle operazioni.
L’errore, però, non sembrerebbe generalizzato. Alcuni clienti hanno dichiarato che utilizzando dei telefoni diversi riescono ad aprire l’app. Questo potrebbe significare che non si tratterebbe di un problema dei server di Intesa Sanpaolo, ma di un aggiornamento che sarebbe andato male.
Quello che effettivamente risulta fastidioso a molti utenti di Intesa Sanpaolo e che la banca si è trincerata dietro ad un fastidioso silenzio, non rispondendo agli utenti inferociti per i disagi che stanno attraversando. La banca su X sta continuando a pubblicare dei contenuti come se non stesse accadendo niente. Ma non solo: ha limitato i commenti degli utenti. Possono rispondere solo gli utenti menzionati dal profilo @intesasanpaolo.
Per quanto riguarda la pagina Facebook, è da maggio che Intesa Sanpaolo non provvede ad aggiornarla, mentre quella di Instagram è aggiornata a ieri. Ma nemmeno qui arrivano delle risposte agli utenti.
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Rc Auto, in due anni gli automobilisti hanno pagato 61 euro in più. Record aumenti a Roma
Aumento record della Rc auto, per la quale gli automobilisti sono arrivati a pagare 61 euro in più. Impennata dei costi a Roma.
Il prezzo dell’Rc Auto aumenta inesorabilmente. Dopo i dati pubblicati nei giorni scorsi dall’Ivass, adesso arriva il Codacons a gettare letteralmente benzina sul fuoco. Il premio annuale dell’assicurazione sulla responsabilità civile degli automobilisti si è trasformato in una vera e propria stangata: oltre due miliardi di euro ogni anno.
Stando ai dati Ivass, che sono stati elaborati direttamente dall’associazione dei consumatori, il prezzo di una Rc Auto è arrivata a quota 414 euro nel corso del mese di settembre 2024. Solo per fare un confronto basti pensare che a gennaio 2022 ci si aggirava intorno ai 353 euro: stiamo parlando di un rincaro del 17,3% e di un aggravio di spesa di 61 euro per avere una copertura assicurativa obbligatoria per legge.
Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire quanto devono andare pagare di più i consumatori per un premio Rc Auto.
Rc auto, il premio costa sempre di più
Il prezzo medio della polizza Rc Auto, in Italia, ha sfiorato quota 414 euro nel corso del mese di settembre 2024. Rispetto a gennaio 20224 – quando l’esborso era pari a 353 euro – il rincaro è stato del 17,3%. Codacons mette in evidenza che gli automobilisti sono costretti a pagare 61 euro in più.
Andando ad analizzare quale sia l’andamento delle singole province, si riesce a scoprire che, nel periodo preso in considerazione dall’analisi, dodici città hanno registrato una crescita delle tariffe che, almeno mediamente, è stata pari al 20%. Gli aumenti più alti sono stati registrati a Roma, dove il costo di una Rc Auto è passato da 397,7 euro di inizio 2022 a 483 euro del mese di settembre: in questo caso l’aumento è stato pari al 27,2% con una maggiore spesa che si è aggirata intorno ai 103 ad automobilista. Tra le città nelle quali sono stati registrati i maggiori aumenti ci sono:
- Cagliari, dove la polizza è salita del 22,5%. Stiamo parlando di un aumento pari a quasi 79 euro;
- Pordenone: 21,5%;
- Massa-Carrara e Caltanissetta: per entrambe è stato registrato un +21,3%.
In alcuni casi gli incrementi della polizza Rc Auto sono stati inferiori al 10%. In Calabria troviamo le province più virtuose:
- Reggio Calabria: i premi sono aumentati, mediamente, del 4,4%. Grosso modo siamo intorno ad un aumento di 17,4 euro ad assicurato;
- Cosenza: l’aumento è stato del 7,9%, pari a 24,7 euro;
- Catanzaro:+8,6%, +28,7 euro.
Rc auto, dove sono stati registrati gli aumenti maggiori
A Prato è stato registrato il maggiore aumento, con una media di 601 euro a polizza: rispetto al mese di gennaio 2022 parliamo di un incremento del 19,2% pari a 97 euro per automobilista. Nella classifica delle città in cui i prezzi sono maggiori, al secondo posto troviamo Napoli, con 595, ma il cui aumento è stato più contenuto rispetto a due anni fa: +11,6%.
Ad Enna, invece, troviamo il prezzo più basso: in media si pagano 294 euro.
Il Codacons calcola che, considerando che in Italia ci sono 31,9 milioni di auto assicurate, la crescita delle tariffe Rc Auto ha determinato una stangata complessiva pari a 2 miliardi di euro a carico degli automobilisti.
Gli aumenti del premio della Rc Auto non sembrano essere giustificati da un incremento degli incidenti. Gli ultimi dati resi noti da Aci in collaborazione con l’Istat mettono in evidenza che nel corso del 2023 sulle strade italiane sono stati registrati 166.525 incidenti, il 3,3% in meno rispetto al 2019. I morti sono stati 3.039, in calo del -4,2% sul 2019 e i feriti sono diminuiti addirittura del -6,9% (224.634).
Carlo Renzi, presidente Codacons, spiega che gli automobilisti italiani continuano a subire la crescita delle tariffe Rc auto, che dalla seconda metà del 2022 hanno invertito il trend tornando a salire in tutte le città.
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