News Economia
Fondo sovrano norvegese: pressione per la decarbonizzazione
Secondo quanto è stato riportato mercoledì 31 maggio da CNBC, uno dei tre principali canali statunitensi di notizie economiche, il fondo sovrano norvegese ha dichiarato di essere pronto a escludere le aziende che gestiscono in modo errato i rischi legati al clima a partire dal prossimo anno, aumentando così la pressione sulla decarbonizzazione che gli azionisti attivisti stanno già esercitando sulle imprese.
Ciò avviene poco dopo che il più grande fondo di investimento al mondo con i suoi 1,4 trilioni di dollari ha annunciato che avrebbe votato a favore delle proposte degli azionisti alle riunioni annuali di Chevron ed Exxon Mobil nella stessa giornata di mercoledì.
Posizione dura sulle aziende che non adottano piani credibili sul clima
Le risoluzioni degli attivisti mirano a costringere le principali compagnie petrolifere statunitensi ad allineare i loro obiettivi climatici con l’accordo di Parigi e a impegnarsi a ridurre le emissioni di carbonio assolute entro il 2030.
Il mese scorso il più grande investitore al mondo si era rifiutato di sostenere proposte simili. Aveva, per esempio, annunciato che avrebbe votato contro la risoluzione presentata dal gruppo attivista Follow This, che chiedeva alla major petrolifera BP di adottare obiettivi più rigorosi sulle emissioni di gas serra, allineandosi all’accordo di Parigi sul clima.
A tal proposito, infatti, il fondo norvegese aveva dichiarato di valutare attentamente e singolarmente ogni proposta degli azionisti, ma aveva anche sottolineato che c’erano delle differenze tra il modo in cui le principali compagnie petrolifere europee e statunitensi affrontano le emissioni cosiddette “Scope 3” generate dall’uso di petrolio e gas da parte dei clienti.
Carine Smith Ihenacho, responsabile della governance presso la Norges Bank Investment Management (NBIM), l’unità di gestione patrimoniale della banca centrale norvegese che gestisce il fondo sovrano dello Stato, ha affermato in un’intervista alla CNBC che le istituzioni del Paese sono molto attive quando si tratta di questioni climatiche.
Il fondo sovrano norvegese, infatti, è stato creato negli anni ’90 per investire gli introiti eccedenti del settore del petrolio e del gas della Norvegia e ha annunciato lo anno scorso che avrebbe adottato una posizione più rigorosa nei confronti delle aziende che non adottano piani credibili sul clima.
Il fondo petrolifero ha un vasto portafoglio di investimenti in oltre 9.000 aziende in 70 Paesi ed è consapevole dell’importanza del suo voto alle assemblee generali per le società. Secondo Ihenacho, i principali strumenti utilizzati dal fondo per impegnarsi con i dirigenti aziendali sui fattori ESG (Environmental, Social, and Corporate Governance, ovvero ambientali, sociali e di governance) sono il dialogo e il voto.
Tuttavia, Ihenacho ha anche spiegato che potrebbero arrivare a vendere le azioni di una società se non vedono un impegno sufficiente da parte di questa nel contrastare i cambiamenti climatici; ha, inoltre, aggiunto che la vendita non risolverebbe la crisi climatica, in quanto semplicemente si trasferirebbe la proprietà a qualcun altro che potrebbe non dare la stessa importanza al clima, ma se un’azienda non dimostra un reale impegno o cambiamenti significativi il fondo potrebbe comunque prendere in considerazione la vendita delle sue azioni.
Inoltre, è stato dichiarato che l’anno prossimo o quello successivo potrebbero essere elencate aziende sotto osservazione o escluse, ma si cercherà di utilizzare prima gli strumenti di proprietà per influenzare il cambiamento.
Infine, il fondo ha anche chiarito che mira a ottenere emissioni zero entro il 2050 per le aziende del suo portafoglio, ritenendo che ciò sia nell’interesse a lungo termine dei rendimenti finanziari, e che si impegna a spingere le aziende verso obiettivi di riduzione delle emissioni basati sulla scienza e a sviluppare piani di transizione credibili.
