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Risparmio

Btp, investitori a caccia di rendimenti. Quanto si guadagna ad investire nei Titoli di Stato italiani

Gli investitori sono a caccia di rendimenti e rincorrono i Btp. Adesso l’attesa si sposa sull’emissione del 17 febbraio 2025.

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Btp, investitori a caccia di rendimenti. Quanto si guadagna ad investire nei Titoli di Stato italiani

I Btp non perdono appeal: i risparmiatori ne sono affamati, alla ricerca di investimenti che garantiscano un rendimento sicuro. La domanda, infatti, è stata 10 volte superiore al quantitativo offerto per la nuova emissione del Tesoro: si conferma l’interesse per i Titoli di Stato nostrani dopo la doppia emissione record di inizio 2025 per un valore complessivo pari a 270 miliardi di euro.

Ad inizio anno i rendimenti dei Btp erano ancora allettanti, anche se, è necessario segnalarlo, sono in discesa per effetto del nuovo taglio ai tassi che la Bce ha effettuato alla fine del mese di gennaio. Uno dei driver che ha calamitato l’interesse degli investitori (soprattutto quelli esteri) è la stabilità politica dell’Italia.

Btp a 15 anni, sono stati raccolti ordini per 133 miliardi

Il nuovo Btp a 15 anni – la cui scadenza è prevista il 1° ottobre 2040 – ha raccolto ordini  per 133 miliardi di euro, stiamo parlando di 10 volte l’offerta. Il quantitativo allocato dal Mef, infatti, è pari a 13 miliardi di euro: Radiocor riferisce che il titolo è stato collocato con uno spread di 7 punti base rispetto al rendimento del Btp con scadenza il 1° ottobre 2039 contro i 9 punti base che erano stati previsti nel momento in cui era stata avviato il collocamento.

A concludere l’emissione è stato un pool di banche, che è composto da:

  • Barclays;
  • Deutsche Bank;
  • Intesa Sanpaolo;
  • Morgan Stanley;
  • Nomura.

Dati i risultati ottenuti dal collocamento di questo Btp, non verranno avviate le aste con una scadenza superiore a 10 anni, che sono state previste per la giornata del 13 febbraio 2025.

Btp Più, cresce l’attesa

Nel frattempo cresce l’attesa per Btp Più: l’emissione di questo titolo è prevista per il 17 febbraio ed è riservata ai risparmiatori retail. Siamo davanti ad una vera e propria evoluzione della famiglia Btp Valore, che nel corso degli ultimi due anni ha riscontrato molto successo.

La caratteristica principale di Btp Più è costituita dalla durata complessiva, che è stata fissata in 8 anni. E dalla possibilità di richiedere il rimborso anticipato del capitale investito, che può essere effettuato dopo quattro anni, quindi a metà del percorso. Questa particolare opzione è stata chiamata Put: permette agli investitori di ottenere la restituzione del capitale versato senza essere condizionati dalle fluttuazioni del mercato secondario. È necessario, però, che il titolo sia stato acquistato durante l’emissione iniziale (quindi l’investimento deve essere effettuato a febbraio) e deve essere mantenuto fino alla chiusura della finestra di esercizio.

Btp Più – rispetto ai titoli tradizionali che gli investitori possono vendere in qualsiasi momento sul mercato secondario alle condizioni di mercato del momento – permette, quindi, di uscire ad una determinata data, con la garanzia di riuscire ad ottenere l’intero capitale investito.

Per il resto Btp Più va a ricalcare le caratteristiche del Btp Valore: ha una struttura dei rendimenti a step up. È un meccanismo che prevede delle cedole che crescono nel corso del tempo: la remunerazione cresce nel corso degli ultimi quattro anni, considerando che l’orizzonte temporale dell’investimento è di otto anni. In altre parole sono premiati gli investitori che dovessero decidere di mantenere Btp Più fino alla scadenza, il 20233.

Il 14 febbraio viene comunicato il rendimento ufficiale di questo Btp: sono resi noti i tassi minimi garantiti per ogni quadriennio.

Secondo alcuni rumors che sono circolati in queste ore, dato che le cedole degli ultimi quattro anni saranno caratterizzate dallo step up, i primi quattro potrebbero essere inferiori a quelle di mercato.

È probabile però che il Tesoro non voglia esagerare nell’abbassare le prime cedole per non disincentivare le sottoscrizioni – spiega Luca Rescigno, responsabile Advisory Clientela Istituzionale per The Lighthouse, centro studi Finint Private Bank – Ci sarà poi da considerare il valore dell’opzione put che, essendo ceduta all’investitore, andrà ad abbassare il flusso cedolare. Trattandosi però di uno strumento indirizzato ai piccoli investitori, è ragionevole pensare che anche in questo caso il Tesoro faccia delle valutazioni che esulano dai semplici calcoli di matematica finanziaria, facendo pagare solo in parte il valore teorico dell’opzione ceduta ai sottoscrittori (e quindi abbassando le cedole meno del dovuto).

Pierpaolo Molinengo è laureato in materie letterarie ed è un giornalista pubblicista iscritto all'Albo dal 2002. Ha iniziato ad occuparsi di Economia fin da subito, concentrandosi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i suoi interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Pierpaolo Molinengo scrive di attualità, tasse, diritto, economia e finanza.

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