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Arabia Saudita: profitti delle miniere in calo del 90%
Ma’aden, la società governativa che gestisce tutte le miniere dell’Arabia Saudita, ha riportato un calo dei profitti del 90% nei dati appena pubblicati e relativi al secondo trimestre dell’anno. La società ha incontrato sia costi maggiori per l’estrazione delle materie prime che prezzi inferiori per i prodotti venduti sul mercato, arrivando così a conoscere una contrazione estremamente forte dei margini sul venduto. Il profitto della società nel secondo trimestre è stato di 350.9 milioni di riyals ($93.5 milioni), in calo del 91.3% rispetto allo scorso anno. Risultati anche di gran lunga inferiori alle attese degli analisti, che avevano previsto un utile netto di 577.6 milioni di riyals. Si conferma la difficoltà del settore minerario, soprattutto nelle nazioni che non hanno costi di estrazione così bassi come l’Australia.
Bisogna ricordare che questi dati riguardano l’estrazione di materie prime non energetiche, dal momento che tutta l’attività legata al petrolio e ai combustibili fossili è gestita da Aramco. Ma’aden estrae soprattutto alluminio, oro, rame e metalli industriali. Il calo generalizzato dell’inflazione e soprattutto il calo dell’attività industriale -evidente in Europa e in Cina- ha portato a una discesa dei prezzi di queste commodities, mentre i costi di estrazione sono aumentati tra eventi climatici e aumento del costo del lavoro. Complessivamente si tratta di un trimestre molto negativo rispetto ai numeri a cui la società aveva abituato gli investitori, soprattutto nell’arco degli ultimi due anni.
Calano i prezzi del venduto, aumentano i costi
Il primo motivo dietro alla drastica riduzione dei margini è l’aumento importante dei costi di produzione: +116% per i costi legati all’esplorazione dei depositi e ai servizi tecnici, +86% nei costi dei finanziamenti per via dei tassi di interesse in aumento e +2% nell’aliquota fiscale effettiva. Scendono esclusivamente i costi legati alle vendite e alla logistica, che complessivamente diminuiscono del 17%. I ricavi sono diminuiti del 28%, malgrado quasi tutte le unità di business abbiano registrato un aumento dei volumi di vendita rispetto al primo trimestre dell’anno.
Il secondo grande motivo dietro al trimestre deludente è il calo dei prezzi di vendita. Particolarmente male la divisione legata all’ammoniaca, con i prezzi medi nel secondo trimestre che sono stati di 253$ per tonnellata contro i 643$ per tonnellata del primo trimestre. In calo di circa il 20% anche il prezzo dell’alluminio e quello del rame, per via della produzione industriale che sta rallentando in Europa e che non si è ripresa alla velocità prevista in Cina. Soltanto l’oro ha avuto una performance positiva, con prezzi sensibilmente superiori a quelli del primo trimestre.
La situazione per il mercato delle materie prime non è semplice. I principali produttori di metalli industriali e commodities non energetiche si trovano a fare i conti con un quadro economico poco favorevole. Per Ma’aden, che aveva chiuso un aumento di capitale del 50% a giugno, il quadro dei conti continua a peggiorare anche se ci si aspetta che il peggio sia già alle spalle. Inoltre l’Arabia Saudita sta puntando sulla produzione di rame e di nichel, nella speranza che queste materie prime possano conoscere un’impennata della domanda sulla scia della crescente adozione delle auto elettriche.
Il management rimane ottimista e guarda avanti
Robert Wilt, CEO di Ma’aden, rimane comunque ottimista riguardo alle prospettive della società per il resto dell’anno. In una nota di accompagnamento ai risultati del secondo trimestre, ha voluto portare all’attenzione un incrementale miglioramento nei prezzi e nella domanda delle commodities. Si aspetta quantomeno che i prezzi non tendano a diminuire nel corso del terzo trimestre, anche se molto dipenderà da variabili legate alla crescita economica che non dipendono direttamente da Ma’aden. La società è principalmente di proprietà del Fondo Sovrano Saudita, ma una parte delle azioni è anche quotata sulla Borsa di Riyadh. Per questo c’è pressione sui risultati sia da parte del governo che da parte degli investitori privati.
Per trovare nuove opportunità, Ma’aden guarda sempre di più all’estero. A maggio è stato siglato un accordo con Ivanhoe Electric, società canadese di cui Ma’aden ha comprato il 9,9% delle quote per un prezzo complessivo di $126.5 milioni. Ci si aspetta che entro la prima metà del prossimo anno, questa nuova joint venture inizi a produrre i suoi frutti in termini di inizio dell’attività estrattiva. Inoltre il mese scorso è stato firmato un accordo con Vale, società brasiliana altrettanto coinvolta nell’estrazione di materie prime. Le due realtà hanno già concordato sui termini della transazione, che dovrebbe concludersi nella prima metà del 2024 con Ma’aden che acquisterà il 10% della proprietà di Vale.