Questa iniziativa avviene in un contesto di crescente frustrazione tra gli attivisti per il clima durante la stagione delle assemblee generali, con proteste sia all’interno che all’esterno delle sedi delle aziende petrolifere. Il gruppo attivista Follow This ha presentato risoluzioni a diverse compagnie petrolifere per richiedere una transizione ecologica più rapida. Mentre alcuni voti di sostegno significativi sono stati registrati, come il 30% all’assemblea generale di TotalEnergies, il sostegno alle risoluzioni sul clima è ancora limitato. Chevron ed Exxon Mobil hanno invitato gli azionisti a respingere le proposte presentate da Follow This alle rispettive assemblee annuali.
Investimenti
Parla Jerome Powell: a rischio tagli da 25 punti base a dicembre? Mercati risk on giù!
Parla Jerome Powell e gela chi attende tagli certi e spediti: mancano segnali da economia.
Jerome Powell conferma quello che è il sentiment che ha iniziato a serpeggiare sui principali mercati già da oggi. Non vi è alcuna fretta, dice il Presidente di Federal Reserve, di mettere mano ai tagli. Una situazione complessivamente articolata, quella che si sta verificando negli USA, che si basa però su un caposaldo importante: l’economia sta andando bene e le pressioni sono tornate sulla necessità di tagliare l’inflazione piuttosto che sullo stimolo all’economia.
I mercati ancora aperti, come quello di Bitcoin, hanno reagito con una contrazione importante, testimoniando così la dipendenza almeno sul medio e lungo periodo del ritorno su livelli di tassi non restrittivi. Per la reazione delle borse principali, al netto di quanto sta avvenendo sull’after hours, si dovrà comunque aspettare domani. Di tempo affinché i mercati digeriscano quanto in realtà avevano iniziato a digerire già da oggi ce n’è.
Un Jerome Powell titubante: tagli potranno aspettare
Non è chiaro se si sia riferito già all’appuntamento del 18 dicembre, ultimo dell’anno, durante il quale i mercati si attendono comunque in maggioranza che ci siano dei tagli da 25 punti base. Ad ogni modo Jerome Powell è stato relativamente chiaro: l’economia non sta mandando segnali che spingano Federal Reserve ad affrettarsi nel taglio ai tassi.
Un gioco di equilibri all’interno di una singola frase che però lascia aperta la porta comunque a tagli a gennaio per poi rivalutare la situazione già a gennaio 2025. Jerome Powell continua inoltre a indicare nei dati l’unica bussola che Fed seguirà per le prossime decisioni. Dichiarazioni che non indicano in realtà nulla di nuovo, ma che sono bastate a gettare nello sconforto almeno parte degli asset risk on. La sentenza definitiva arriverà domani, alla riapertura di mercati tradizionali, che decreteranno se ci sarà ulteriore spazio per la corsa oppure se sarà il caso riconsiderare la corsa incredibile che ha comunque occupato tutto il 2024.
News Economia
Inflazione secondo aspettative negli USA: +2,6% per CPI, +3,3% per CORE. Ora tagli in dubbio?
Arrivano i dati dell’inflazione USA, perfettamente allineati con le previsioni. Bitcoin spinge verso il record.
Tutto secondo previsioni, o forse no. L’inflazione negli USA fa registrare una Core ferma al 3,3%, e un’inflazione classica al 2,6%, vicina a quella delle previsioni che si erano però rapidamente innalzate nel corso delle ultime ore. Siamo dunque in linea con quanto i mercati si aspettavano, per quanto questi dovranno emettere la loro sentenza definitiva durante la riapertura dei mercati alle 15:30 ora italiana. Difficile interpretare per ora, alla luce del rimbalzo per l’inflazione classica, quali saranno gli intendimenti di Federal Reserve per l’incontro del FOMC di dicembre, che è ancora in bilico per quanto riguarda la possibilità di tagliare o non tagliare i tassi di ulteriori 25 punti base.
Una situazione che comunque non è di particolare angoscia per i mercati, che non prenderebbero forse troppo male la possibilità di rallentare il percorso di ritorno verso i tassi neutrali (che però nessuno conosce), cosa che potrebbe essere interpretata anche come maggiore fiducia verso il soft landing, l’atterraggio morbido per l’economia USA che potrebbe a questo punto evitare la recessione.
