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Cina: default sui bond valgono già $124.5 miliardi
Negli ultimi anni, oltre 124 miliardi di dollari di obbligazioni cinesi sono andate incontro a default. Questi sono i nuovi dati pubblicati da Creditsights, in base a una lunga serie di analisi sulle emissioni di società private ed enti locali negli ultimi anni. I dati sono decisamente allarmanti, considerando che la montagna di debiti contratti dagli enti locali cinesi non permette a Pechino di agire liberamente sulle politiche economiche che potrebbero aiutare il paese a ritrovare slancio. Di recente il governo centrale è stato costretto ad adottare nuove misure per permettere alle province di emettere obbligazioni prima dell’approvazione del budget, con gli economisti che prevedono un rapporto debito/PIL del 127% già prima del 2027.
Il mercato obbligazionario cinese è stato segnato negli ultimi anni da grandi emissioni provenienti da società legate alla costruzione di immobili e province locali. Il mercato immobiliare vale un quarto del PIL cinese ed è stato per decenni un driver essenziale per la crescita economica; dal 2021 si trova in crisi, con prezzi che non stanno più aumentando e società costrette a rinegoziare grandi emissioni di bonds per evitare il default. Nel frattempo, molti economisti ritengono che il governo cinese abbia deciso di emettere grandi quantità di bonds a livello provinciale, e non a livello di governo centrale, per mascherare i dati reali sull’indebitamento del settore pubblico in Cina.
$60.5 miliardi da trovare in pochi mesi
Il settore delle costruzioni rimane il principale indiziato come possibile scintilla che faccia scoppiare una recessione di grandi dimensioni in Cina. Sempre secondo i dati di Creditsights, le aziende del real estate in Cina dovranno ripagare oltre $60 miliardi di obbligazioni nel corso dei prossimi sei mesi. Una gran parte di questi debiti è rappresentato da obbligazioni offshore, cioè contratte in dollari e con investitori stranieri. Malgrado gli investitori locali si siano sempre dimostrati molto flessibili nel rinegoziare i debiti delle aziende per scongiurare un possibile default, gli investitori di paesi terzi non lo sono altrettanto. Quando si ha a che fare con bond emessi in dollari sui mercati internazionali, un mancato pagamento nei tempi richiesti rischia seriamente di mandare una società in bancarotta.
Le due società a cui si continua a guardare con timore sono Evergrande e Country Garden. Entrambe sono colossi del settore immobiliare, ed entrambe hanno a che fare con una montagna di debiti che non sanno esattamente come ripagare. Country Garden ha annunciato ieri che avrebbe abbandonato uno dei suoi più grandi progetti all’estero, nello specifico a Melbourne, per mancanza di liquidità; Evergrande ha contestualmente annunciato che dovrà rivedere strutturalmente il suo piano di ristrutturazione del debito alla luce dell’andamento della società nelle ultime settimane, ma senza fornire delle indicazioni precise su cosa possa prevedere questa nuova revisione.
Analisti avvisano: possibile “giapponizzazione”
Vladimir Oleinikov dell’Istituto CFA e Christoph Siepmann di Generali Investments avvisano che i dati degli ultimi anni potrebbero indicare una giapponizzazione dell’economia cinese, cioè l’inizio di un declino economico simile a quello che il Giappone ha sofferto a partire dagli anni ’90. Esattamente come la Cina, un tempo il Giappone era considerata la grande economia rivale degli Stati Uniti e aveva un forte settore della produzione industriale, un mercato immobiliare in crescita esponenziale e una popolazione in aumento. A poco a poco il mercato immobiliare ha iniziato a vacillare, la popolazione ha smesso di crescere e le imprese hanno perso competitività sui mercati internazionali.
Per il momento si notano diverse similitudini: per la prima volta, lo scorso anno la popolazione cinese non è aumentata; una crisi del settore immobiliare va avanti da due anni in modo moderato e rischia di espandersi a macchia d’olio con l’eventuale default di Country Garden o Evergrande. E da ultimo, le imprese stanno seriamente vedendo la propria competitività minata dalle lotte doganali con gli Stati Uniti.