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Burberry licenzia il Ceo e taglia i dividendi del 2024

Il rilancio del brand Burberry passa dal licenziamento del Ceo e dal taglio dei divididendi 2024.

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Burberry, il gruppo britannico che opera nel settore del lusso, ha licenziato dopo due anni l’amministratore delegato Jonathan Akeroyd sostituendolo con l’ex capo di Michael Kors, Joshua Schulman, e ha messo in guardia sugli utili. Ma non solo: ha cancellato i dividendi.

A preoccupare Burberry è il rallentamento generalizzato del settore del lusso, che ha colpito in maniera dura il gruppo britannico, che sembra essere più penalizzato rispetto ai brand della concorrenza. Una situazione che starebbe facendo deragliare un marchio storico con ben 168 anni di storia alle spalle e che, proprio in questo periodo, starebbe tentando di posizionarsi a livello globale. Il rallentamento ha innescato un cambio ai vertici dell’azienda.

Nel corso delle tredici settimane che si sono concluse al 29 giugno 2024, le vendite di Burberry sono crollate del 21%: la società ha comunicato che la propria posizione di debolezza all’interno del suo mercato si è ulteriormente aggravata. Il gruppo britannico ha riferito che – basandosi sulle tendenze registrate in questo momento – non sarebbe riuscito a raggiungere l’utile annuale previsto. Una situazione che ha avuto un impatto immediato per gli azionisti: il dividendo di di quest’anno viene eliminato per investire nella società

I problemi di Burberry

Burberry ha avviato un programma per rilanciare il brand. L’operazione è partita investendo su nuovi capi, anche se la società è stata penalizzata dai frequenti cambi di stilisti: Riccardo Tisci ha dato l’addio alla società nel 2022 dopo cinque anni di permanenza, mentre il predecessore di Akeroyd aveva abbandonato la nave dopo quattro anni.

Chris Beauchamp, analista capo di mercato presso la piattaforma di trading online IG, spiega che Burberry si sta impegnando in un’importante operazione di riposizionamento del brand: una sfida che deve essere affrontata in un periodo nel quale le vendite in Cina non possono essere più date per scontate.

Ricordiamo che Schulman è stato CEO del marchio statunitense Michael Kors dal 2021 al 2022 e, prima ancora, presidente del marchio Coach. Alcuni marchi di lusso di fascia alta come Hermes  e Prada si stanno dimostrando molto più resilienti, Burberry ha registrato una serie di difficoltà.

Nel corso degli ultimi mesi, in Europa e negli Stati Uniti, i clienti sono diventati molto più cauti nei loro acquisti, condizionati dall’inflazione e dall’aumento del costo della vita. In Cina, invece, l’interesse per il mercato del lusso sembra essersi smorzato a seguito della crisi immobiliare e dalla disoccupazione che stanno impattando sull’economia del paese.

Proprio in queste ore Burberry ha affermato che avrebbe lavorato sulla propria offerta in modo da renderla molto più familiare soprattutto per i clienti più affezionati. L’idea è quella di lanciare una campagna di marketing per i capispalla, che dovrebbe essere avviata a partire dal mese di ottobre. L’ultima collezione di Burberry si è sostanzialmente allontanata dalla classica stampa a quadri cammello, rosso e nero favorendo dei colori leggermente più audaci.

Burberry, le attese per i prossimi mesi

Burberry ritiene di potersi aspettare un miglioramento nel corso della seconda metà del 2024. Ma soprattutto dovrebbe riuscire a risparmiare sui costi.

Nel corso degli ultimi 12 mesi le azioni Burberry hanno perso il 57% del loro valore, con una performance inferiore a quella dell’Indice Bluechip britannico, che è cresciuto del 13%.

I problemi di Burberry erano già stati messi in evidenza da Morningstar lo scorso 16 maggio 2024, quando aveva ridotto il fair value da 21 sterline a 16,80 sterline: decisione presa perché la società aveva registrato un calo di fatturato e profitti per l’anno fiscale 2023/204. Per il quarto trimestre – ha spiegato Morningstar – il fatturato comparabile di Burberry è sceso del 12%, nella fascia bassa dei pari. Solo i marchi Gucci e Ferragamo di Kering hanno fatto peggio. A livello regionale, le Americhe hanno continuato a essere deboli, in calo del 12%; nella regione Europa, Medio Oriente e Africa le vendite comparabili sono diminuite del 3%; e le vendite nell’area Asia-Pacifico sono diminuite del 17%.

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