Intanto i mercati già aperti…
Per ora atteggiamento pimpante anche sul mercato di riferimento quando le borse USA sono chiuse, ovvero quello di Bitcoin. Spike verso l’alto poi ampiamente corretto e poi ripartito, segno che di incertezza ce n’è ancora tanta e che servirà a conferma la guida da parte delle borse USA per capire quale direzione prendere.
Dati che dunque non cambiano granché a livello macro – con i prossimi sul mercato del lavoro che potrebbero essere i più importanti per quanto riguarda la prossima decisione di Federal Reserve. Decisione che comunque non sarà granché decisiva in termini di ritorno verso tassi espansivi. Come ha già ricordato infatti Jerome Powell, siamo ancora ampiamente in territorio restrittivo e con ogni probabilità dovremo rimanerci ancora a lungo, almeno fino a quando non si sarà convinti al 100% della traiettoria dell’inflazione verso il 2%.
Investimenti
Parla Neel Kashkari di Fed Minneapolis: se inflazione sopra +2,4% no tagli ai tassi
Si riapre lo scenario del “no tagli” a dicembre. Parla Neel Kashkari di Federal Reserve Minneapolis.
Parla Neel Kashkari di Federal Reserve Minneapolis – tra i falchi designati di questo ciclo – che mette le mani avanti sulle prossime decisioni di Federal Reserve per quanto riguarda i tassi di interesse, che saranno dettate anche dal dato sull’inflazione in arrivo il 13 novembre. Un dato sull’inflazione che ci si aspetta relativamente alto e in controtendenza rispetto al calo degli scorsi mesi.
Un dato alto che potrebbe, dice Kashkari, mettere in dubbio il taglio previsto per dicembre, ovvero il secondo dei tagli che sarebbero dovuti arrivare a conclusione del 2024. Poco male, per quanto i mercati preferirebbero certamente avere un altro taglio e dunque un ritorno a maggiore liquidità il prima possibile.
Tra il dire e il fare, lo spauracchio dell’inflazione…
Il problema torna a essere quello di qualche mese fa. L’inflazione potrebbe tornare a fare capolino. Tenendo conto di un mercato del lavoro che è però ancora forte, potrebbe essere proprio l’aumento dei prezzi per i consumatori a tornare preponderante e dunque a indirizzare le prossime decisioni di Fed. Questo almeno nella lettura di Neel Kashkari, che ha un atteggiamento mediamente hawkish e che i mercati non sembrerebbero condividere appieno.
Servirebbe un dato importante – nel senso di un dato più alto delle previsioni – che sono fissate intorno al 3,3% in termini di consenso per la Core e al 2,4% invece per l’inflazione classica. Per ora Fed Watchtool indica come probabilità dei tagli di 25 punti base a dicembre il 62%. Qualcosa che potrebbe cambiare comunque secondo il dato di domani, come ha appunto indicato Kashkari, che sarà anche hawkish, ma che nel caso di inflazione più alta del previsto potrebbe finire per avere ragione. Una ragione che potrebbe avere un impatto negativo su borse che stanno vivendo un grande 2024. E che aprirebbe però di nuovo ad una lettura ancor più interessante: se si può rallentare sui tagli, vuol dire che Fed ha enorme fiducia sulla possibilità di un soft landing, fiducia dettata dallo stato complessivo dell’economia USA.
Investimenti
Federal Reserve taglia di 25 punti base. Occhi puntati sul discorso di Jerome Powell
Federal Reserve taglia i tassi di 25 punti base. Ora parla Powell che darà una direzione ai mercati.
Il FOMC delibera quanto era più che scontato. Taglio di 25 punti base ai tassi di interesse negli USA, seguendo quanto Powell aveva già indicato nella precedente riunione. Dovrebbe essere, a meno di clamorosi rimbalzi da parte dell’inflazione, il penultimo dei tagli di questo 2024. Cosa che però dovrà essere confermata anche dalla conferenza stampa di rito di Jerome Powell che si terrà alle 20.30 ora italiana. Una conferenza stampa che arriva al termine di una settimana che è stata dominata dalla questione elettorale.
La vittoria di Donald Trump non impatterà in alcun modo sulle prossime decisioni di una banca centrale, Federal Reserve, che rimane la più indipendente dal potere politico al mondo. Cii sarà però da fare qualche considerazione di medio e lungo periodo, in particolare in corrispondenza con politiche fiscali che si preannunciano come fortemente espansive, politiche fiscali che dovranno con ogni probabilità portare ad una sorta di contenimento delle politiche monetarie gestite da Federal Reserve.
Tutto secondo programma
Tutto secondo programma da Federal Reserve, con il FOMC che chiude la riunione comunicando tagli da 25 punti base. Tagli che erano stati in realtà anticipati da Jerome Powell e che sono giustificati sia da un rallentamento dell’inflazione, sia al tempo stesso da un rallentamento del mercato del lavoro. Per ora le condizioni per un soft landing sembrerebbero confermate: trimestrali e PIL confermano un’economia USA ancora in salute.
L’ultima parola però dovranno darla i mercati, per ora relativamente fiduciosi di quanto sta facendo Powell – tenendo però sempre conto del fatto che non tutto sarà nelle mani di Federal Reserve. Ora occhi puntati sulla conferenza stampa di Jerome Powell: il Presidente di Federal Reserve non è uomo di grandi proclami – e gli analisti si produrranno in esegesi di gesti, sguardi e parole per cercare di capire quale sarà la prossima direzione di Federal Reserve in termini di tassi.
Investimenti
I mercati anticipano le elezioni: 3 asset che prevedono il prossimo presidente degli Stati Uniti
Andamento dei mercati utile per anticipare l’esito delle elezioni? Ecco tre asset che ci provano.
Per quanto si potrebbe brancolare nel buio per i prossimi giorni – e più avanti vedremo perché – i mercati cominciano a posizionarsi in relazione al possibile esito delle elezioni USA. Molti titoli sono una sorta di scommessa binaria sulle elezioni e sono anche quelli che stanno muovendosi maggiormente in queste ore ancora a urne aperte negli USA.
Una concomitanza di votazioni a borse aperte – tra le altre cose con i primi early vote che vengono conteggiati già – che agli europei e in particolare agli italiani sembrerà relativamente strana. Sia perché in genere le elezioni si tengono nei festivi, con la possibilità di una coda il lunedì, sia perché difficilmente le elezioni hanno un impatto così radicale sull’andamento delle borse, almeno dalle nostre parti. C’è l’andamento di almeno tre titoli e comparti che è interessante analizzare in queste prime ore.
I mercati aprono a Donald Trump? Tre sì che arrivano dai mercati
C’è da fare una premessa prima di guardare alle performance degli asset che starebbero confermando una sorta di pregiudizio pro-Trump. Con ogni probabilità in diversi si stanno posizionando con l’arrivo dei primi early vote conteggiati, non tenendo conto del fatto che anche nelle precedenti elezioni questi finirono per favorire Trump, salvo poi essere smentiti. In Florida il candidato repubblicano sembrerebbe essere sufficientemente tranquillo, ma è anche vero che mai era stata messa in discussione la possibilità che la Florida diventasse blu.
- DJT
È il titolo a mo’ di opzione sull’elezione di Donald Trump. Dopo un andamento in larga parte ondivago nel corso dell’ultima settimana di ottobre, il titolo ha ripreso a crescere. Oggi fa registrare un solido +14%, che sembrerebbe essere un messaggio dei mercati su quanto si aspettano che arrivi dalle elezioni. Scommessa però assai rischiosa, almeno in questo preciso momento, quando di dati concreti se ne hanno ancora molto pochi e forse troppo pochi.
- Bitcoin
È tornato sopra i 70.000$, con una corsa importante che ha occupato quasi tutta la sessione di scambi negli USA. Anche Bitcoin è ritenuto una sorta di Trump trade, ovvero un asset che avrebbe giovamento dall’eventuale vittoria repubblicana. Anche qui però è consigliata la massima attenzione. Siamo sia in un campo invero assai volatile, sia ancora nella speculazione più assoluta e totale.
- SPX500
Pimpante, molto. Un vecchio adagio di Wall Street dice che SPX500 difficilmente si interessa delle elezioni, ed è forse la cosa più saggia da portare a casa nel contesto attuale. Prima di attribuire il potere di vaticinio ai movimenti di mercato oggi, sarà il caso di vedere almeno i primi voti importanti che… arriveranno.
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